Professione conducente, capitolo finale: in attesa dell’ “azienda mamma”
Di seguito, la sesta e ultima parte del racconto-testimonianza di Alessandro Razze Parliamo anche di soldi Abbiamo parlato di costi della patente, di responsabilità, di sicurezza e di orari di lavoro; questi sono elementi molto importanti, ma è altrettanto cruciale vedere cosa viene offerto in cambio a livello economico. In due parole: troppo poco. Facendo […]
Di seguito, la sesta e ultima parte del racconto-testimonianza di Alessandro Razze
Parliamo anche di soldi
Abbiamo parlato di costi della patente, di responsabilità, di sicurezza e di orari di lavoro; questi sono elementi molto importanti, ma è altrettanto cruciale vedere cosa viene offerto in cambio a livello economico. In due parole: troppo poco. Facendo una rapida considerazione dello sforzo richiesto per arrivare a sedersi dietro un volante, delle responsabilità che vengono assunte e dei rischi che si corrono quotidianamente, sarebbe legittimo aspettarsi molto più di quanto venga attualmente messo sul piatto. Non solo il salario non è commisurato nemmeno lontanamente a quanto viene richiesto, ma anche le condizioni collaterali sono improponibili.
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I responsabili di aziende di TPL di rilevanza nazionale gridano la loro ipocrita disperazione rilasciando a ciclo continuo dichiarazioni sull’impossibilità di trovare autisti, salvo poi andare a offrire contratti temporanei a part-time da 850 euro al mese. Per chi (e sono la maggior parte) oggi deve trasferirsi in una grande città, affittando una casa, sono condizioni inaccettabili in quanto per le locazioni vengono richiesti contratti a tempo indeterminato e il prezzo di un monolocale arriva a superare già da solo la paga base.
Anche il malcostume dei turni a nastro, laddove non fosse eliminabile, andrebbe remunerato diversamente e in maniera motivante.
Va considerato, in questo senso, che il tempo improduttivo per l’azienda è improduttivo anche per l’autista, il quale non solo non è in condizioni di disporre del proprio tempo, ma avrà presumibilmente delle spese per mangiare, per usufruire di servizi igienici o potersi sedere in un locale al coperto.
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L’azienda-mamma
La cosa che mi fa rabbrividire è che nel 2022 gli esponenti di un’associazione datoriale, invece di cercare una soluzione che renda più allettante questa professione, propongano di eliminare il riposo regolare di 45 ore per il trasporto passeggeri, dando alle aziende la possibilità di usufruirne in due frazioni separate tra loro.
Ci sono anche esempi virtuosi: Fabio Figus, titolare di Linea Azzurra, affermata azienda di trasporti piemontese, mi racconta di aver predisposto un piano per agevolare i suoi autisti neoassunti, prevedendo una serie di iniziative di supporto, prima tra tutti il farsi garante in prima persona per l’affitto di una casa poiché queste persone avrebbero dovuto trasferirsi. Sta inoltre elaborando un piano di welfare aziendale volto a premiare il personale con beni e servizi, in base al raggiungimento di traguardi chiaramente determinati. L’obiettivo di fidelizzare il personale verrà perseguito anche con percorsi formativi finanziati, tra cui corsi di inglese, i primi dei quali sono già stati erogati, ed è in fase di studio una forma di tutela legale per gli autisti coinvolti in sinistri gravi.
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Sta, forse, prendendo timidamente piede il concetto di azienda-mamma che si prende cura degli autisti, riconoscendo loro una dignità di lavoratori e di persone, investendo su di loro non solo nella veste di appendice dell’autobus, purtroppo necessaria alla sua messa in strada, ma come colonne portanti dell’azienda stessa. Concetto che esisteva fino alla fine degli anni Settanta, ma poi si è andato progressivamente e rapidamente perdendo in favore di logiche di mero profitto. Dove non sono arrivate la morale e l’etica, è arrivata la legge del mercato, la stessa che è stata invocata per massimizzare il profitto sulle spalle del personale di guida, che ora consente ai sempre più rari autisti di scegliere il datore di lavoro che propone le condizioni più favorevoli.
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La strada sarà in salita, troppi decenni di tagli alla dignità del lavoro dell’autista, prima ancora che alle buste paga, hanno fatto perdere attrattività a questa professione che potrebbe far ancora innamorare, come successe a me, se le condizioni di contorno fossero più favorevoli. Alla domanda “quando conviene cominciare ad intervenire in questo senso?” la risposta è che il giorno migliore per farlo era ieri, il secondo giorno migliore per farlo è oggi e, aggiungo, oggi è già tardi.
Ci piacerebbe raccontare la storia di voi conducenti. Chi è tuttora autista, chi dopo anni di servizio è andato in pensione o è prossimo a farlo, chi (come Alessandro Razze) lo è stato e ha scelto un’altra strada. Scriveteci e raccoglieremo le vostre testimonianze.