di Gianluca Celentano, conducente bus

Per mia esperienza la presenza delle organizzazioni sindacali all’interno delle rimesse è generalmente variabile in relazione alla tipologia contrattuale offerta – autoferro o noleggio –, dal numero degli autisti e dalla tipologia di servizio svolto, tpl o noleggio. Gli autoferro delle partecipate del tpl sono i più sindacalizzati mentre nel noleggio si ricorre generalmente al sindacato solo per problematiche o vertenze; la presenza delle OO.SS è comunque più discreta. Oggi, ricordiamolo, si è sindacalisti di se stessi.

Nell’ambito del servizio tpl si continuano a proclamare scioperi ma fra gli autisti c’è molta indifferenza a cui segue una guerra di dati sulle adesioni fra sindacati e ministeri. Una forbice che oscilla tra un minimo del 10% e un massimo del 70%. Il ministro Salvini sempre più spesso minaccia la precettazione quantomeno per ridurre le ore di fermo di troppe sigle sparse.

Perché e cosa sta accadendo?

È un discorso molto vasto da trattare con obiettività, ma si può riassumere scagionando le regole statutarie dei sindacati dai veloci pregiudizi, puntando invece il dito sulle responsabilità personali delle persone del sindacato. La storia del sindacato è spesso legata a grandi aziende che hanno promosso lo sviluppo professionale di alcuni soggetti, offrendo opportunità, ruoli e incarichi. Un’auto-proclamazione e probabilmente una collaudata forma di lobby del potere che con gli anni ha perso completamente il senso della realtà del lavoro degli autisti, utilizzando la posizione sindacale come trampolino di lancio per la politica o l’amministrazione locale. Non c’è stato tempo di comprendere realmente i cambiamenti del mondo del lavoro e dei conducenti, oggi acuti osservatori molto più preparati e informati. Insomma un sistema smascherato che ha stufato i conducenti e spesso distante dalla meritocrazia. Questo malumore è tra le principali cause della disaffezione verso le sigle confederali e non solo. Anni addietro un segretario mi riferiva confidenzialmente che la tessera sindacale era una sorta di polizza assicurativa all’interno dell’azienda un altro, per telefono, ricordo mi disse: il sindacato lo devi fare per te. Chissà cosa intendeva?

Il delegato di rimessa

Per diventare sindacalisti occorre farsi conoscere in rimessa, essere convincenti e perché no, possedere una buona parlantina o un simpatico tratto distintivo. Questo almeno anni addietro. Occorre seguire una gerarchia e, come delegato di rimessa sei al primo step. Si è eletti con elezioni ogni cinque anni e sin da subito si posso avere dei privilegi come i turni più corti.

Qualcuno effettivamente è preparato, appassionato e meritevole altri assumo più il ruolo dell’imbonitore -oggi facilmente individuato-, ma il problema in realtà è un altro. Sono i limiti entro i quali devi stare quando persegui una problematica di deposito, onde evitare di andare in contrasto con la gerarchia sopra di te più che con l’azienda. Sui problemi capita di dover diffondere risposte poco chiare ai lavoratori -il “sindacalese”- e questo atteggiamento risulta snervante per gli autisti che ascoltano.

Per completezza ammetto in passato di aver assistito alle votazioni di rimessa e ricordo regole e organizzazione abbastanza opinabili, almeno stando ai risultati finali che seguivano più l’anzianità che il buon feedback dei candidati. Fatto sta che porsi domande pur essendo animati da passione e voglia di lavorare come autista non è strategicamente una buona scelta e, nei peggiori dei casi si entra in contrasto con un “sistema”. L’ho pagato sulla mia pelle.

Visto l’articolo 39 della Costituzione applicato come diritto dalle aziende, chiunque può creare un sindacato, ma nelle grandi realtà del tpl forse si è esagerato con le tante sigle animate da stessi presupposti ideologici. Qualcuno nell’anonimato mi dice che alcune di esse sono state create strategicamente dai sindacati più grandi, aggiungendo che sono giochi di potere.

Qui avviene il primo cortocircuito tra gli autisti che inevitabilmente genera l’allontanamento dal sindacato, dagli scioperi e dalla politica che oggi registra circa il 40% di astensionismo. Troppi scioperi non sentiti e poco chiari e con leader che non sanno essere leader. Un quadro dove le aziende cadono in ostaggio di questo sistema oppure, hanno il coraggio di prendere decisioni bypassando le frizioni e gli equilibri interni. E’ invece interessante sottolineare come alcune associazioni di impresa hanno, almeno nel noleggio, raggiunto risultati apprezzabili nella viabilità, quindi anche per i conducenti.

Cosa dicono gli autisti del tpl sul social?

Sul piazzale alla domanda su cosa si pensi dei sindacati e scioperi le risposte sono quasi all’unisono del tipo: “Se servisse a qualcosa lo farei ma ormai serve solo a lasciare i nostri soldi all’azienda”, oppure: “Pensano ai loro interessi utilizzando noi autisti per le tessere e bilanciare l’ago politico”.

Raccontare il mestiere mettendo gli autisti al centro del dibattito, è la mission della rubrica; ho voluto riportare la sintesi di qualche vostro libero e pubblico commento alla pagina web del giornale circa le problematiche. Un’opportunità che prima non c’era e va utilizzata con buonsenso in maniera costruttiva.

Giovanni Rolleri: “Per esperienza i sindacati sono complici dei fallimenti delle aziende. Da noi l’hanno fatta fallire facendola cooperativa con appalti”.

Alfredo Cipolla: “I datori di lavoro devono metter mano al portafoglio e rinnovare il contratto, vedrete che per magia la disoccupazione sui bus sparisce e le aziende andranno a gonfie vele”.

Marcello Bellini: “Parlate di soldi con 6 giorni su 7 e nastro di 14 ore, vi sembra normale? Guai a chi si ammala poi; meglio fare il commesso o il lavapiatti”.

Stefano Sirtori: “Oltre all’aspetto economico parliamo dei riposi. Perché chi fa una tipologia mista -tpl/noleggio, il tpl è usato come riposo ma sappiamo che non è così”

Andrea Gigliarelli: “Serve tornare al parametro d’ingresso 158 ossia, il vecchio 6° e 7°livello. Oggi il 140 deve durare massimo due anni, nove sono troppi”.

Gennaro Barbaro: “Il problema sono i turni spezzati che ti impegnano tutta la giornata per sole 6 ore di servizio”.

Danilo Ciolli: “La parola chiave è una sola… dovete alzare gli stipendi somari… è facile da capire”.

Corrado Maria Lobbiam: “Non mancano gli autisti, mancano contratti adeguati all’impegno e responsabilità”.

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