Di seguito, la seconda (ma non ultima!) parte del racconto di Alessandro Razze

Il servizio di leva e gli “imparatori d’arte”

Personalmente sono sempre stato contrario al servizio militare obbligatorio, ritenendolo un’inutile perdita di tempo; tuttavia, è un dato oggettivo che molte persone in quell’anno di leva hanno imparato un mestiere. Una delle competenze più frequenti che si portava con sé dopo la naja era il conseguimento di una patente superiore che, una volta congedati, poteva essere convertita in patente civile. Moltissimi così si sono trovati in tasca uno strumento di lavoro inatteso e quasi gratis. Qualcuno ne ha fatto il lavoro della sua vita, altri lo hanno fatto solo per un breve periodo, tanti non hanno mai più messo piede su un mezzo pesante, comunque le Forze Armate hanno sfornato autisti civili per decenni. L’abolizione della leva obbligatoria ha completamente chiuso questa strada per la formazione del personale.

L’aumento dei costi e dell’impegno di tempo per il conseguimento delle patenti ha, invece, eliminato quelli che chiamavo scherzosamente “imparatori d’arte”: quelli che, non sapendo ancora esattamente cosa fare della propria vita, prendevano una patente superiore che, forse, avrebbe potuto essere loro utile in futuro, sebbene non avessero un progetto chiaro in merito.

Possiamo, dunque, dire che oggi chi sceglie di intraprendere il percorso formativo per diventare autista professionale lo fa in maniera ponderata e, sovente, con una prospettiva lavorativa già delineata all’orizzonte.

Fino a qui, il problema è condiviso tra il comparto merci e il comparto passeggeri, entrambi sono in sofferenza, però emergono due aspetti interessanti:

  • In media, su 10 primi conseguimenti di CQC, 9 sono abilitazioni al trasporto di merci e solo una per passeggeri.
  • Nella famigerata primavera del 2020, buona parte degli autisti di autobus sono stati fermati. Chi ha potuto ha avuto accesso agli ammortizzatori sociali, gli altri si sono trovati semplicemente a casa. Una volta ripresa l’attività, molti non sono più rientrati al lavoro, preferendo orientarsi sul trasporto merci o cambiando completamente settore di attività.

Possiamo quindi affermare con sicurezza che il lavoro dell’autista di mezzi pesanti in genere non è più attraente e, in particolare, non lo è nel trasporto di persone.
Se fosse solo un problema di costi, ci sarebbe la fila davanti alle aziende che offrono un percorso formativo interno; inoltre, le cifre in ballo sono significative ma non inaccessibili. Tra risparmio personale, finanziamenti familiari e credito al consumo, chi non riuscisse ad entrare nei percorsi aziendali potrebbe comunque ipotizzare in molti casi un piano operativo per conseguire un titolo con una grande spendibilità.
Se si vuole risolvere veramente il problema, al di là della demagogia, bisogna capire cosa renda così poco allettante il lavoro dell’autista di autobus.

FINE SECONDA PARTE

Ci piacerebbe raccontare la storia di voi conducenti. Chi è tuttora autista, chi dopo anni di servizio è andato in pensione o è prossimo a farlo, chi (come Alessandro Razze) lo è stato e ha scelto un’altra strada. Scriveteci e raccoglieremo le vostre testimonianze.

In primo piano

Articoli correlati

Traffico: confronto (senza veli) tra passato e presente

di Gianluca Celentano (conducente bus) Fra i primi articoli che ho redatto molti anni fa, ce n’era uno incentrato sull’analisi delle condizioni del traffico indisciplinato. A distanza di anni ho deciso di riesumarlo per confrontarlo e commentarlo con la situazione attuale del traffico e del lavoro d...
Blog