PRIMA PARTE

di Gianluca Celentano

Vent’anni fa tutto era rigorosamente programmato e testato dalla ultranovantenne Atm di Milano. In realtà le disorganizzazioni che tutt’oggi s’incontrano dipendono in minima parte dalla struttura del sistema, ma sono riconducibili agli errori delle persone, al traffico, al budget non sempre amico e forse al merito non sempre corrisposto. A proposito di statistiche, anch’io ho osato farne una sempre sulla mia linea 54 con la quale, ho praticamente tracciato nel corso degli anni un solco tra i due capolinea. 

Ricordo la fermata della centralissima via Durini, di fronte al bar. A questa fermata, dove si affacciano moltissimi uffici, tutto poteva filare liscio come l’olio oppure potevano sorgere incomprensioni. Ero arrivato alla conclusione, conoscendo da milanese molto bene i miei concittadini, che esistevano giorni e orari più a rischio di provocazioni. I primi giorni della settimana, dopo un rilassante week-end, gli “incravattati” erano tranquilli, anche sulle corse dalle 17 in poi, quelle interessate al ritorno dal lavoro.

Il giorno e l’orario a rischio era il mercoledì durante il passaggio delle 18. A metà settimana evidentemente l’utenza era più nervosa e contrariata anche verso il trasporto pubblico e, in quella fermata, non era difficile dover incassare gratuite offese. Il giovedì e il venerdì erano l’anticamera del fine settimana e potenzialmente, magari con un certo sforzo, trattenevano sfuriate e quant’altro.

Tornando in linea a bordo del bus, il servizio iniziava con il raggiungimento del capolinea di partenza e, più distante era la rimessa dallo start, prima dovevi uscire. Giunti al capolinea non eri solo, con te c’erano colleghi di altre linea che iniziavano nello stesso punto seppur diretti altrove.  Questa era la consuetudine sempre uguale che non conosceva i giorni ma solo le giornate lavorative. Se per qualcuno la professione del tpl può ancora suonare come monotona forse è perché non ha provato altri mestieri. L’attività mentale soprattutto in città è comunque al massimo perché devi stare attento ma, segretamente, pensi alle tantissime cose che potresti fare nel tempo libero. A rompere la consuetudine ricordo che ci fu un’iniziativa umanitaria aziendale.

Un’attività umanitaria diversificata

Una giornata di servizio molto alternativa e piacevole fu quella organizzata da ATM Milano nei  primi due lustri del nuovo secolo a favore dei Paesi in via di sviluppo. Infatti qualche vettura a fine servizio, sostituita dagli Iveco CityClass, è finita oltreoceano. Dopo aver organizzato una squadra di autisti, l’azienda aveva messo a disposizione alcuni bus U-Effeuno – ottimi bus -, dei Menarini Monocar M 201/1 LS e una decina di Iveco 580.12.22 Mauri per inviarli a Cuba e in particolare all’Avana che necessitava di sviluppare una sua mobilità.

Quella mattina l’arrivo in rimessa fu molto diverso, innanzitutto si era in borghese, senza la divisa azzurra e blu degli autisti e senza dover prendere la tabella. Poi il trasferimento nel deposito di via Novara con un pulmino per l’assegnazione del bus. La direzione era il porto di Genova. Formata la colonna con in testa un funzionario e in coda l’assistenza di linea con un abbagliante lampeggiante arancione rotante, si partì. Non sembrava vero, non si doveva seguire la direzione del capolinea e non c’erano fermate; a bordo le luci erano spente e ci si dirigeva verso l’autostrada. 

Era tutto strano ma al tempo stesso avvincente. I bus erano “piombati” per non superare gli 80 km/h nell’utilizzo pubblico, ma senza blocchi andavano ben oltre. In realtà durante il viaggio non superammo i 60 km/h e, per i 119 chilometri che separano Genova da Milano impiegammo poco più di tre ore e mezza. Forse per via dei serbatoi non pieni o per non surriscaldare i motori, questa era la velocità della colonna. Arrivati al porto parcheggiammo fianco a fianco, con pochissima distanza uno dall’altro e specchietti chiusi come da disposizioni. Non riuscendo a uscire dalla porta, ricordo che un portuale mi disse con tutta tranquillità di uscire dal finestrino dell’U-Effeuno. Avendo qualche chilo in meno e un po’ di agilità in più ci riuscii. Fu davvero una divertente e utile alternativa alla consuetudine del servizio urbano che ricordo non mi pesò affatto. Quello che mi è stato riportato e che testimoniano le foto è che all’Avana i nostri bus ATM circolano ancora con le stesse livree, numeri di serie e “velette” originali.  Insomma da milanese sapere che c’è qualcosa di utile della mia città in giro per il mondo non può che farmi piacere.

Non sono più riuscito a tornare

Poi un giorno ho scelto di fare altre esperienza sugli autobus e come istruttore di guida lasciando l’azienda. In occasione di nuove tipologie di servizi, a distanza di anni, ho provato a ricandidarmi convinto dell’apertura al passo dei tempi di Atm, ma non mi è più stata data l’opportunità di tornare al suo interno. Una scelta poco comprensibile e preclusiva vista l’attuale necessità di autisti e, a mio avviso, legata più al  diktat di qualcuno che a una normativa…

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