Quasi un secolo a cavallo della mobilità che cambia. Il gruppo Biscotti compie 90 anni
Quattro centri operativi. Una flotta da 70 autobus (di cui circa 30, con meno di due anni d’età media, adibiti a servizi di autolinea Flixbus). 190 i dipendenti, per il 90 per cento autisti. Questo è oggi l’identikit del business della famiglia Biscotti, diviso nelle società Acapt, Saps ed Eurobus. Il percorso del gruppo ha […]
Quattro centri operativi. Una flotta da 70 autobus (di cui circa 30, con meno di due anni d’età media, adibiti a servizi di autolinea Flixbus). 190 i dipendenti, per il 90 per cento autisti. Questo è oggi l’identikit del business della famiglia Biscotti, diviso nelle società Acapt, Saps ed Eurobus. Il percorso del gruppo ha avuto inizio 90 anni fa nel Gargano.
Pasquale Biscotti, la storia di Acapt
Per ripercorrere una storia che intreccia i grandi sommovimenti tecnologici e sociali del ‘900 italiano ci siamo fatti accompagnare da Pasquale Biscotti, padre di Nicola, ex presidente Anav e attuale presidente di Saps, l’azienda focalizzata sui servizi turistici (le cui linee sono tutte legate, dall’inizio del 2016, alla partnership con Flixbus). Pasquale, oggi 87enne, ricopre ancora il ruolo di vertice di Acapt (che si occupa del trasporto pubblico), dalla scrivania dell’ufficio in cui si reca tutti i giorni.
La storia dell’azienda, iniziata ufficialmente nel 1929, affonda le sue radici nell’immediato primo dopoguerra. L’attività di trasporto fa parte del patrimonio genetico familiare, se è vero che ancora molti anni prima, a inizio secolo, la famiglia di Tommaso Biscotti, il nonno di Pasquale, esercitava servizi di trasporto con diligenze trainate da cavalli tra Vieste ed Apricena, dove insisteva la stazione ferroviaria. Proprio questa attività aveva portato la famiglia Biscotti, inizialmente residente a Vico del Gargano, a trasferirsi ad Apricena. Da dove non si è più spostata.
Biscotti e le carrozze senza cavallo
«Mio padre, Nicola, era tecnico specializzato nei motori – racconta Pasquale (nella foto qui sotto) -. Parliamo di un’epoca in cui i motori erano conosciuti da pochissime persone. Ecco, mio padre iniziò a lavorare in un’azienda della zona che svolgeva servizi di trasporto con la cosiddetta ‘carrozza senza cavalli’, il Fiat 18BL». Siamo intorno al 1920, tempi in cui «il tecnico, chi conosceva i segreti della macchina, era anche in un certo senso il capo». Nicola Biscotti lavora ‘sotto padrone’ per meno di dieci anni. Nel 1929, infatti, «un amico di famiglia gli propose se voleva prendere in mano la sua attività perché era costretto a trasferirsi». Per senso di rispetto, Nicola porta con sé in questa nuova avventura il padre Tommaso e lo zio Umberto. Nasce così la società Biscotti Tommaso e Figli.
La seconda guerra mondiale, i trucchi del mestiere
La seconda guerra mondiale mette a dura prova la sopravvivenza dell’azienda. Per tirare avanti serve ingegno e, soprattutto, una bella dose di coraggio. Doti di cui Nicola Biscotti non difetta. Un esempio. Durante la guerra Mussolini obbliga i mezzi pubblici ad andare a gasogeno, in virtù della carenza di materie prime ma soprattutto per ottemperanza al principio dell’autarchia fascista. Di fatto, il gasogeno è una caldaia che, bruciando carbone, produce i gas necessari al movimento del motore. «Tutti i mezzi dovevano montare nella parte posteriore questo impianto. Peccato che, andando a gasogeno, i mezzi non riuscivano a superare le salite – ricorda Pasquale -. Mio papà aveva messo un piccolo serbatoio di benzina vicino allo sterzo. Quando arrivava all’inizio della salita, apriva il rubinetto e affrontava il dislivello alimentando il motore con la benzina».
Un camion carrozzato, il primo. Grazie a Menarini
Verso la fine della guerra, tutti mezzi vengono requisiti dai tedeschi e gettati nelle colline del Campobassano. «Certo, come danni di guerra ci riconobbero dei soldi. Circa 300mila lire. Per acquistare un pullman però servivano 4 milioni…». E qui la furbizia di Nicola fa nuovamente capolino: «Andò nei campi degli Alleati e prese un camion inglese Commer, lo portò in officina e lo preparò perché su quel telaio potesse essere costruita una carrozza simile a quella del Fiat 626». Tecnico sì, ma carrozziere non lo è: «Mio padre e suo fratello salirono sul mezzo e andarono a Bologna, percorrendo 500 chilometri e rimanendo bloccati per ore ad Ancona dalla neve. Fu un’avventura». Destinazione? La carrozzeria Menarini, dove l’autocarro diventa un bus.
1956, nascono le Autolinee Biscotti
E qui la storia dell’azienda intreccia la biografia di Pasquale Biscotti (nella foto qui sotto insieme al nipote omonimo). Finiti gli studi superiori, si iscrive all’università, alla facoltà di Pedagogia e filosofia. Un percorso lasciato incompleto («A quei tempi gli studi li completava il primogenito, nel mio caso mio fratello, che sarebbe diventato medico»). Completato il servizio militare, a metà degli anni ’50, Pasquale inizia a lavorare come maestro di scuola. «L’attività di famiglia all’epoca non poteva darmi remunerazione. Mia madre era insegnante, e mi diedi anch’io a quel mestiere. Nel contempo iniziai a collaborare in azienda, aiutando mio padre e mio zio». Azienda che, nel 1956, cambia denominazione (Autolinee Biscotti) è si dà la forma di società a responsabilità limitata.
Pasquale Biscotti, il posto fisso? No, grazie
Ma torniamo a Pasquale. Completata la gavetta, diventa titolare di cattedra. Il tanto agognato posto fisso, che anche negli anni ’60 non era cosa scontata. Eppure, «verso la fine del decennio decisi di lasciare la scuola. Tutti mi dicevano che era una follia. Ed è vero: ero matto. Ma il richiamo dell’azienda era troppo forte».
«In quegli anni – prosegue Biscotti -, le macchine le compravamo usate. Mio padre, insieme ad alcuni collaboratori, le metteva in ordine meccanicamente. Poi le portavo nel bolognese o nel modenese dove facevo realizzare le carrozzerie. A Modena mi conoscevano tutti, non solo i carrozzieri ma anche ristoratori e albergatori. Mi chiamavano ‘il tedesco’ perché le trattative sugli affari a volte duravano un’intera giornata. Ma ci siamo sempre rispettati, con fiducia reciproca. Dopo questo iter potevo dire di mettere in strada dei veicoli messi letteralmente a nuovo».
Il debutto in Anac
Gli anni ’60, oltre al crescente impegno in azienda, sono per Pasquale anche gli anni del debutto nel mondo associativo. Nelle file, chiaramente, dell’Anac (Associazione nazionale autoservizi in concessione), che nel 1975 si sarebbe trasformata in Anav. Pasquale Biscotti, a meno di trent’anni, è tra i consiglieri nazionali. Un’esperienza che sarebbe durata un quarantennio, con gli ultimi dieci anni vissuti da vicepresidente.
Gli anni ’70 regalano un po’ di respiro: «La gestione dei trasporti, con l’introduzione delle regioni, passò da ministeriale a regionale. Questo cambiò tutto. In meglio: quando dovevo andare a Roma ci volevano tre giorni tra andata e ritorno, in treno. Con le regioni il sistema si è semplificato».
L’esperienza Car bus
Oltre a un’azienda in espansione e a un ruolo sempre più rappresentativo nell’organizzazione datoriale, la famiglia Biscotti è anche artefice di un progetto pionieristico. Negli anni ’80 Pasquale Biscotti fonda una carrozzeria controllata da Acapt. Che, così, si trova una carrozzeria ‘in house’. Perché? Semplice: i modelli in circolazione non lo soddisfano a pieno. Meglio realizzarli in proprio. «Al tempo tutti i bus erano con motore posteriore, ma non funzionavano bene. Volvo faceva ancora mezzi con motore ‘ sogliola’, in posizione centrale: molto meglio! Nacque una simpatia, mi invitarono a Goteborg e vedere la fabbrica, firmammo il contratto di concessione. Telai Volvo carrozzati Car bus (questo il nome della controllata di Acapt, n.d.r.), dai 7,5 ai 18 metri». L’esperienza della Car bus ha interessato il periodo dall’inizio degli anni ’80 al 1992-93. Tra i 100 e i 120 mezzi realizzati grazie al lavoro di una trentina di operai, sempre ad Apricena. «Con gli anni ’90 il mercato è mancato. Chiudevano i grandi, pensiamo a Orlandi e Padane, come facevamo a rimanere in piedi noi?», constata Biscotti.
Gli anni ’80 e le prime autolinee a lunga percorrenza
Fino all’inizio degli anni ’80 il focus della famiglia Biscotti è stato sul trasporto pubblico. Le autolinee sono una novità datata 1983. «Iniziammo i servizi per la Germania, associandoci coi tedeschi di Deutsche Touring – ricorda Biscotti -. Al tempo, per effettuare servizi internazionali era necessario associarsi con un’azienda locale. Abbiamo svolto servizi tra il sud Italia e la Germania, per esempio le linee Crotone – Dortmund e Lecce – Amburgo, fino a due anni fa. All’inizio avevamo a bordo anche solo tre viaggiatori per tratta, mentre negli ultimi tempi in media riempivano 40 posti».
Oltre ai servizi internazionali, furono ideati e avviati da Pasquale Biscotti anche collegamenti in autobus da Vieste e il Gargano per Roma, Milano e varie città della Toscana. Insomma: la domanda di mobilità del territorio cresce e il gruppo Biscotti si struttura di conseguenza, evolvendo da una dimensione locale a quella della lunga distanza verso destinazioni nazionali e internazionali. Senza tralasciare la prima.
Nasce Saps. E abbraccia Flixbus
Allargare le attività al ramo delle autolinee ha reso opportuna la divisione in due società: Acapt per il trasporto pubblico, Saps per l’ambito del noleggio e per le autolinee nazionali e internazionali. Con equilibri che sono cambiati, e di molto, nel corso del tempo: «Fino a un quinquennio fa il fatturato di Saps era pari o inferiore a quello di Acapt – fanno sapere dall’azienda -. Il sorpasso è avvenuto in questi ultimi anni». Quelli contraddistinti dalle tinte verde arancio tipiche degli autobus Flixbus, con cui Saps ha iniziato a collaborare già nell’autunno 2015. Nel 2018 tutte le linee, e la rete commerciale, Saps sono passate al gigante tedesco. Nel frattempo, è decollata la produzione chilometrica: meno di 3 milioni di chilometri fino al 2011, circa 10 milioni oggi.
Il Bus book. Un Flixbus ante litteram
Un modello, quello di Flixbus, che ha un lontano avo nell’iniziativa Promobus, società di servizi dell’Anav fondata nel 1986 e per la quale Pasquale Biscotti si è a lungo speso durante gli anni della sua vicepresidenza. «Avevo intuito la direzione verso cui si sarebbero evoluti i servizi di autolinee – rivendica -. Avevo capito che andando ognuno per conto suo non avremmo mai potuto competere in un campo in cui operavano ferrovie e grandi gruppi statali. Come presidente di Promobus pregai tutti gli associati di unirci in una modalità nuova. Così realizzammo il Bus book, un catalogo dei servizi internazionali svolti dai vari associati, da mandare alle agenzie viaggio. Ma alla lunga è prevalso un approccio egoistico. Tra piccoli, ognuno vuole comandare. Non si comprendeva che l’unione era un aspetto necessario».