Nell’epocale passaggio alla mobilità con bus elettrici spesso si sottovalutano le complicazioni legate al tema della ricarica. Mauro Zucca dell’INRIM (Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica) di Torino è stato coordinatore del progetto MICEV. L’abbiamo incontrato per capire meglio cosa si muove nel “mondo della ricarica”, qual è lo stato dell’arte della ricerca e cosa possiamo aspettarci nei prossimi anni.

Mauro Zucca e il progetto di ricerca per la ricarica bus elettrici

«Gli autobus elettrici a ricarica induttiva, vedi sistema Primove e Olev, rappresentano al momento una delle poche applicazioni commerciali consolidate. Secondo me  – ci spiega Mauro Zucca, responsabile del progetto MICEV, recentemente conclusosi, per INRIM – ci saranno dei veri progetti su larga scala se gli investitori istituzionali e privati promuoveranno l’implementazione di questa tecnologia. E se i costruttori raggiungeranno un ampio accordo per l’interoperabilità».

Andiamo però con ordine…Per spiegare il progetto MICEV occorre partire dal termine “metrologia”, ovvero scienza della misura. Spesso nella tecnologia e nella scienza, misurare correttamente significa capire. Quasi ogni nazione ha un istituto metrologico, ovvero una istituzione che garantisce l’accuratezza delle misurazioni delle grandezze fisiche. In Italia esiste l’INRIM, l’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, che ha sede a Torino e presso il quale svolge il suo lavoro di ricerca Mauro Zucca. «Spesso le misure non sono sempre possibili. Basta pensare alla misura degli effetti termici di un telefono cellulare sui tessuti o a quelli fisici di una stimolazione transcranica sul cervello di una persona. In questo caso si sviluppano e si utilizzano tecniche di modellizzazione numerico-matematica che possono essere verificate e validate con tecniche opportune». Questa è proprio la logica che è stata adottata nel caso del progetto MICEV “Metrology for inductive charging of electric vehicles”, ovvero Metrologia per la ricarica induttiva dei veicoli elettrici. In pratica, partendo da un’idea nata proprio all’interno di INRIM si sono riuniti 13 partners di 9 nazioni europee per «conoscere, capire e migliorare la ricarica induttiva dei veicoli elettrici mediante misure e modelli numerico matematici».

Il progetto MICEV si è occupato della ricarica per bus elettrici induttiva, sia statica sia dinamica

Mauro Zucca illustra i dettagli del progetto. «In entrambi i casi, la rete elettrica alimenta una o più bobine “annegate” nell’asfalto. Queste bobine sono dette “trasmittenti”. A bordo del veicolo, per accoppiamento magnetico e quindi senza contatto, una bobina ricevente trasmette la potenza ricevuta alla batteria del veicolo e/o al motore elettrico. Se questo avviene con veicolo fermo parliamo di ricarica statica, al contrario, se avviene a veicolo in movimento abbiamo una ricarica dinamica. Se invece avviene ai semafori o in tratti di strada in cui i veicoli avanzano lentamente, parliamo di ricarica semidinamica. Il principio di trasmissione dell’energia attraverso induzione elettromagnetica è noto da più di un secolo e mezzo, tuttavia è da meno di 15 anni che, grazie al perfezionamento dell’accoppiamento risonante e dei convertitori di potenza, è possibile trasmettere potenze importanti per brevi distanze con rendimenti molto alti, anche superiori al 90%».

I risultati raggiunti

«Fortunatamente abbiamo raggiunto diversi obiettivi. Il primo riguarda la misura della potenza trasferita al veicolo. Con MICEV abbiamo messo a punto sistemi di misura on-site e di taratura ora a disposizione delle aziende europee, anche per avere in futuro una tariffazione corretta.

Un secondo obiettivo riguarda le procedure e gli accorgimenti per determinare correttamente l’efficienza di trasmissione dell’energia a bordo, che sono stati studiati e pubblicati. Questo è utile per confrontare sistemi di ricarica di diversi costruttori.

Un terzo obiettivo riguarda la corretta determinazione dell’esposizione umana ai campi magnetici generati dai sistemi di ricarica induttiva. Abbiamo pubblicato vari studi in merito e una guida alla misura e al calcolo dell’esposizione umana presso questo tipo di stazioni di ricarica, per avere sistemi di ricarica sicuri e verificabili.

Un quarto obiettivo si concentrava sugli scenari critici. Possono nascere quando le carrozzerie non sono in metallo e hanno parti importanti in vetroresina o quando ci sono ampie superfici vetrate come negli autobus. Dall’altro lato ci sono scenari particolari che prevedono passeggeri con protesi mediche attive comepacemaker. Bene, MICEV ha pubblicato esempi di studio e procedure di misura in modo che, restando in totale sicurezza, i costruttori possano valutare, adattare e verificare i loro sistemi a queste evenienze».

La ricarica induttiva statica per bus elettrici non è una novità

Abbiamo chiesto a Mauro Zucca quali siano i presupposti storici della soluzione proposta e quali le applicazioni già esistenti. «La ricarica induttiva statica per bus elettrici non è una novità nè per l’Italia né per l’Europa», ci spiega. «Da diversi anni è in funzione le linea star a Torino, che percorre il centro storico, basata su due piccoli autobus elettrici del tipo “Elfo” (34 passeggeri) che si ricaricano con ricarica induttiva al capolinea. Un autobus simile credo sia o sia stato in servizio anche a Brescia. Il sistema Primove inaugurato da Bombardier ed ora di IPT Group, è in funzione in varie città della Germania (e non solo) con bus a ricarica induttiva alle fermate. Riguardo la ricarica induttiva dinamica vale la pena citare l’Online Electric Vehicle (OLEV), tecnologia che è stata sviluppata per la prima volta presso il Korea Advanced Institute of Science and Technology (KAIST) riguarda proprio gli autobus e utilizza una tecnologia induttiva proprietaria. La prima applicazione commerciale di questa tecnologia è stata introdotta nel 2009 come navetta nel Grand Park di Seoul. La seconda versione commerciale del sistema è stata sviluppata per i bus navetta del campus KAIST, che sono in funzione dal 2012. La terza versione commerciale opera come linea di trasporto pubblico nella città di Gumi, sempre in Corea del Sud, dal 2013. La città di Sejong , che è la nuova capitale del governo della Corea del Sud, prevede di implementare un sistema di trasporto pubblico basato sulla ricarica dinamica per servire le linee di autobus esistenti. Altri esempi disponibili in commercio includono quelli sviluppati presso la Auckland University e la Utah University. In Cina c’è molto fermento sul tema. Per l’Italia vorrei citare anche una società, Enermove, che nasce come spin-off del Politecnico di Torino e che applica questa tecnologia di ricarica anche all’ambiente industriale, ai sistemi a guida automatica (agv) e ai muletti. Ci sono poi altri esempi e numerosi progetti di ricerca: il progetto europeo Fabric, che ha visto la partecipazione di attori italiani, Politecnico di Torino in primis, e il progetto Victoria, dove un minibus a ricarica sia a filo, sia induttiva statica che dinamica, è stato messo a punto dalla Fondazione CIRCE e testato nella città di Malaga».

Il modello di ricarica induttiva per bus elettrici: vantaggi e potenziali

Ma quali sono dunque i vantaggi rispetto a filobus o a normale colonnina di ricarica posta all’inizio o alla fine del viaggio? Questo modello di ricarica le danneggia o accorcia la vita alle batterie? «Il veicolo è dotato di una batteria o di supercapacitori che gli permettono una certa autonomia di movimento. Può deviare per tratti significativi su un percorso alternativo se richiesto. Inoltre, rispetto al filobus, non è necessaria l’infrastruttura aerea anche se, per contro, serve l’infrastruttura sotto asfalto ai capolinea e/o alle fermate che ha il vantaggio di non non essere visibile. Rispetto alla normale colonnina il vantaggio è economico. Batterie a minore capacità, e quindi minore peso e costo, sono sufficienti in quanto possono essere ricaricate spesso, alle fermate o ai capolinea. In linea di principio, si possono eliminare le batterie. I supercapacitori possono essere sufficienti con punti di ricarica studiati opportunamente. Il vantaggio è che permettono un recupero efficiente dell’energia in frenata, quasi non si usurano e hanno una vita lunghissima. Evitano i problemi ambientali creati dalle batterie. Comunque, la ricarica induttiva fornisce energia alle batterie come una qualsiasi altra ricarica a filo e non crea loro danni».

E per la questione non certamente secondaria della salute umana?

Ci possono essere degli effetti dovuti alla ricarica induttiva per bus elettrici o si riesce a schermare tutto? «Partiamo dal presupposto che se il sistema è progettato bene insieme al veicolo, supera facilmente la verifica riguardo l’esposizione umana. Se invece non la supera va ovviamente riprogettato. Comunque, tutto ciò che entra in servizio è sicuro. Costruttori e gestori sono sensibili al tema. Oltre alla guida del progetto MICEV, molti organismi stanno varando norme ad hoc per questa applicazione. Cito ad esempio la International Electrotechnical Commission (IEC) e il Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI). Altrettanto importante è che il sistema di ricarica induttiva per bus elettrici rispetti i limiti di compatibilità elettromagnetica e non vada a disturbare altre apparecchiature».

L’efficienza energetica della soluzione di ricarica induttiva

Quali risultati avete riscontrato e quali sono le tecnologie/soluzioni più interessanti che avete identificato? «La trasmissione wireless dell’energia in queste applicazioni ha efficienze superiori all’85% e spesso al 90%. Nel caso di grandi veicoli come camion e bus dove è presente un circuito pneumatico, nella ricarica statica la bobina può essere abbassata verso la strada ottenendo efficienze anche superiori. In ogni caso se ci confrontiamo con un motore endotermico che, nel migliore dei casi, ha una efficienza del 40%, nell’ambito elettrico ci sono margini. Inoltre le superfici di un autobus si prestano all’installazione di pannelli fotovoltaici, specie sul tetto, i quali possono migliorare ulteriormente l’efficienza del sistema».

Quale sarà il successo commerciale

Perché dovrebbe funzionare o avere successo commerciale? In altri settori, Come quello della telefonia, questa tecnologia non ha avuto un grande successo. Quali sono i punti di forza che avete individuato? «La ricarica induttiva ha un grande vantaggio e un grande svantaggio al contempo. Il grande vantaggio è che, se fosse implementata, ci farebbe dimenticare il problema della ricarica. Mi permetta un paragone. Sperimentare la ricarica induttiva e poi tornare alla colonnina, sarebbe come tornare cambiare canale della TV senza telecomando; non richiede un grande sforzo, ma chi lo farebbe? Il grande svantaggio è che l’implementazione del WPT (wireless power transfer) richiede lo sviluppo di nuove infrastrutture. Questo implica significativi investimenti pubblici e privati, che permetterebbero di abbattere i maggiori costi iniziali, inevitabili in ogni nuova tecnologia. Il telefonino va sempre portato al caricatore, sia che vada solo appoggiato (ricarica wireless), sia che venga inserito il connettore, e forse il vantaggio non è così evidente. Per i veicoli la maggior comodità della ricarica wireless è evidente».

La ricarica Wireless statica per le auto elettriche (sia PHEV che BEV) è già uno standard approvato dalla SAE International, Oslo sta implementando una rete di ricarica senza fili nelle aree per i taxi. Avete preso spunto da questo e/o quali sono i vostri punti di ispirazione, ritiene siano iniziative/soluzioni che possano avere un senso? «Il progetto MICEV è stato sviluppato a prescindere dalla singola e specifica tecnologia. Ci sono molte sperimentazioni. Oslo è un esempio ma ce ne sono altre. Nella città tedesca di Colonia, è in corso un progetto di ricarica induttiva per i taxi denominato Taxi Charging Concept for Public Spaces (TALAKO dal tedesco). Sempre in Germania è attivo il progetto LaneCharge condotto dalla università di Hannover. In Svezia è attivo il progetto soprannominato “Smartroad Gotland”. Si tratta di un tratto stradale pubblico che è un banco di prova per future reti di ricarica induttiva su larga scala. Utilizza bobine di rame sepolte a 8 cm di profondità e collegate a una rete intelligente, il sistema è progettato per essere scalabile. Il sistema ricarica veicoli commerciali, autobus e camion attrezzati. L’Istituto Metrologico Svedese (RISE), partner di MICEV, è incaricato di studiarne prestazioni e emissioni. Queste sperimentazioni hanno senso e sono necessarie. Migliorano le tecniche di verifica e validazione, anche per la verifica dell’esposizione umana ai campi magnetici e per la verifica dei radiodisturbi emessi, creano le basi di dati sull’utilizzo dell’energia per la ricarica wireless, sull’efficienza di ricarica, sugli assorbimenti elettrici, sui coefficienti di contemporaneità, tutti dati che serviranno quando e se si vorrà fare una implementazione su larga scala».

Bus elettrici, ricarica statica vs ricarica in movimento

Quali sono i punti di forza e le criticità, ma soprattutto quando vedremo dei veri progetti al di là di progetti pilota?  «La ricarica statica e semidinamica hanno grandi potenzialità, soprattutto nei centri urbani. Oltre ai taxisti per i quali la ricarica WPT è perfetta, ci sono milioni di pendolari che si spostano all’interno delle grandi città italiane, con spostamenti medi giornalieri che non superano qualche decina di chilometri. Attrezzare i tratti di strada urbana in corrispondenza dei semafori, dei parcheggi pubblici e aziendali con la ricarica WPT, significherebbe dimenticarsi il problema della ricarica. Più difficile mi pare l’implementazione della ricarica dinamica, sia perché richiederebbe grandi investimenti, sia per il problema delle materie prime. Servirebbero quantità di rame importanti per attrezzare la gran parte delle strade extraurbane e delle autostrade, e il rame è una risorsa limitata. Personalmente sono a favore delle soluzioni ibride. Ad esempio, ricarica semidinamica in città e, per le autostrade e per i mezzi pesanti, vedrei bene la ricarica a pantografo o a strisciamento, che ridurrebbe gran parte delle emissioni. Per gli autobus che fanno servizio sia urbano che extraurbano, ad esempio verso gli aeroporti, vedrei di nuovo bene la ricarica induttiva dinamica. Per entrambi i tipi di ricarica induttiva, nonostante la norma SAE specifica, esiste un problema irrisolto: l’interoperabilità. Detto in altri termini, occorre concordare i parametri elettrici e la tipologia di bobine trasmittenti a terra e di bobine a riceventi a bordo, in modo che qualsiasi veicolo si possa ricaricare in modo efficiente negli spazi pubblici a prescindere dal tipo del veicolo e dal costruttore. Non c’è al momento un accordo tra i costruttori».

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