Industria Italiana Autobus va verso un aumento di capitale che immetta liquidità nell’azienda, con l’obiettivo di far fronte al ricco portafoglio di ordini e all’ancor più consistente pacchetto di opportunità che offre la riconversione ecologica degli autobus offerta dal Pnrr.

Un passo importante, secondo i sindacati che nei giorni scorsi avevano scioperato, ma che, a loro avviso, da solo non risolve la situazione. L’azienda è partecipata da Invitalia, Leonardo e dalla turca Karsan e produce autobus negli stabilimenti di Bologna e Flumeri (Avellino).

Nelle ultime settimane si era trovata di fronte a quello che Vincenzo Colla, assessore regionale allo sviluppo economico dell’Emilia-Romagna e sindacalista di lunghissimo corso, aveva definito «un paradosso: un’azienda che ha tanti ordini di bus ma deve attendere la lentezza delle decisioni degli azionisti per permettere la produzione industriale. Non possiamo permetterci, dopo il salvataggio degli anni scorsi, di ripiombare in un girone dantesco».

Ricapitalizzazione, piani di Industria Italiana Autobus

IIA ha, infatti, un portafoglio di ordini di 700 bus, senza contare che con il Pnrr, in Italia, devono andare a bando circa 3.500 bus meno inquinanti da parte delle aziende di trasporto pubblico delle varie città.

Il 24 febbraio è fissata un’assemblea dei soci che potrebbe offrire una prima riposta: un aumento di capitale, al quale gli azionisti hanno dato il nulla osta e che sarebbe sottoscritto da tutti senza così alterare le quote.

«Gli azionisti – ha detto all’ANSA Antonio Liguori, presidente e AD di IIA– stanno definendo, d’intesa con il Ministero, le soluzioni più opportune. Grazie anche alle possibilità del Pnrr c’è una grande richiesta di autobus, anche per sostenere la transizione ecologica. Si sta cercando la soluzione ottimale perché questo avvenga per un’azienda che produce in Italia e che è in grado di realizzare tutta la gamma degli autobus, dagli otto ai 18 metri».

IIA, sindacati scettici

I sindacati hanno accolto positivamente la novità, ma mettono in guardia sul fatto che l’aumento di capitale possa non essere sufficiente. «È urgente – dicono le categorie metalmeccaniche di Cgil, Cisl, Uil e Ugl – che si apra un confronto sugli investimenti, sugli assetti societari e sull’organizzazione della produzione, per un reale rilancio dell’azienda. Le lavoratrici e i lavoratori hanno il diritto di vedere garantito il progetto industriale a partecipazione pubblica sul quale hanno investito con il lavoro, gli scioperi e il salario. Il tempo a disposizione è ormai scaduto e la mancanza di soluzioni rischia di far perdere le commesse e di mettere a repentaglio la tenuta industriale e l’occupazione. Se il ministero delle imprese e del Made in Italy continuerà a mostrarsi indifferente continueremo con le mobilitazioni per mettere il governo di fronte alle sue responsabilità»

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