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di Gianluca Celentano

Sono passati davvero tanti anni da quando in autoscuola per il conseguimento di una patente superiore studiavamo anche i colori degli autobus in funzione del loro impiego; “il rosso per le linee in concessione statale, l’azzurro le regionali eccetera”. Oggi, in virtù della liberalizzazione sostanziale che cominciò a fare i primi passi intorno al 1995 per poi confermarsi nel 2000, con la successiva legge Costituzionale 3/ 2001 – il passaggio da pubblico a SpA, etc – le competenze dei servizi appunto passarono da Stato a Regioni. L’effetto di questo nuovo e inusuale quadro di gestione è stato quello di poter concorrere liberamente nei servizi di linea sino a prima puramente di monopolio solo in Italia e quindi non allineato al concetto europeo. Ecco quindi che con piacevoli livree colorate e riconoscibili, grosse e consolidate multinazionali e holding cominciano a vedere un terreno florido in Italia, dove poter investire, parallelamente ai già esistenti Gruppi di autolinee storici che operavano ed operano su itinerari con ottimi risultati, e soprattutto con molta richiesta sotto i periodi festivi.

Questo nuovo e vincente concetto di viaggio low cost già collaudatissimo in Europa e nel mondo sviluppato occidentale, vede l’alternativa al trasporto ferroviario che con gli anni a venire, diverrà sempre più veloce e mirato sui capoluoghi e del tutto concorrente a quello aereo. Il concetto base delle nuove realtà è quello di far viaggiare bene, in sicurezza e capillarmente sul territorio nazionale, facendo però spendere poco ai clienti passeggeri.

Come semplicissimo autista (per giunta precario) e interessato alla questione del proprio lavoro in genere, vorrei fare un analisi personale e propositiva sulle new entry citate, di cui alcune in “franchising”. Infatti viene offerta ad aziende che corrispondono a certi standard, la possibilità di concorrere per l’acquisizione di nuovi collegamenti nazionali ed esteri, e con risultati che già nel 2015 sono apparsi davvero promettenti se consideriamo l’iniziale e normale scetticismo.

In primis, nell’ottica di ripresa c’è l’acquisto di stupendi e moderni autobus completi di tutte le dotazioni di sicurezza e comfort, wifi compreso, che determina di conseguenza un incremento di vendite per i produttori di bus ma anche, almeno così dovrebbe, la creazione di molti posti di lavoro per i conducenti o l’opportunità per i colleghi adibiti sino a prima ai soli servizi di linea urbana o altro, di variare la tipologia della mansione su base volontaria. Trovare nuovi incentivi lavorativi e salariali è un metodo vincente che si contrappone alla routine quotidiana.

Credo che sia importante nell’ottica della motivazione così come fanno già diverse imprese che operano per conto di questo nuovo sistema low cost in Italia e nel resto d’Europa, soffermarsi sull’ampliamento della rosa di autisti che si avvicendano a queste tratte, affinché si possa ricavare una cadenza d’impiego – turnazioni – che non penalizzi nessuno ma al contrario ne incentivi la voglia. Le organizzazioni dei lavoratori infatti si stanno adoperando per formulare bozze di turni, orari e riposi affinché il lavoratore possa avere spazio anche per la sua famiglia e se stesso. I vecchi dogmi del settore stanno lasciando spazio ai nuovi brillanti e coraggiosi manager delle aziende di trasporto nonché a tutta la loro struttura portante, ricordiamo gli impiegati e gli operai e non per ultimi i conducenti. Tutto questo nell’ottica di un bacino unificato d’utenza con un uguaglianza di trattamento e opportunità, e mi auguro anche di garanzie e meritocrazia. Tagli economici alle Regioni e austerità economica a parte nel settore trasporti, la Regione Lombardia – ad esempio – sta rispondendo molto bene e con sforzi “personali” per dare risposte concrete di rilancio al futuro del trasporto collettivo. Tutti noi ci auspichiamo che la situazione si stabilizzi quanto prima rasserenando utenti e lavoratori.

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