Yutong in Europa: parteciperemo a più gare possibile. Due partner in Italia
Una presenza diretta sui mercati europei (con particolare attenzione ai paesi nordici), in attesa di una domanda destinata a crescere rapidamente. Anche se la pandemia ha avuto un impatto sulle gare d’appalto, portando a molti slittamenti, Yutong si sta preparando per le sfide future. In Italia sono due i partner operativi del colosso cinese. Il […]
Una presenza diretta sui mercati europei (con particolare attenzione ai paesi nordici), in attesa di una domanda destinata a crescere rapidamente. Anche se la pandemia ha avuto un impatto sulle gare d’appalto, portando a molti slittamenti, Yutong si sta preparando per le sfide future. In Italia sono due i partner operativi del colosso cinese. Il futuro? Il project financing.
Franco Miniero, managing director di Yutong per l’Europa e il Nord America, delinea la strategia del suo gruppo nei confronti del mercato degli e-bus del Vecchio Continente. Con una stoccata per il Piano nazionale strategico della mobilità sostenibile: «Si sono dimenticati che l’elettrico può essere anche usato nel Classe II. Il prodotto c’è».
Le ricadute del Covid sul mercato e-bus
In base ai dati a vostra disposizione, quali sono state le ricadute della pandemia di Covid sul mercato italiano ed europeo del bus elettrico?
«Stiamo assistendo a uno slittamento della domanda dalla seconda parte del 2020 al primo semestre del 2021, e in alcuni casi al secondo semestre 2021. Quasi tutti governi hanno al momento la priorità della sanità. Si tratta in ogni caso di una domanda molto forte. Abbiamo la percezione che sarà un 2021 molto importante per la mobilità elettrica, specialmente in nord Europa».
Yutong è presente in alcuni paesi europei (come i paesi baltici, e UK) tramite dealer e partner locali. Ci può illustrare come è strutturata l’azienda sul mercato italiano?
«L’indirizzo del gruppo è quello di arrivare sempre più direttamente sui mercati. In Francia, per fare un esempio, siamo presenti direttamente con Yutong France. Così come nei paesi scandinavi. Per i veicoli elettrici, ancora di più, è fondamentale che si crei una relazione diretta tra costruttore e cliente finale. In Italia abbiamo due partner: uno è Ecobus, a Marghera, mentre a Roma stiamo sviluppando una collaborazione con Ares. Questo ci permetterà di avere partner che ci diano una mano sul piano operativo, così da essere vicini al cliente sul piano del servizio».
Quest’anno il suo gruppo ha segnato un importante successo commerciale in Norvegia, con 102 veicoli attualmente in consegna. Quali sono i mercati europei dove vedete maggiori opportunità di espansione del business?
«Sicuramente puntiamo molto sul nord Europa. Vediamo molto bene Norvegia, Finlandia, Danimarca, Svezia. A seguire, in UK, Francia e Italia ci aspettiamo di assistere a una domanda molto elevata nei prossimi anni. Siamo inoltre già presenti in Bulgaria, e valuteremo le possibilità per quanto riguarda la Spagna».
Non ha menzionato un paese come la Germania…
«In questo momento non abbiamo ancora sviluppato un’attività diretta in Germania. Il nostro piano di sviluppo prevede un rollout paese per paese. Stiamo valutando le opportunità».
Questa estate Yutong ha inaugurato il suo primo stabilimento di ricambi europeo, in Francia. Come si traduce questa apertura in termini di disponibilità dei componenti e tempi di riparazione dei veicoli?
«La nostra strategia quella di essere presenti vicino al cliente con soluzioni customizzate. Questa nuova struttura ha l’obiettivo di garantire la presenza dei ricambi -più critici all’interno del mercato europeo, vale a dire quei particolari – che devono essere soddisfatti tra le 48 e le 72 ore. Tutto quello che deve essere risolto in 24 ore riusciamo a gestirlo tramite magazzini locali presso i clienti, che ci permettono di essere tempestivi».
Siete attrezzati per il full service? Come?
«Abbiamo la possibilità di sviluppare progetti di full service direttamente con il cliente, individuando dei punti assistenziali prossimi al cliente stesso, con cui lavoriamo in collaborazione».
Recentemente stiamo assistendo a importanti schermi di finanziamento pubblico legati ad autobus a trazione alternativa. Sono sufficienti a far scattare progetti importanti di transizione energetica del trasporto pubblico?
«Qui si apre un discorso legato alle modalità di gestione del tpl. In nord Europa l’attività viene svolta da grandi operatori che forniscono una soluzione di servizio. Le autorità del tpl (PTA) delegano questi grandi gruppi, con determinati indirizzi legati all’adozione di specifiche tecnologie. Questo fa sì che il business plan dei grandi operatori possa essere meglio definito-, in modo da gestire la differenza di prezzo tra bus diesel ed elettrici nel medio o lungo periodo. In sud Europa, dove sono previste gare per l’acquisto dei mezzi, o il finanziamento prevede uno specifico stanziamento per la mobilità elettrica, oppure la municipalità si troverebbe a dover fare un esborso di cassa praticamente doppio. Bisognerebbe trovare soluzioni finanziarie a supporto del finanziamento statale».
Piano della mobilità sostenibile: e il Classe II elettrico?
Il project financing, già sperimentato ampiamente in sud America. Lo vedete come un’opzione realizzabile in Europa nel breve periodo?
«Quando si parla di veicolo elettrico si entra in un paradigma di business diverso. Siamo abituati a considerare la tecnologia dei veicoli come qualcosa soggetto a scadere dopo un certo periodo di tempo, sia dal punto di vista finanziario sia da quello tecnologico. Quando ci troviamo nell’ambito della mobilità elettrica abbiamo a che fare con veicoli che non hanno più evoluzione possibile dal punto di vista delle emissioni. È una tecnologia che può essere traguardata su 15 anni senza problemi. Di conseguenza, anche dal lato finanziario bisogna avere una visione più ampia. Sul tema del finanziamento, vorrei sottolineare un aspetto, legato al caso italiano».
Prego.
«Ci sorprende che nei criteri di finanziamento del Piano strategico per la mobilità sostenibile si siano dimenticati di inserire i Classe II elettrici. È previsto un cofinanziamento dell’80 per cento per gli urbani a batteria, mentre al capitolo extraurbani si menzionano metano compresso, metano liquido, idrogeno ed ibrido. L’elettrico a batteria non è menzionato. Eppure il prodotto esiste, e l’ho fatto presente: è stato immatricolato a Padova da Busitalia Veneto…».
Va detto che in Italia ad oggi lo share degli elettrici è molto marginale per quanto riguarda gli urbani. E guardando all’extraurbano, non c’è una situazione ancora immatura dal punto di vista delle infrastrutture?
«Se parliamo di linea lunghe, è effettivamente così. Per quanto riguarda, supponiamo, un Classe II o III su servizi regionali, no. Un trasporto di 300 chilometri con un bus elettrico è oggi fattibile: il mezzo può tranquillamente arrivare, ricaricare la batteria e ripartire. Senza contare che la tecnologia avanza…».
La tecnologia avanza e i prezzi sono destinati a scendere ancora, si sente da più parti. È proprio così?
«Il costo delle batterie diminuirà e arriveranno tecnologie nuove. È certo che l’aumento della domanda di mezzi elettrici anche in ambito di passenger car e veicoli merci porterà ad economie di scala e riduzioni di costi che beneficeranno tutta la mobilità elettrica. Certo, per quanto riguarda extraurbano e coach elettrici il gap dovuto alla portata ne penalizza duramente la competitività…».
Ci spieghi.
«Non possiamo pensare che l’innovazione tecnologica possa essere gestita con precedenti regole. Se vogliamo andare verso una nuova tecnologia, dobbiamo capire dove questa tecnologia va ad atterrare. Oggi i veicoli a trazione alternativa hanno degli apparati che comportano un aggravio di peso. Se si vuole far sì che la possibilità di utilizzo di questi veicoli sia economicamente comparabile a quella di mezzi diesel, bisogna fare qualcosa.
In Italia, per esempio, siamo rimasti con le portate massime di 18 ton sul Classe II e Classe III e 19 ton sull’urbano. Ci sono paesi che sono già intervenuti, anche in virtù di direttive europee datate 2015. Se facessimo come la Francia, che consente una tonnellata in più di portata per i veicoli elettrici ed a gas (se provvisti di controllo elettronico della stabilità), potremmo predisporre il terreno per la diffusione più ampia di veicoli a trazione alternativa, che oggi sono penalizzati in termini di capacità.
Del resto, per quanto riguarda le merci, la tematica è già stata recepita, si veda l’articolo 167 del Codice della strada» Basterebbe intervenire nell’art 62 sulle masse del nostro CdS per dare al trasporto persone la stessa opportunita’ offerta al trasporto merci».
Yutong U12: in arrivo!
Parliamo di prodotto. Recentemente uno Yutong U12, visto a fine 2019 al Busworld, ha affrontato un periodo di test in Estonia. Il veicolo affianca l’E12 o va a sostituirlo?
«L’U12 è commercializzato in parallello all’E12. L’U12 nasce con una carrozzeria predisposta per il veicolo elettrico. Offre una serie di vantaggi dal punto di vista della portata, del layout interno e del comfort. Si posiziona come veicolo premium per quelle città che hanno esigenze specifiche e arricchisce la nostra offerta consentendoci di avere una gamma completa».
Quando dobbiamo aspettarci l’articolato?
«Arriverà tra metà e fine 2021 e sarà basato sull’U12».
Che obiettivi vi ponete in Europa, in termini di volumi e strategici, per il breve e medio termine?
«Più che darci un obiettivo di volumi, il nostro obiettivo è di partecipare a più gare possibile, aumentando la nostra capillarità di offerta. Vogliamo essere sempre più presenti sul mercato, intercettando una domanda che sicuramente arriverà nei prossimi anni».