Pochi autisti? Investimenti e formazione rendono appetibile la professione [Terza e ultima parte – VIDEO]
di Gianluca Celentano Oltre ai controlli svolti a livello locale sulla documentazione, Max Salis, un esperto di GT e tecnico in diversi gruppi social, mi elenca la lunga lista in continua evoluzione dei documenti richiesti al manager/conducente. Ogni stato comunitario o Ue ha normative spesso distinte. Far saltare un tour o giocarsi le ore di […]
di Gianluca Celentano
Oltre ai controlli svolti a livello locale sulla documentazione, Max Salis, un esperto di GT e tecnico in diversi gruppi social, mi elenca la lunga lista in continua evoluzione dei documenti richiesti al manager/conducente.
Ogni stato comunitario o Ue ha normative spesso distinte. Far saltare un tour o giocarsi le ore di disponibilità rimanendo fermi in un posto di controllo non è assolutamente raro in mancanza di un linguaggio comune tra gli stati e di una digitalizzazione delle autorizzazioni, dichiarazioni e permessi. Oltre chiaramente alla carta di circolazione, assicurazione e contratto di lavoro, il torpedone che si accinge a tour internazionali deve presentare: il foglio di viaggio aggiornato con il chilometraggio e itinerario, il blocco fogli del Intentbus, di due tipi, Cee e Ue, il 700Ap2N corredato dall’ elenco nominativo dei passeggeri, bollino antinquinamento tedesco/francese, il modulo A1 per certificare la posizione di sicurezza sociale qualora si abbiano collegamenti con più paesi UE e la documentazione per il recupero dell’ Iva carburanti e acquisti pedaggi. Non per ultimo le pratiche di certificazione autisti nei vari stati per il rispetto delle leggi sul dumping sociale, anche queste diverse da stato in stato. Un chiaro eccesso di burocrazia, ma purtroppo sembra ancora lontana la creazione di una banca dati internazionale che alleggerirebbe l’autista da molti oneri che non gli dovrebbero competere.
Formazione
Probabilmente bisognerebbe mettere sotto esame l’intera struttura dell’istruzione professionale in tempi rapidi, investendo e aprendosi anche verso le scuole di pilotaggio/guida sicura, quelle che oggi organizzano per le aziende corsi specialistici che in realtà dovrebbero essere proposti già durante il programma iniziale della certificazione conducente. Se i quiz sono un metodo per confermare o meno l’idoneità di un candidato, non sono pochi i dubbi sulla reale comprensione dei test pieni di contraddizioni e lontani dalla professione che si intende svolgere. Le stesse forze armate, con a capofila il 9° Reggimento della Brigata Alpina Taurinense, oltre al titolo di guida conseguito in caserma, si appoggiano a rinomate scuole di pilotaggio dove vengono creati i più diversi scenari d’impiego operativo.
Poter pesare le qualità oggettive di un candidato conducente su piste sicure potrebbe essere una svolta nella qualificazione completa dell’autista. Provare il comportamento dinamico di un mezzo pesante in frenata, curva o schivata, capire l’influenza del carico, la manutenzione meccanica e comprendere le cause d’errore con gli esercizi al simulatore sono test che avvicinerebbero l’Italia al concetto di Accademia, quello già in vigore in Germania. Una sinergia tra pubblico e privato per un’attestazione supplementare alla patente che, a questo punto, paragonerebbe l’autista alla figura del “pilota di terra” e forse, riducendo il rischio di incorrere in sanzioni, migliorerebbe la sua motivazione e renderebbe fuori luogo i facili giudizi su chi svolge questo mestiere. E’ bene ricordare che tra gli stessi autisti esistono coloro in possesso dei titoli di insegnante e istruttore di guida, un valore aggiunto qualora si voglia istituzionalmente coinvolgere anche le società e aziende in un progetto comune di formazione. Me lo auguro.