Il turismo in bus negli Usa decolla dopo la pandemia, che ha lasciato sul terreno il 40 per cento delle imprese. Trend, sfide, criticità (compresa la ricerca di conducenti…)

Fondata nel 1926 da imprese private di turismo in autobus per rappresentarne gli interessi a Washington, la American Bus Association oggi abbraccia l’industria degli operatori e quella del turismo. Fornendo un osservatorio privilegiato per capire tendenze, stato di salute e sviluppi non solo del business dell’autobus ma anche del turismo e della mobilità nel contesto statunitense. Abbiamo avuto modo di intervistare il presidente Peter Pantuso a margine del Busworld North America tenutosi a Detroit a inizio febbraio

Come è strutturata l’industria privata degli autobus negli Stati Uniti?

«Negli Stati Uniti, l’industria degli autobus privati si divide in tre settori: lunga percorrenza (o city-to-city), servizi ‘commuter’ (gli shuttle aziendali che trasportano dipendenti verso gli uffici, n.d.r.), infine la branca noleggio e tour. Il segmento del noleggio e dei tour è il più grande, con circa 1.600-1.700 aziende coinvolte su un totale di circa 1.800 imprese private di autobus negli Stati Uniti. Ci sono anche alcune compagnie che forniscono servizi di autobus scolastici. Ma la maggior parte degli operatori privati si focalizza sul noleggio».

Qual è il fatturato dell’industria degli autobus privati negli Stati Uniti?

«Prima del 2020 valeva circa 15 miliardi di dollari. Tuttavia, a causa della pandemia, il fatturato è diminuito. Vedremo un aumento della domanda di viaggi, ma penso che ci saranno anche alcuni cambiamenti a lungo termine nei comportamenti. Le persone saranno più consapevoli dei livelli di sicurezza quando viaggiano. Cercheranno aziende che abbiano adottato misure per mantenere i passeggeri al sicuro quando sono a bordo».

E riguardo al tipo di viaggi?

«Abbiamo già visto un aumento della domanda per attività ed esperienze all’aperto e penso che questa tendenza continuerà. Infine, credo che vedremo una maggiore enfasi sulla sostenibilità e il turismo responsabile. Le persone cercheranno aziende impegnate nella riduzione delle emissioni e nel supporto alle comunità locali e penso che questo sarà un grande stimolo negli anni a venire».

Può mostrarci alcuni dati su come la pandemia ha inciso sul settore? 

«Alcuni segmenti, come il trasporto a lunga percorrenza, sono al 70-80 per cento rispetto al 2019, mentre gli autobus per pendolari sono al di sotto del 50 a causa della mancanza di ritorno al tempo pieno in ufficio. C’è stata una perdita del 40 per cento delle aziende: da oltre 3.000 a 1.800. Il supporto governativo non è stato sufficiente a coprire le perdite per tante piccole imprese, specialmente se avevano prestiti, leasing o affitti da pagare».

Ci sono stati alcuni cambiamenti nel modello di business delle aziende?

«Sì, molte hanno deciso di espandersi in altre attività di trasporto o di lavorare in appalto, per esempio con università o squadre sportive. C’è stata una spinta verso la comunicazione e la digitalizzazione delle attività».

Ma la domanda ora è in ripresa, giusto?

«Sì, le aziende si aspettavano che il business riprendesse, ma non è andato come previsto. In realtà è decollato, e non erano pronte per gestirlo. Molte di loro non avevano il personale, la tecnologia, i conducenti, lo staff per gestire le prenotazioni… prevedevano di reintegrare l’organico un passo
alla volta…
».

Ha menzionato la carenza di autisti, che è effettivamente un problema globale…

«La carenza di autisti è un problema importante. Nel segmento degli autobus turistici ci sono attualmente 28.000 autisti, ma ne servono altri 7.300. Anche il settore truck negli Stati Uniti sta affrontando una carenza di 50-60.000 autisti. Tanti driver sono andati in pensione o hanno cambiato impiego o settore, e attirarli di nuovo è difficile».

Negli Stati Uniti, del resto, i dati parlano di una situazione di piena occupazione. Cosa possono fare i datori di lavoro in un contesto simile?

«Dobbiamo tentare approcci diversi per attrarre personale. Ad esempio, ho parlato di recente con un’azienda del Tennessee che, invece di pubblicizzare carriere a lungo termine e buoni stipendi, ha smesso di usare del tutto le parole ‘autista’ e ‘carriera’. La prima ha assunto una connotazione per molti negativa, la seconda implica l’idea di un rapporto duraturo, e oggi le persone tendono a volere flessibilità. Ora puntano ad attrarre ‘partner’ che lavorino con loro per raggiungere comuni obiettivi». 

Sembra lana caprina, ma di certo è segno di un netto cambio di approccio…

«Alcune aziende nel settore del turismo e dei viaggi pubblicizzano l’opportunità di lavoro senza menzionare la componente ‘guida’ fino a quando non hanno l’attenzione della persona. Hanno capito che alcune persone sono intimidite dall’idea di guidare un autobus, ma potrebbero essere attratte dall’idea di viaggiare e far parte dell’industria del turismo. Una volta che li hanno incuriositi, li avviano verso un percorso di formazione per diventare conducenti, mostrandogli che non è una mansione della quale avere timore».

Uno degli ostacoli per diventare autista di autobus in Europa è il costo della patente e dell’abilitazione alla guida.

«Negli Stati Uniti, la maggior parte delle imprese di autobus è felice di formare e certificare i conducenti. Tuttavia, ci possono essere ritardi nel processo a causa di arretrati a livello statale, e nessuno vuole aspettare mesi per ottenere la patente e iniziare a lavorare. Chi ha bisogno di un lavoro oggi non può aspettare
tre mesi
».

Qual è il principale concorrente dell’industria dell’autobus negli Stati Uniti?

«Il nostro competitor negli Stati Uniti è principalmente l’automobile, piuttosto che il treno o l’aereo. Il punto di forza del settore bus è il viaggio di 200 miglia e 4-5 ore. C’è chi non vuole guidare così tanto, ma è anche una distanza troppo breve per un volo. Alcune compagnie aeree stanno iniziando a servire le distanze più brevi con autobus. American Airlines e United Airlines hanno stretto una partnership con un’azienda chiamata Landline, che fornisce un servizio di autobus per le tratte più brevi».

Qual è il vostro cliente tipo?

«Dipende. Principalmente trasportiamo studenti in primavera, con molti viaggi programmati alla fine dell’anno scolastico. In autunno, invece, si registrano molti viaggi per senior, principalmente inseriti in pacchetti tour». 

I giovani di tutto il mondo sono meno interessati a prendere la patente. Questo trend globale sta incidendo sulla vostra clientela tipica? 

«Sì, è uno sviluppo positivo per il settore degli autobus, perché crea una domanda di viaggi city-to-city. Per un po’ abbiamo perso questa clientela con l’affermarsi della motorizzazione privata, ma ora stiamo assistendo a una rinascita dell’interesse per i viaggi in autobus tra i giovani».

La transizione energetica è un tema di attualità per la vostra organizzazione? 

«Sì, è un tema cruciale per i nostri membri, ma è incredibilmente costosa e il mercato è ancora lento. Ci sarà bisogno di fondi per sovvenzionare la transizione verso l’elettrificazione o gli autobus a idrogeno. Per ora, non è economicamente fattibile per le aziende di autobus investire in queste tecnologie, poiché non esistono infrastrutture per la ricarica o il rifornimento. Dobbiamo trovare un modo per rendere questa transizione economicamente sostenibile per il nostro settore».

di Riccardo Schiavo, dal numero di Autobus di aprile 2023

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