di Gianluca Celentano (conducente bus)

A volte, soprattutto in occasione dei servizi navetta o di linea, sei combattuto sul cosa fare appena arrivi al capolinea. Cominciamo con il raccontare che la stagione gioca un ruolo cruciale: se fa freddo si sta rintanati al caldo a bordo dell’autobus, se è bel tempo si scende mentre, se fa molto caldo, si ritorna sul bus accendendo il climatizzatore. Abbastanza comprensibili come scelte, ma ci sono altre curiose abitudini sconosciute a chi non è del mestiere.

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Lo smartphone gioca un ruolo fondamentale e lo hanno capito anche le aziende che su di esso fanno pervenire turni e servizi. Grazie al telefonino e al web, l’autista effettua dei viaggi a ruote ferme nell’informazione o nei video che assumono anche un ruolo per certi versi rigenerativo. Qualcuno è invece catturato dalla lettura di un libro, qualcun altro mangia una sana mela, altri approfittano per effettuare una telefonata. Ma c’è anche chi scende dal bus per conversare con altri colleghi in sosta. In effetti scendere dal bus e fare un po’ di movimento ha oggettivamente effetti salutari per il fisico costretto a posture sedentarie.

Dialogo o solitudine?

La divisione fra tpl e noleggio ha una sua valenza anche in questo caso. Nel tpl le soste sono molto corte, generalmente di soli pochi minuti, nel noleggio invece sono anche di interminabili ore. Uno degli aspetti più dibattuti sulla scelta fra linea e noleggio è proprio come impegnare questo tempo lontano da casa.

Alla luce di queste premesse, può capitare che un collega voglia scambiare qualche parola con noi in un momento in cui non siamo disponibili al dialogo. Un sistema infallibile ed eloquente per dimostrare o meno la nostra disponibilità è tenere la porta anteriore aperta o chiusa.

Simpatici o pesanti, ma sempre organizzati

Tuttavia non è raro che qualche collega trovando la porta chiusa, bussi ripetutamente al vetro facendoci fare un salto sul sedile, soprattutto quando siamo catturati dalle immagini dello smartphone o immersi nella lettura. A quanti è capitato? È sempre il caso di assecondare il collega, fosse solo per una sua eventuale, effettiva necessità.

Il problema semmai è come liquidarlo successivamente, magari quando comprendiamo la futilità dell’argomento. Infatti può capitare che siamo tranquilli e rilassati mentre il collega è in collera con l’azienda, e proprio quel giorno non ce la sentiamo di dargli corda. Alcuni argomenti sono un po’ troppo polemici e innervosiscono. Il mestiere di per sé è di una grandissima autonomia indipendentemente dai tanti controlli aziendali, e questo fa sì che sia abbastanza difficile, anche dopo anni di servizio, conoscerci realmente tutti; mentre è il contrario nelle piccole società.

Chi viaggia molto si è gelosamente organizzato il bus come un piccolo caravan. Addirittura possono esserci un piccolo fornellino da utilizzare quando non ci sono servizi per gli autisti (e capita spesso) con relativo scatolame e piattini, una brandina e un cambio d’abito quando fa caldo, una bicicletta e un pc da appoggiare su un tavolino da campeggio quando si ha la fortuna di parcheggiare sotto gli alberi. Cosa non scontata.

Ritrovare la solidarietà

Seppur l’abbia incontrata maggiormente fra i camionisti, anche gli autisti di pullman hanno un certo grado di solidarietà fra loro. Significa aiutare un collega quando è in difficoltà, magari in una manovra complicata per evitare un incaglio; è una cosa molto bella aiutare un collega: annulla tutti i pregiudizi e crea unità nel comparto.

In questo contesto a volte manca il senso del limite ed è quindi più facile emulare il collega senza prendere decisioni personali, magari parcheggiando tutti in un punto dove, prima o poi, qualcuno si lamenterà per la presenza di troppi autobus. Purtroppo i bus non sono ancora osservati dall’opinione pubblica come soggetti indispensabili per la riduzione del traffico e inquinamento. Insomma, le altre prerogative necessarie per questa professione sono l’organizzazione personale e il buon senso.

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