di Gianluca Celentano, conducente bus

Esistono vere amicizie tra colleghi autisti? La risposta è semplice, ma richiede un passo coraggioso: togliersi la maschera del timore di non essere accettati o di essere giudicati negativamente, anche dalle aziende. È il passaggio più difficile, senza il quale la risposta resta probabilmente un “no”.

Dopo anni nel mondo dei pullman, posso affermare di avere molti conoscenti stimati, ma pochi veri amici, e tanti piacevoli interlocutori, magari telefonici. E non credo di essere l’unico a pensarla così. Nicola, che oggi lavora alla Movibus, è uno di quei pochi. La nostra amicizia è nata da una reciproca stima e da una lealtà autentica al volante e nella saletta autisti in un deposito di Magenta. La lealtà è un valore ampio, ma essenziale: Nicola è stato presente nei momenti di difficoltà, mentre altri, incluso l’ufficio del personale, hanno preferito ignorare la mia candidatura, abbastanza ricca, nonostante la necessità di conducenti. Consuetudine fastidiosa ma non troppo isolata.

Cordiale opportunismo

È importante fare chiarezza su un concetto spesso confuso dai social media che con semplicità confondono le conoscenze con l’amicizia: l’amicizia è un legame basato su affetto, rispetto, fiducia e sostegno. Al contrario, la “piacevole conoscenza” si limita a relazioni cordiali senza reale condivisione emotiva. Nel lavoro dell’autista, dove l’indipendenza è centrale, le opportunità di creare legami profondi sono limitate rispetto ad ambienti lavorativi in cui i colleghi sono costantemente fianco a fianco, come in una catena di montaggio. Inoltre, lo stress, di cui abbiamo iniziato a parlare apertamente grazie ad AUTOBUS, non aiuta certo le relazioni. A volte, alimenta invidie immotivate: c’è chi è geloso perché un collega ha ricevuto un pullman nuovo o ha un turno migliore. Potrà sembrare banale, ma questi sentimenti sono reali. E se, oltre alla cultura, fosse l’opportunismo a nascondere la vera natura di alcune persone?

Il dialogo fa bene al settore

Nonostante tutto, confidarsi con i colleghi rimane un esercizio salutare. Alcuni arrivano a condividere anche aspetti della propria vita privata, e questo è positivo. Quando vediamo autisti che chiacchierano tra loro, spesso lo fanno al capolinea, scambiando consigli sul lavoro, sulla strada o su aspetti della sicurezza personale. Tuttavia, risulta meno facile sapere se un collega è di riposo, rischiando così di svegliarlo con telefonate agli orari più assurdi propri di chi fa questo mestiere.

La forza della comunità

Nel settore degli autisti c’è ancora una forma di senso di appartenenza, sebbene più sbiadito rispetto a vent’anni fa. Nel settore del trasporto merci, invece, questa solidarietà è ancora molto forte e non è raro assistere a episodi di aiuto spontaneo. Le grandi aziende stanno cercando di creare reti di sostegno emotivo e professionale, ma il cammino è lungo, e molti temono ancora di essere bollati come “inidonei” se chiedono aiuto. Anche nelle forze armate, concetti simili esistono, ma i timori persistono.

Un aspetto interessante è il mentoring, l’aiuto che gli autisti più esperti offrono ai nuovi colleghi. Consigli preziosi vengono dispensati, contribuendo a creare un ambiente di lavoro più sicuro e coeso. È vero che è la strada, con le sue insidie, a far crescere un conducente, ma evitare problemi grazie a un suggerimento di un collega esperto è un arricchimento morale che non passa inosservato. In quei momenti, un consiglio prezioso può risuonare come un atto di vera amicizia che non si dimenticherà mai.

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