Nel contesto del mercato del lavoro italiano, anche nel 2024, la figura dell’autista di autobus emerge come una delle più richieste, ma anche più difficili da reperire. Questo dato, noto e confermato, è stato nuovamente evidenziato dall’indagine condotta dall’ente di formazione Ellesse Group, che sottolinea il crescente e preoccupante divario tra domanda e offerta di lavoro nel settore dei trasporti pubblici.

Patti chiari (amicizia lungha) per trattenere gli autisti

Tuttavia, diversi datori di lavoro non riescono a trattenere gli autisti, che ora possono scegliere tra offerte di lavoro più vantaggiose e meglio tutelate. È evidente che il problema riguarda anche il gap salariale, il quale richiede una soluzione urgente che, tuttavia, tarda ad arrivare. Inoltre, una risposta definitiva non può neppure venire dall'”importazione” di lavoratori extra UE, i quali, dopo poco tempo, comprenderebbero la realtà lavorativa e si sposterebbero verso società più solide. Le aspettative delle imprese verso i conducenti “importati” hanno in parte soddisfatto i piccoli vettori, ma di fronte a domande più scomode, come quelle sulle retribuzioni, le risposte sono state spesso sfuggenti o comunque poco chiare.

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Tutto va a fortuna rispetto al rischio di non trovare autisti; quindi il primo step è fare accettare delle proposte di lavoro non avendo del tutto chiare le condizioni di qualità professionale dell’autista. Su questo tema, l’idea più diffusa tra i conducenti nostrani è che si stia verificando una concorrenza al ribasso, poco salubre per la categoria, che fa leva sulle condizioni lavorative più svantaggiose nei Paesi d’origine dei colleghi extra UE. A sostenere questa tesi sono molti, soprattutto chi ha vissuto l’esperienza del camion, dove il fenomeno è iniziato a fine anni ‘90.

Quei piccoli vettori soffocati dalla mancanza di autisti continuano a gestire le loro attività mese per mese, navigando a vista e facendo promesse che spesso non mantengono. Alcuni accettano di concordare un modesto aumento delle spese di trasferta per far fronte a periodi critici, ma poi il salario ritorna al punto di partenza. Ho personalmente ricevuto testimonianze di imprese costrette ad aumentare i salari (anche sotto l’aspetto pensionistico) per evitare la chiusura. C’è poi chi non riesce assolutamente a investire sulla qualità e il rinnovamento; altro punto che trasferisce aspre segnalazioni dei conducenti sui canali social.

Il sentore è che in futuro sopravviveranno solo le piccole imprese di alto livello qualitativo e le grandi società, magari interessate anche al trasporto pubblico locale. Sembra che l’idea di formare consorzi modificando nomi e storici loghi, non sia così semplice da far accettare. Con obiettività, bisogna porsi alcune domande molto scomode: chi lamenta la difficoltà di trovare autisti è realmente preoccupato per la situazione economica della sua impresa? E ancora: quanto può sopravvivere un’impresa che legittima una politica di risparmio a discapito dei conducenti? Stando alle testimonianze la vite è girata sempre sopra la testa dei conducenti mentre, il tenore di vita di alcuni imprenditori è rimasto invariato. Ben per loro.

di Gianluca Celentano, conducente bus

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