Quando le misure contano: autobus, minibus e rimorchi…e la retribuzione?
di Gianluca Celentano Per appagare un appassionato conducente non sono sufficienti marca e modello di un bus, molte volte a contare sono invece le misure del veicolo che guida. È un po’ come mettersi alla prova tutti giorni nelle mille difficoltà che conosciamo, sentendoci soddisfatti alla sera se tutto è filato liscio con il grosso […]
di Gianluca Celentano
Per appagare un appassionato conducente non sono sufficienti marca e modello di un bus, molte volte a contare sono invece le misure del veicolo che guida. È un po’ come mettersi alla prova tutti giorni nelle mille difficoltà che conosciamo, sentendoci soddisfatti alla sera se tutto è filato liscio con il grosso autobus. Insomma il torpedone da 12 o più metri di lunghezza rappresenta il non plus ultra della gratificazione tecnica.
Infrastrutture non a misura di bus
In realtà anche questo tipo di gratificazione viene spesso a mancare al conducente e questo perché le infrastrutture non adeguate ai bus obbligano le aziende a effettuare servizi con veicoli da 40 posti, al di sotto dei 12 metri standard. Molti hotel richiedono l’autobus al loro ingresso, ma l’operazione non è assolutamente facile e, in molti casi, impossibile per la totale mancanza di percorsi studiati per l’ingombro di un torpedone. In base alle misure vengono chiamati i 16 posti piuttosto che i 19, 30 o appunto, il 40 posti a sedere. C’è da dire che commercialmente i 30 posti vanno alla grande e moltissime aziende ne annoverano qualcuno nel loro parco mezzi. Per l’autista la guida di un “piccolo”, come viene soprannominato questo tipo di bus, significa meno rogne, più mobilità e facilità di parcheggio, ma occhio a non abituarsi. Infatti le misure di un 12 o 13 metri a passo lungo sono una vera scuola di conduzione e anche di vita. Passare dopo tanto tempo da un piccolo a “un grande” crea un po’ di soggezione: meglio mantenere la mano (o l’occhio) anche sul più ingombrante.
Misure da remunerare?
Prevedere le manovre, sapere quanto allargare e dove posizionarsi sono solo alcune delle astuzie per la guida di un bus grande, cioè uno di quelli dove la retromarcia rappresenta il momento di massima tensione se non hai la videocamera. Parlando di lunghezze potremmo andare ben altre i 13 metri e qui, ammettiamolo, i conducenti alla guida di un torpedone oversize sono un po’ i Re nelle rimesse.
Una differenza è bene farla sui bus sopra i 12 metri: il terzo asse gioca un ruolo cruciale.
Ad esempio, se guidi un 13,65 metri con tre assi probabilmente incontrerai meno problemi nelle manovre rispetto alla guida di un due assi, stesso discorso con un 14 metri. Grazie al terzo asse sterzante – e quindi a una distanza interasse fra primo e secondo asse inferiore allo standard del 12 metri – le manovre risultano più semplici. Sono lo sbalzo e lo scodamento da tenere sott’occhio. La grossa differenza è con il 15 metri che di fatto è un “autobus autostradale”. Quindi la sensazione di autorità arriva dalla lunghezza non tanto dagli assi e gli eletti alla guida con un rimorchio possono arrivare a guadagnare addirittura qualcosa di più.
Merito e misure?
Nei diversi commenti sui servizi del blog, fra l’altro qualcuno poco rispettoso verso l’informazione, emerge sempre il sacrosanto problema salariale. Bene, approfitto per ricordare che sono (come conducente) ben consapevole del problema. Raccontare la vita del nostro mestiere non può solo limitarsi a un discorso esclusivamente economico seppur un argomento cruciale. Quindi il tema salariale non sta né al blog né al giornale risolvere, semmai solo riportare. Chiaro è che tutte le paghe base andrebbero incrementate, ma in virtù della genuinità (che ricordo non semplice) di questo specchio sul mestiere, lanciare un’attenzione su merito e incentivi rappresenta già un rinnovamento.
Rimorchi e retromarce
La regola d’oro sostiene che dove passa il 12 passa anche il rimorchio e quando sei tra i candidati alla guida di un bus con rimorchio o un autosnodato, vuoi distinguerti. Il grosso problema sono le manovre, ma con l’esperienza e la continua ripetizione, tutto si assimila, si semplifica e si velocizza. Scendere e andare a guardare dietro anche diverse volte non sminuisce l’autista, anzi lo valorizza. Durante la mia esperienza nel tpl ho avuto linee fisse con il 18 metri e ricordo che mi esercitavo in rimessa nelle retromarce a L con il benestare del capo movimento. Nonostante molti colleghi mi osservassero ridendo, altri seguivano l’esempio; serviva per avere più padronanza qualora in linea capitasse qualche piccola retromarcia. I risultati hanno confermato l’efficacia della mia esercitazione: meno incagli in giro per la sperduta linea. Anche se ormai quasi estinti nel trasporto persone (ricordo quelli aeroportuali), sono soprattutto gli autotreni a imporre una lunga gavetta per le retromarce.
Tornando ai minibus, cioè gli M2 con massa massima non superiore a 5 t o con 16 posti, sono mezzi impiegati anche nei servizi scuolabus. Questo può essere un lavoro fisso, magari part-time o il primo step prima di passare gradualmente all’autobus più grande, ma sempre di conducenti si tratta. Anche per gli autisti del settore noleggio le capacità e le conoscenze sono assolutamente soggettive. Lanciando una provocazione varrebbe la pena domandarsi osservando il quadro attuale, quanto sia importante e conveniente per un’azienda reclutare personale con doti all’apice della completezza rispetto autisti factotum con poca competenza. In effetti la conoscenza “a volte” è scomoda.