Di seguito, la quinta parte del racconto-testimonianza di Alessandro Razze

Sicurezza e passeggeri

Ogni tanto mi viene chiesto se sarei disposto a tornare a guidare un autobus, la mia risposta è sempre “volentieri, purché non ci siano passeggeri a bordo”. Nel corso degli anni abbiamo assistito ad un calo verticale nella qualità dell’interazione con la clientela, in qualsiasi tipo di servizio che venga svolto.

Ci possono essere molteplici spiegazioni: a mio personale parere, è passato un concetto errato, a tutti i livelli della società, in base al quale esistono solamente diritti, ma nessun dovere. Questo richiederebbe un’analisi antropologica che esula da queste considerazioni.
Dal punto di vista dell’autista, l’effetto è quello di un aumento costante delle pretese dell’utenza, anche in spregio a norme di legge o regole basilari di sicurezza, con la conseguenza di reazioni spropositate, spesso anche violente, di fronte a un qualsiasi diniego di quelli che l’utenza considera, spesso a torto, propri diritti inalienabili.

La polveriera sociale che è stata innescata ormai da anni si riflette anche sul lavoro dell’autista, le aggressioni sono all’ordine del giorno, si legge quotidianamente di persone che danneggiano i mezzi dando in escandescenze. Per tutti questi c’è la matematica certezza dell’impunità, ma l’autista che dovesse reagire, anche solamente per legittima difesa, è l’unico che ha da perdere: crocefissione mediatica in primis, processi infiniti e conseguenze disciplinari pesanti, che possono arrivare facilmente al licenziamento.

Aggiungiamo a questo la possibilità per chiunque di recensire su internet qualsiasi tipo di servizio: il risultato è che persone di assoluta incompetenza si permettono di giudicare, in ogni campo, l’operato di professionisti. Ancora più grave è che le aziende diano un peso esagerato ai giudizi di totali sprovveduti, disdegnando di qualsiasi considerazione i propri professionisti. Dietro agli stessi telefoni da cui vengono inviate recensioni compulsive, si nascondono i personaggi pronti a filmare l’autista che, orrore, per esasperazione risponde male ad un passeggero molesto, ma mai presenti quando è l’autista ad essere aggredito. Anche qui, da parte delle aziende nessuna tutela.

Tutela delle aziende verso il personale

Quest’ultima constatazione porta a ragionare su un altro aspetto frustrante della realtà lavorativa: le aziende non tutelano in alcun modo la loro risorsa produttiva più importante, l’autista. Il terrore di una recensione negativa porta a situazioni surreali: in un’azienda con cui collaboravo mi è stato chiesto di aiutare a trovare un modo per licenziare un conducente in quanto andava troppo adagio e i passeggeri si lamentavano. Naturalmente il licenziamento sarebbe dovuto avvenire solo una volta trovato il rimpiazzo e possibilmente alla fine della stagione di punta. Parliamo di una persona irreprensibile, precisa nel suo lavoro e dalla condotta educata ma ferma con i passeggeri.

Mi sono stati riportati diversi casi di autisti abbandonati nel momento del bisogno, dopo un incidente o un’aggressione, quando l’azienda non solo non è intervenuta supportandoli a livello legale, ma ha anche scelto di licenziarli trattenendo loro il Tfr come anticipo su un eventuale risarcimento danni, prima ancora che ne venisse accertata la responsabilità.

Al di là dei casi più eclatanti, quella delle pressioni psicologiche, fino ad arrivare al mobbing, appare essere una strada percorsa ancora oggi da diverse aziende, anche di dimensioni e prestigio significativi. Si va dalle pressioni contro gli autisti che rifiutano gli straordinari o pretendono l’applicazione di una regolarità nell’assegnazione dei turni, fino a violenze fisiche e psicologiche, passando per un inferno fatto di ferie negate, trasferimenti punitivi e penalizzazioni nell’assegnazione di turni, vetture e servizi. 

La percezione è che le aziende, nonostante la difficoltà nel reperire il personale, continuino a non voler riconoscere ai conducenti il valore essenziale nell’economia produttiva. Da una parte il personale è responsabilizzato in maniera sempre crescente con l’aumentare della professionalità richiesta; dall’altra viene ancora visto come se non peggio di un animale: ancora nel 2022 ho visto con orrore un’azienda in cui l’uso della toilette negli uffici era vietato ai conducenti con tanto di cartello esplicito; passano gli anni ma il motto “autista zitto e guida” rimane tristemente una realtà difficile da scrollarsi di dosso.

FINE QUINTA PARTE

Ci piacerebbe raccontare la storia di voi conducenti. Chi è tuttora autista, chi dopo anni di servizio è andato in pensione o è prossimo a farlo, chi (come Alessandro Razze) lo è stato e ha scelto un’altra strada. Scriveteci e raccoglieremo le vostre testimonianze.

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