I cospicui investimenti che hanno interessato il trasporto pubblico locale italiano negli ultimi tre anni, supportati dal Pnrr e dagli altri fondi mirati, hanno consentito l’acquisto di veicoli ‘green’ e di avviare la costruzione di attese infrastrutture di trasporto rapido di massa. Tuttavia, il cambiamento in atto è più profondo: le aziende di tpl potranno beneficiare delle novità solo se sapranno darsi un’organizzazione adeguata, altrimenti le strutture dei costi rischiano di aumentare anziché risultare più efficienti. Il progetto assi di Genova o le nuove tranvie di Bologna e Brescia, solo per fare qualche esempio, costituiscono novità presto visibili grazie ai cantieri che si renderanno necessari, ma a fronte di ciò sono iniziati cambiamenti organizzativi altrettanto importanti che vale la pena esaminare. Le competenze precedentemente in capo all’Ustif (Ufficio Sistemi di Trasporto a Impianto Fisso) sono gradualmente state rilevate da Ansfisa (Agenzia Nazionale per la Sicurezza delle Ferrovie e delle Infrastrutture Stradali e Autostradali), determinando un totale cambiamento di paradigma nell’approccio alla sicurezza nei trasporti: da un sistema prescrittivo, che imponeva precise linee di azione (autorizzazioni, controlli annuali) e relative sanzioni in caso di inadempienza, e un’unica figura di riferimento per le aziende individuata nel ‘Direttore di Esercizio’, si è passati a un sistema basato sull’analisi dei rischi

Ciascuna azienda che esercisce reti filoviarie, tranviarie, di metropolitana, ferrovie locali, ma anche ascensori, funicolari e scale mobili in servizio pubblico, si sta dunque dotando di un Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS), nell’ambito del quale esaminare ogni sottosistema di interesse definendone responsabilità di gestione e manutenzione e conseguenti percorsi di acquisizione e mantenimento delle competenze. L’Autorità di controllo, in questo caso, effettua audit finalizzati all’effettivo rispetto di tale SGS con una maggiore responsabilizzazione dell’intera struttura aziendale.

Flotte, come cambia la gestione

Per la gestione dei parchi veicoli vale la pena esaminare l’organizzazione standard di una struttura di manutenzione secondo l’approccio utilizzato da Ansfisa, che deriva da quanto già da tempo in atto nel settore ferroviario come conseguenza dell’applicazione, in ultimo, del Regolamento 779/2019 UE. Proprio in questo campo, infatti, le politiche di ‘fleet management’ possono determinare la capacità di un’azienda nel governare il cambiamento in atto. Nei semplici parchi di autobus, va ricordato, a partire dagli anni Ottanta, si è assistito ad una progressiva esternalizzazione delle attività manutentive secondo politiche di ‘make or buy’ non sempre univoche, con perdita in alcuni casi di quelle competenze interne fondamentali per affidare correttamente i servizi ad officine di autoriparazione e valutare la qualità tecnica del lavoro svolto, finendo per aumentare, anziché diminuire, i costi di manutenzione. Per le flotte più complesse, a partire da quelle costituite da veicoli con differenti sistemi di propulsione fino a reti eterogenee di sistemi di trasporto, tale impostazione non appare sostenibile.

Lo schema di riferimento oggi adottato è quello basato sulle ‘4 funzioni’, nell’ambito del quale intendiamo qui identificare le figure di riferimento descrivendo, per ciascuna di esse, ruoli e peculiarità:

• Prima funzione: organizzazione della manutenzione. Tipicamente in capo ad una Direzione Tecnica, è quella direttamente coinvolta nelle procedure di acquisto dei veicoli e nella definizione stessa del sistema di gestione. Il fleet manager è la figura chiave.

• Seconda funzione: Ingegneria di manutenzione. Subordinata alla prima, ha lo scopo di gestire i piani di manutenzione aggiornandoli in funzione delle ricadute di esperienza dall’esercizio o di un’interlocuzione con i costruttori stessi

• Terza funzione: Gestione della manutenzione. Ha l’obiettivo di recepire le necessità derivanti dalle scadenze associate al rispetto dei piani di manutenzione o quelle che derivano da richieste di intervento, disponendo quando occorre il fermo dei veicoli e la generazione di ordini di lavoro.

• Quarta funzione: Esecuzione della manutenzione. È questa la funzione cui è assegnata la responsabilità pratica degli interventi di manutenzione preventiva e correttiva, ed è sottoposta alle logiche di make or buy nell’ambito del sistema di gestione di sicurezza.

Impostare oggi l’organizzazione del processo di fleet management in accordo con quanto sopra, è un’opportunità per tutte le aziende di tpl, a prescindere dagli obblighi o dal tipo di sistemi di trasporto che si gestiscono.

Fleet manager manutenzione flotte

Fleet manager figura chiave

Già dalla definizione sopra sintetizzata si comprende come il ruolo del Fleet Manager sia connotato da caratteristiche dirigenziali, essendo proprio tale figura ad avere la responsabilità, nel rispetto dei vincoli assegnati, delle politiche di rinnovo del parco (e dei relativi piani di manutenzione) con un orizzonte temporale di qualche lustro. È evidente come la competenza tecnica debba essere qui affiancata da conoscenze di tipo economico e amministrativo. Sta al fleet manager, in primis, definire il Sistema di Gestione della Sicurezza aziendale, in base al quale sono definite le politiche di manutenzione e le competenze delle figure coinvolte, interne ed esterne che siano rispetto all’organizzazione.

Nella manutenzione di veicoli e sistemi a propulsione elettrica, ormai sempre più diffusi anche nelle aziende di tpl di minori dimensioni, il fleet manager rappresenta inoltre il ruolo di referente dell’Unità Responsabile dell’Impianto (URI), una delle figure la cui individuazione è obbligatoriamente prevista dalla norma CEI 11-27 in applicazione del D.lgs 81/08. Questa scelta è confermata dalle prassi in atto, da Amt Genova a Tper Bologna, da Atv Verona ad Anm Napoli, solo per citare alcuni esempi significativi. Le competenze del fleet manager presentano profonde analogie con quanto previsto dal terzo livello della norma UNI EN 15628 per il ‘Responsabile di manutenzione’ o ‘Maintenance manager’ e, non a caso, da alcuni anni le aziende di tpl stanno formando alcune figure ai sensi di tale standard grazie all’azione meritoria avviata dapprima a cura di Asstra e oggi portata avanti anche da altri enti/società di formazione e allargata alle aziende associate ad Agens e Anav. Il cambiamento in atto è profondo: la manutenzione del parco è l’elemento più difficile da governare, dal punto di vista tecnico e da quello dei costi, ma costituisce anche l’aspetto centrale per la gestione di una flotta moderna e delle relative infrastrutture. Il fleet manager è l’unica figura che a tali aspetti tecnici ed economici può affiancare il presidio della sicurezza nel trasporto pubblico locale dei prossimi anni.

di Alessandro Sasso, presidente ManTra
dal numero di Autobus di marzo

In primo piano

Articoli correlati

AMARCORD / Quella filovia sul Lago di Como

Impianto interessante e importante, la rete filoviaria di Como si sviluppò sulle principali direttrici di traffico dell’intera area comasca.L’obsolescenza degli impianti e del materiale rotabile tranviario spinse la società esercente Stecav (Società Trazione Elettrica Alessandro Volta) a scegliere i...

FILOBUS / La rete di Atene: nella culla della civiltà

La filovia della capitale greca costituisce una vera e propria rete di forza la cui capacità portebbe (anzi, dovrebbe) essere incrementata con altri filobus snodati. Insomma, sarebbe auspicabile un rinnovo, anche parziale, della flotta con i mezzi di nuova generazione, forti della tecnologia In moti...

PRESENTAZIONE / Isuzu Citiport 12: adesso ti porto in città

Il costruttore turco ha messo nel mirino il mercato italiano e per penetrare nel segmento pubblico del Classe I punta ora su un modello motorizzato Cummins Euro VI Step E, orchestrato da trasmissione automatica ZF EcoLife, che rinfoltisce la già ricca gamma di urbani a listino Una gamma, quattro mod...