Professione conducente, quarta parte: l’omicidio stradale
Di seguito, la quarta parte del racconto-testimonianza di Alessandro Razze Oltre ad assumersi le responsabilità della guida di un mezzo pesante e ingombrante, un conducente diventa, dunque, un provetto utente di apparecchiature tecnologiche, un esperto di normative sociali e un amministrativo di qualità. Nel momento in cui si siede al volante, però, assume implicitamente un […]
Di seguito, la quarta parte del racconto-testimonianza di Alessandro Razze
Oltre ad assumersi le responsabilità della guida di un mezzo pesante e ingombrante, un conducente diventa, dunque, un provetto utente di apparecchiature tecnologiche, un esperto di normative sociali e un amministrativo di qualità. Nel momento in cui si siede al volante, però, assume implicitamente un altro pesantissimo rischio, del quale molti, purtroppo o per fortuna, non sono ancora del tutto coscienti.
Parliamo dell’abominio giuridico dei reati di Omicidio Stradale (art. 589 bis CP) e Lesioni Gravi Stradali (art. 590 bis CP) e, più in generale, delle conseguenze di un qualsiasi sinistro da cui derivino lesioni o la morte di qualcuno. A prescindere dall’effettiva responsabilità, che verrà accertata in seguito, la patente viene comunque ritirata a tempo indeterminato. Solo una volta acclarata l’assenza di responsabilità, la patente può essere restituita, ma questo potrebbe richiedere tempi lunghi, nell’ordine di diversi mesi. Laddove invece fosse accertata una responsabilità anche solo concorsuale, la patente sarebbe a rischio di revoca: in molti casi essa è automatica, altrimenti è facoltativa a discrezione del giudice. Rimane comunque un rischio elevatissimo che, combinato con un’interpretazione vieppiù estensiva dell’art. 2054 del Codice Civile, mette in costante pericolo le abilitazioni conseguite con impegno economico e fatica.
Ricordiamo, difatti, che con la revoca della patente vengono perse anche tutte le altre abilitazioni collegate, compresa la CQC, con la logica ripercussione della perdita dell’attività lavorativa senza alcuna forma di tutela. Il principio giuridico sancito dall’art. 2054, che prevede l’implicita corresponsabilità di tutti i coinvolti in un sinistro, salvo prova di aver fatto tutto il possibile per evitarlo, inverte sostanzialmente l’onere della prova e mal si coniuga con il malcostume degli enti proprietari delle strade che, invece di provvedere ad una corretta manutenzione di una rete infrastrutturale da terzo mondo, impongono limiti di velocità ridicolmente bassi allo scopo di essere sollevati da ogni responsabilità in caso di sinistro. Anche in questo caso, quindi, chi rimane con il cerino in mano è sempre l’autista.
FINE QUARTA PARTE
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Ci piacerebbe raccontare la storia di voi conducenti. Chi è tuttora autista, chi dopo anni di servizio è andato in pensione o è prossimo a farlo, chi (come Alessandro Razze) lo è stato e ha scelto un’altra strada. Scriveteci e raccoglieremo le vostre testimonianze.