testo di Gianluca Celentano, conducente bus
Video di Roberto Merlini, autista

Se c’è uno step elettrizzante nella carriera dell’autista in procinto di essere assunto in un’azienda, è proprio la prova di guida, che ti coinvolge molto di più dell’esame per la patente perché in questo caso i tuoi esaminatori sono navigati autisti che osservano i movimenti “professionali”, un po’ diversi da quelli di scuola guida, oltreché la correttezza delle manovre e la malizia.

L’iter è uguale per tutti e si svolge in tutte le società: vediamo di raccontare cosa accade appena ti presenti al colloquio. Fuori dall’azienda gli autisti si riconoscono al volo, sparsi qui e là con l’aria smarrita e tesa. Poi si forma una sorta di gruppo di solidarietà dove qualcuno racconta (o accresce) le proprie esperienze per scaricare la tensione, oppure manifesta di sapere già come funziona il potenziale nuovo posto di lavoro. Solo i nuovi aspiranti autisti sono spaesati sapendo che l’unica loro esperienza è la scuola guida o il servizio militare.

Un po’ di via e vai di dipendenti, poi appare la segretaria con la lista dei candidati. I colloqui avvengono singolarmente, generalmente di fronte al titolare e a un assistente, ma dipende dall’azienda in cui si fa domanda.  Personalmente ho incontrato titolari granitici che non ti degnavano neanche di un sorriso e di un buongiorno, altri solari e loquaci, forse per capire di più su di te. Le domande più comuni sono: “Che esperienza hai?”, “Come mai vuoi cambiare?” Spesso hanno lo scopo di valutare la tua motivazione, altre volte alcune affermazioni demoliscono un po’ le aspettative.

Discutere di guadagno è un po’ tabù anche se oggi, per la carenza di conducenti, è più facile parlarne, ma occhio a distinguere il netto dal lordo e 13a e 14a retribuite a parte. È bene capire subito come si svolge il servizio, quindi le turnazioni adottate, le riprese e il tempo a disposizione, ma anche le giornate e i festivi a disposizione. Recentemente un interessante gruppo di autolinee che pubblicizzava ampiamente ricerche in diversi comuni tra cui Milano e limitrofi  mi riservò una doccia fredda. Infatti l’unica località dove in realtà cercavano era la più distante, circa 40 km di viaggio, e l’interlocutore prima ancora che mi sistemassi al volante disse: “Qui i turni iniziano quasi tutti alle tre e mezza di mattina e si va verso il confine della Svizzera. Non credo fosse un metodo per valutare la motivazione – soprattutto con la mia anzianità di lavoro – ma si trattava di un approccio sicuramente poco incoraggiante e a mio avviso sbagliato. In ogni caso ringraziai e rinunciai alla prova. Essere più chiari subito no?

La guida

Si parte, o tutti a bordo del bus con il capo movimento e un autista anziano, oppure a turno nel piazzale. Prima regola è la regolazione di sedile e specchietti poi la cintura di sicurezza. Se hai il cambio manuale magari il piede sinistro ti trema un po’ ma poi, una volta fatti i primi metri, è come se fossi al lavoro con l’autobus e un gruppo di viaggiatori. La prova è senz’altro più traumatica per i colleghi inesperti.

Il giro d’esame non è complesso, ma il tragitto prevede sempre diversi percorsi critici  per capire l’adattamento dell’autista: nelle rotatorie, nei viali con i rami degli alberi bassi, l’accostare ai marciapiedi piuttosto che le svolte a 90° gradi senza sfiorare i marciapiedi e l’uso di rallentatore e specchi. Non è da escludere che ci chiedano qualche manovra in retromarcia e qui c’è un sistema infallibile per capire subito quale esperienza abbiamo. Beh, se il candidato si gira verso il lunotto come sull’autovettura. Chi chi deve capire, capisce al volo…

Al termine si ritorna tutti al punto di partenza è c’è il silenzio: cerchi di capire qualcosa dai loro sguardi, ma sono inespressivi. Sempre la segretaria o un addetto leggerà l’elenco dei primi conducenti che dovranno recarsi a fare le visite mediche indispensabili per la nostra professione. Se sei fuori da questa lista può essere che dipenda da motivi organizzativi e non sia per forza un segnale negativo, altre volte è una forma “carina” per dirti “le faremo sapere…

Mai sopravvalutarsi

Fare l’autista richiede mille occhi e un grande sesto senso, quello che le aziende preferiscono chiamare capacità di previsione, mentre per gli istruttori anziani si tratta di una buona dose di …. fondoschiena che ti deve accompagnare sempre. Saper prevedere e dosare la frenata controllando l’istinto che ti farebbe pestare sul freno, piuttosto che l’effettuare passaggi al millimetro, sono quelle doti comuni ben note e apprezzate.
La completezza di una patente D in esercizio (e di tutto quello che rappresenta il mestiere) determinano una competenza a 360° del conducente, soprattutto in termini di sicurezza.
Per comprendere il concetto aggiungerei che l’approccio con la strada dell’autista professionista è totalmente diverso dal più abile automobilista e, per fare un parallelo, potrei sostenere che le doti di dolcezza nelle manovre sono le caratteristiche migliori anche per la  guida delle ambulanze. Buona strada, ragazzi!

Qualche dispiacere

Ho fatto e superato diverse selezioni, ma devo ammettere che raccontare la professione sulla stampa non è certo un elemento a favore in certe aziende, anzi, spesso si traduce in essere scartati (e neppure contattati) nonostante l’apparenza di modernità e accoglienza che qualche ditta manifesta. 
Il confronto coerente e pro positivo tra autisti e aziende, è un motivo di crescita e di quel miglioramento condiviso che sono fiducioso arriverà.

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