Il tema di una deroga della patente per autobus prolungata almeno fino ai 70 anni non è andato in porto, almeno per il momento. È necessario fare un’analisi e chiarire alcuni punti, perché la proposta presentata alla Camera è stata oggetto di scarsa attenzione e altrettanta disinformazione.

I motivi del rigetto della proposta sono essenzialmente due: il timore di una pensione posticipata legata all’innalzamento della validità della patente e la necessità di concentrare l’attenzione sulla patente per autobus a 18 anni, agevolando il tpl.

Il servizio video di Gianluca Celentano

Patenti ed età anagrafica: serve chiarezza

Tuttavia, questi motivi sono fuorvianti. Per quanto riguarda l’età pensionistica, questa segue iter valutativi completamente indipendenti dai titoli dell’interessato; una persona può tranquillamente maturare la pensione a 62 anni e scegliere se fare la vita da pensionato o continuare saltuariamente a condurre un autobus senza vincoli. Sono scelte personali da rispettare.

La poca chiarezza e i dubbi sulla necessità di allungare la vita della patente per autobus ha contribuito al fallimento del disegno di legge. Secondo alcune fonti, una figura riconducibile alla Lega avrebbe mostrato resistenze iniziali sulla proposta, ma, successivamente riascoltate, avrebbero spostato le responsabilità alle associazioni, indicando inoltre il trasporto pubblico locale) come un settore che percepisce meno l’importanza della legge, essendo più propenso al conseguimento a 18 anni.     

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Sensazionalismo o realtà

Le proposte che fanno notizia, come la reintroduzione del servizio di leva, fanno parte del panorama politico (seppur con metodi discutibili), ma la validità delle patenti riguarda la sopravvivenza di buona parte del comparto privato, che occupa una fetta enorme della mobilità nazionale. Stando alle fonti, ci si chiede come e perché alcune associazioni di categoria avrebbero avuto interesse nell’ostacolare un’opportunità di respiro per il settore rappresentato…

Diverso è il discorso di facilitare l’ingresso dei giovani nella professione di conducente, permettendo loro di conseguire la patente D a 18 anni. In realtà, questa condizione è impossibile con le norme attuali, come abbiamo già riportato in un altro articolo. Al massimo, si può guadagnare un anno, passando dagli attuali 21 anni a 20. La condizione dei 18 anni richiederebbe una revisione completa della normativa sui conseguimenti per evitare incongruenze, alla luce di due problemi basilari e non risolti: la de-fiscalizzazione del lavoro con più soldi in busta paga e il disinteresse dei giovani per il lavoro di conducente.

Si parla di uniformarci al sistema europeo, che per certi versi è oneroso e dai noi presenta molte resistenze, oltre a richiami e sanzioni da Bruxelles. Tuttavia, rimanendo nell’Europa “più attiva”,  il discorso della scadenza delle patenti sembra seguire altre logiche essendo legato più al buon senso e allo stato di salute dell’autista piuttosto che a una data precisa di “game over”.

Patenti: cosa succede oltre confine

Un confronto con i cugini spagnoli e francesi può essere utile. In Spagna, è sufficiente avere 18 anni per ottenere la patente D, non avere subito pesanti sanzioni, e superare test psicologici e fisici presso il centro medico della Dirección General de Tráfico. Chi è in possesso del certificato di idoneità professionale nella modalità ordinaria di qualificazione iniziale può guidare solo veicoli senza passeggeri o, con passeggeri, se si tratta di trasporto in servizi regolari (con tabella di marcia) il cui viaggio non supera i 50 km, all’interno del territorio nazionale, fino al compimento dei 21 anni (sistema ad hoc per il tpl).

In Francia, con il decreto n. 2021-542 del 30 aprile 2021, il governo ha abbassato l’età minima per guidare veicoli pesanti adibiti al trasporto pubblico, previa formazione specifica. Ora, a 18 anni è possibile guidare veicoli con meno di 16 passeggeri (patenti D1 e D1E) sul territorio nazionale; a 20 anni, sempre sul territorio nazionale ma con meno restrizioni; e a 21 anni sia sul territorio nazionale che all’estero. Anche in Germania, dove l’età minima è 21 anni, non ci sono limiti di anzianità, aspetto non menzionato neppure in Francia.

Ci si chiede quindi perché solo in Italia, con la nostra lentezza nel recepire le norme (forse conveniente per qualcuno), si utilizzi un preconcetto così lesivo in un momento in cui il trasporto di persone dovrebbe essere rilanciato più che mai. In ogni caso, secondo fonti attendibili, dovrebbero esserci delle novità con l’arrivo dell’autunno e noi non mancheremo di tenervi informati.

di Gianluca Celentano (conducente bus)

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