GIÙ LE MAI DAGLI AUTISTI
Roberto Sommariva Quando è solo una può essere una coincidenza, due sono un indizio, tre fanno una prova. Se poi quelle ‘coincidenze’ sono decine e diventano parte integrante della cronaca quotidiana la ‘prova’ è schiacciante. Parliamo delle aggressioni agli autisti degli autobus diventate un problema diffuso e sconcertante. L’ultima, in ordine di tempo, è quella […]
Roberto Sommariva
Quando è solo una può essere una coincidenza, due sono un indizio, tre fanno una prova. Se poi quelle ‘coincidenze’ sono decine e diventano parte integrante della cronaca quotidiana la ‘prova’ è schiacciante. Parliamo delle aggressioni agli autisti degli autobus diventate un problema diffuso e sconcertante. L’ultima, in ordine di tempo, è quella ai danni di Giuseppe Perna, 57 anni, dipendente della Anm di Napoli che si è permesso di chiedere, «in tono bonario», a tre ragazzi (minorenni) di spostarsi dalla porta d’accesso. Per tutta risposta i ‘tre’ lo hanno trascinato fuori e riempito di botte, pugni, calci: cinque minuti di pura follia sotto gli occhi scioccati degli altri passeggeri. Un’aggressione che segue quella di Roma del 3 di ottobre quando il conducente di un’automobile è salito su un autobus ed ha inveito contro l’autista schiaffeggiandolo sonoramente. Hanno fatto discutere anche le due aggressioni di Corcolle (Roma), due in meno di 24 ore. Qui a farne le spese sono state due giovani donne: Federica ed Elisa, quest’ultima di 33 anni. “Solo quest’anno ci sono state 180 aggressioni, non possiamo andare avanti così. Vogliamo cabine blindate e più sicurezza. Non vogliamo essere lasciati soli. Se non ci ascolteranno siamo pronti a bloccare la città”, ha detto Micaela Quintavalle, leader del sindacato autonomo Cambia-Mente M410 che il 2 di ottobre ha manifestato sotto il Campidoglio per chiedere tutele e sicurezza. Ma questo non è solo un problema romano. Il “salotto meneghino”, per esempio, non è indenne da questi inaccettabili episodi. “Per favore, può spostare quella carrozzina?”, ha chiesto Lorenzo, autista di Atm Milano che il 30 di settembre scorso prestava servizio sulla linea 92. Il tono è cortese. La risposta brutale. Sì, perché quello stesso conducente si ritroverà poco più tardi al Policlinico con contusioni varie. Perché tanta violenza? Un sociologo potrebbe dire che è un problema di “anomia”. In altri termini la società moderna ha un deficit di riconoscimento di quella che alcuni definiscono “funzione pubblica”. Certamente hanno ragione i sindacati di categoria nel richiedere sistemi di videosorveglianze e paratie invalicabili capaci di proteggere i conducenti degli autobus. Dall’altro ci vorrebbe un maggior sforzo da parte delle istituzione per riportare dignità all’interno di quelle stesse vetture.