E se la conversione di un bacino extraurbano al gas comportasse maggiori emissioni rispetto al mantenimento di una quota di diesel?

Ebbene sƬ, questo ĆØ il risultato di uno studio realizzato da un team di ingegneri e professori del Politecnico di Milano, presentato ieri (22 novembre) a Milano nell’ambito di un evento organizzato da Anav Lombardia.

Lo scenario che prevede una transizione graduale verso il gas mantenendo una quota percentuale di diesel consentirebbe oltre che una riduzione del costi di investimento nella conversione dei depositi anche una riduzione degli impatti ambientali (sia in termini di emissioni dirette che di Ghg)

Politecnico di milano

Politecnico: transizione energetica e gas nel tpl extraurbano

Gli studiosi hanno provato a rispondere a uno degli interrogativi piĆ¹ pressanti nel mondo tpl: come orientare la strategia di transizione energetica in ambito extraurbano? Se per il Classe I il destino sembra ormai tracciato, per il Classe II il phase out del diesel dal novero delle tecnologie finanziate va di pari passo con lā€™inesistenza, al momento attuale, di unā€™alternativa tecnologica matura e affidabile. Oggi cā€™ĆØ il diesel, per il domani ci sarebbero giĆ  pronte le trazioni a gas (con quellā€™Lng che non ha ancora fatto brecciaā€¦), sul dopodomani si estendono le mirabili promesse dellā€™idrogeno. Fare la scelta sbagliata oggi potrebbe significare sprecare denaro in infrastrutture inservibili nellā€™arco di solo qualche anno. In questo caso gli studiosi si sono concentrati sul bacino di Como, Lecco e Varese, su commissione dellā€™Agenzia locale per il tpl. Dove sussiste, ĆØ vero, una quota di servizio urbano, ma la parte del leone ĆØ giocata dalle quote di suburbano e interurbano.Ā 

Lo status quo ĆØ costituito da una flotta di 859 mezzi con etĆ  media attorno ai dieci anni (schierati su 192 linee per poco meno di 29 milioni di km di percorrenza annua). Il 99,3 per cento sono alimentati a gasolio, lo 0,6 per cento a metano. Un terzo dei bus sono Euro VI, un altro terzo sono Euro V, il restante ĆØ composto da classi tra lā€™Euro II e lā€™Euro IV. Sono due i vincoli del programma di bacino: 15 anni come anzianitĆ  massima e 7,5 anni come valore medio massimo tollerabile.

Risultato? 145 mezzi con oltre 15 primavere sulle spalle sarebbero da sostituire nellā€™arco di un anno. Nello studio vengono confrontate una serie di strategie di rinnovo del parco mezzi con deadline al 2033. Nellā€™urbano se la vedono faccia a faccia cinque ipotesi, tutte finalizzate a una transizione del parco mezzi al full electric. PiĆ¹ appassionante la sfida nellā€™extraurbano, dove gli studiosi hanno simulato gli impatti economici ed ambientali di uno shift allā€™Lng come trazione per lā€™intera flotta, allā€™Lng accompagnato da una quota di elettrico o da una quota di diesel, o al gas naturale liquefatto (ancora lui) coadiuvato da una componente di mezzi fuel cell.

Nel Classe I ‘viva elettrico’

Di sicuro interesse le conclusioni. Partiamo dal Classe I. Ā«Nel lungo periodo (2033) lo scenario ā€˜tutto elettricoā€™ appare il meno impattante sotto il profilo energetico-ambientale: le emissioni dirette e di gas climalteranti (Ghg) sono minori rispetto a tutti gli altri scenari anche nellā€™ipotesi di una produzione di energia elettrica ad alta intensitĆ  di Co2Ā», scrivono gli estensori dello studio. Ed ĆØ giĆ  una notizia: altro che Ā«lā€™elettrico prodotto da fossile inquina piĆ¹ del dieselĀ». ƈ nero su bianco. Idrogeno? Per ora fuori dai giochi, sia in termini economici che ecologici (emissioni per la produzione del vettore). E la transizione graduale allā€™elettrico? Ovvero raggiungere il traguardo del full electric nel 2033 mantenendo una divisione della flotta a metĆ  tra diesel ed e-bus nel 2025? Ā«Consente un risparmio, seppur contenuto (-10%)Ā  di investimenti a fronte di un incremento di emissioni dirette e di Ghg (+25%)Ā».

Va male anche a chi pensasse di passare per il gas: Ā«La transizione al ā€˜tutto elettricoā€™ passando per il Gas (liquido o compresso) consente un ulteriore risparmio finanziario (-13%) dovuto a costi di trazione piĆ¹ bassi, tuttavia ciĆ² comporta un significativo aumento delle emissioni di Ghg (+72%) limitatamente alle tipologie di gas oggetto di analisi nel presente studio che non hanno preso in considerazione i biogasĀ». Insomma, pare dicano gli studiosi: nel perimetro urbano, se lā€™obiettivo ĆØ la tutela ambientale, prima si va ā€˜electricā€™, meglio ĆØ. Il risparmio economico di una strategia ā€˜morbidaā€™ non supera il 13% nel caso del metano.Ā 

E fuori cittĆ ?

Veniamo allā€™extraurbano. Qui la partita ĆØ piĆ¹ appassionante. Lo scenario ā€˜tutto elettricoā€™ non ĆØ semplicemente proponibile. Si va verso il gas liquido. Lā€™interrogativo ĆØ: come? Emergono tre alternative: passare al ā€˜tutto gasā€™ nel 2025 per poi andare verso uno share di gas ed elettrico ā€˜fifty fiftyā€™ al 2033, procedere per il 100 per cento Lng giĆ  dal 2025 o valutare una strategia di approdo al full Lng passando per un rinnovo della flotta che abbracci anche lā€™acquisto di nuovi bus diesel. La barra dritta sul gas viene bocciata dagli studiosi: Ā«Lo scenario ā€˜tutto gasā€™ anche sulle linee in cui ĆØ possibile lā€™introduzione di bus elettrici a fronte di una modesta riduzione dei costi (-5%) comporterebbe un significativo aumento delle emissioni dirette e di Ghg (+60%)Ā». Ma eccola, la sorpresa dello studio firmato dal Politecnico: Ā«Lo scenario che prevede una transizione graduale verso il gas mantenendo una quota percentuale di diesel consentirebbe oltre che una riduzione del costi di investimento nella conversione dei depositi anche una riduzione degli impatti ambientali (sia in termini di emissioni dirette che di Ghg)Ā».

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