di Gianluca Celentano (conducente bus)

Lanciato dall’emiliana Seta e con il benestare delle parti sociali, il nuovo concetto di premiazione degli autisti, potrebbe davvero fare scuola a livello nazionale?

Si tratta, credo, di una concessione del “premio di produzione” riconosciuto per merito e non come voce acquisita da contrattazione aziendale. Già: si è scritto e parlato molto negli ultimi tempi circa la meritocrazia, soprattutto prendendo ad esempio ciò che avviene negli stati del nord Europa, Germania su tutti. Tale modalità, infatti, potrebbe davvero prender piede, se consideriamo anche le inferiori disponibilità economiche nei fondi regionali per il trasporto persone. Questo meccanismo premiante potrebbe trovare una sua spiegazione logica nel contesto di crisi. Spesso si è notevolmente scettici e critici verso le novità, caratteristica peraltro molto mediterranea. Nel concreto, proposte e idee non mancano, ma non si è coesi abbastanza per prendersi le responsabilità che portano.

Quello introdotto in Seta potrebbe essere il sistema per mandare in pensione obsolete concezioni di merito, distribuito senza le giuste e trasparenti credenziali. Si tratta di concezioni che, in virtù di favoritismi e malgestioni più o meno radicate, hanno contribuito alla rovina del nostro delicato e fondamentale settore, creando aziende e autisti di serie A, B e C, concedendo quindi troppo ad alcuni e pochissimo ad altri. Certo, le domande su questa nuova metodologia sono molte e da sottoporre ai diretti interessati delle due parti.

Credo comunque che sia importante capire quali siano i criteri aziendali nonché le “regole di ingaggio” per neutrali e meritocratiche valutazioni. Colpire i lavativi, l’elevata sinistrosità attiva o i comportamenti scorretti, ad esempio, è un’azione senz’altro giusta e senza obiezioni, ma bisogna sempre tenere a mente che le persone possono avere dei periodi più o meno brillanti – è la vita! – e che moltissima attenzione dev’essere posta nelle valutazioni delle malattie. Devono esserci in sostanza regole dinamiche, moderne, condivise e produttive, non forme di mobbing per controllare la professionalità di un lavoro che ad oggi si dimostra comunque precario. Va ricordato infatti che attualmente la precarietà lavorativa non garantisce ancora, al termine del proprio contratto, di poterne sottoscriverne uno nuovo nel breve periodo. Questo aspetto, favorito dalle norme vigenti e dalle restrizioni economiche imposte, non agevola certo la comprensione delle “novità”, neppure di quelle propositive. Le opportunità di lavoro e di reinserimento dei meno giovani sono ancora troppo limitate a livello nazionale.

Se questa proposta andrà di pari passo con un futuro lavorativo sereno, percepito concretamente come tale da tutta la piramide aziendale, credo che lo stimolo possa passare come uno strumento per autodeterminare la propria professionalità in sintonia con gli altri colleghi.

Sicuramente lo scoglio maggiore risiederà nello stabilire un dialogo con chi, dopo anni di lavoro, dovrà adattarsi a un modello europeo sino a prima sconosciuto e al quale anteporrà probabilmente le sue rimostranze.

Tutti noi, quindi, siamo chiamati a lavorare al meglio ed oggi forse ancor di più. Vanno ricordate, in questo contesto, le enormi difficoltà odierne, l’arroganza e maleducazione delle persone, il traffico e la scarsa considerazione per il nostro lavoro. Defiscalizzazione e aumento dei finanziamenti alle imprese, salari di base dignitosi e orari che permettano di dedicare del tempo alla propria famiglia sono argomenti che dovranno essere assolutamente affrontati nella futura concezione del lavoro di autista.

(foto Gazzetta di Reggio)

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