Sono passati cinque anni da quel 28 luglio 2013 in cui un autobus cadde dal viadotto Acqualonga dell’A16, causando 40 morti. Il processo è ancora in corso, e una perizia, ora, punta il dito contro la società autostradale.

Acqualonga

Una nuova perizia sull’incidente del 2013

Otto dipendenti della società Autostrade sono attualmente indagati per il crollo del ponte Morandi. Il processo per l’incidente del viadotto Acqualonga, avvenuto all’altezza di Monteforte Irpino, nei pressi di Avellino conta quindici imputati fra i quali l’amministratore di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, l’attuale condirettore operation (all’epoca dei fatti direttore di tronco) Paolo Berti e Riccardo Mollo, ex direttore generale. Secondo l’accusa, l’autobus non sarebbe precipitato per danni meccanici, ma con la complicità di un guard rail poco manutenuta e, di conseguenza, incapace di reggere l’urto dell’autobus. La perizia che accusa Autostrade è stata commissionata dalla Corte a Felice Giuliani, docente dell’Università di Parma, nel tentativo di ottenere una visione neutrale della situazione, sulla quale si è accumulata negli anni una mole di perizie di parte.

La manutenzione del ponte sotto accusa della perizia

In quest’ultima perizia, corredata di foto di bulloni corrosi e barriere rovinate, Giuliani afferma che con una corretta manutenzione il guard-rail avrebbe sostenuto l’impatto dell’autobus, impedendone la caduta. Citando la perizia: “La strage del viadotto dell’Aqualonga dell’Autostrada A16 è risultata tale per difetto di risposta strutturale della barriera New Jersey bordo ponte in conseguenza dell’urto esercitato dal bus. Con riferimento alla consistenza o allo stato di manutenzione delle barriere di protezione installate sul lavoro del viadotto di Acqualonga il quadro che emerge dalla documentazione tecnica in atti è impietoso e rappresenta importanti percentuali di tirafondi non efficienti ed in avanzatissimo stato di corruzione. Lo stato complessivo dei collegamenti verticali per severità e diffusione lungo il bordo d’installazione era tale da aver ridotto ad apporto irrilevante se non nullo, il contributo fondamentale degli stessi tirafondi all’equilibrio e al meccanismo dissipativo della barriera collisa dall’autobus. Anche gli elementi longitudinali di collegamento tra i diversi moduli di barriera new-jersey risultavano in più casi mancanti o interrotti ovvero ossidati o disconnessi».

«Strage evitabile con manutenzione»

Il veicolo aveva percorso gli ultimi 900 metri «in condizioni di inefficienza del sistema frenante», ma, «pur nella sua terribile deriva – prosegue la perizia -, sarebbe stato concretamente trattenuto in carreggiata, fino al suo arresto definitivo, dalla barriera new jersey solo nel caso in cui essa fosse stata correttamente manutenuta, come avrebbe dovuto e invece non fu». Naturalmente, anche la società Autostrade per l’Italia ha presentato una perizia che assolve la società. Vi si sostiene che la corrosione non era prevedibile. La colpa dell’incidente viene attribuita al comportamento di guida dell’autista. Secondo le stime, l’autobus colpì il guard-rail a una velocità di 89 km/h.

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