Oggi si sarebbe dovuto conoscere il destino di Industria Italiana Autobus e dei 77 lavoratori della sede di Bologna coinvolti dal trasferimento collettivo dal cuore dell’Emilia-Romagna a Flumeri, Valle Ufita, Campania, dove sorge l’altro (e forse ormai unico) stabilimento di IIA, peraltro una delle più grandi fabbriche dell’autobus in Europa.

Ci sono sempre tanti-troppi forse in questa vicenda. Il capitolo odierno dell’Odissea è, come vi avevano raccontato negli scorsi giorni, il tavolo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy di Adolfo Urso. Un faccia a faccia (rivelatosi non risolutivo, sai che novità…) convocato dal MIMIT stesso in seguito all’annuncio dell’intenzione – poi smentito – del 2 agosto con il quale la nuova proprietà di Industria Italiana Autobus (Seri Industrial, della famiglia Civitillo) annunciava la chiusura del plant di Bologna. L’annuncio è stato anche smentito, l’intenzione – secondo i sindacati – no, visto che hanno denunciato il fatto che fosse in corso un trasloco di materiali e macchinari sulla linea Bologna-Flumeri.

Il futuro di Industria Italiana Autobus

In queste ore, da questa mattina all’alba, si è tenuto sotto la sede del Dicastero la protesta di sindacati e lavoratori (arrivati da Bologna in massa con due pullman). Dentro, a porte chiuse, l’incontro interlocutorio. L’ennesimo.

Nel tardo pomeriggio le porte si sono aperte e ne sono usciti i protagonisti delle rispettive parti. Fatti pochi, parole tante. La procedura di trasferimento della produzione da Bologna a Flumeri è stata sospesa, mentre sarà aperta una nuova (ennesima) fase di confronto sul piano industriale. Piano industriale che era già stato presentato nei mesi scorsi, ma che continua a essere oggetto di revisioni. Inoltre, come vi avevamo raccontato già a inizio giugno (per la prima volta), il colosso cinese Ccig (China City Industrial Group) dovrebbe entrare con una partecipazione del 25%, che permetterebbe la continuazione dell’esperienza bolognese e anche l’assunzione di circa 60 lavoratori.

Innanzi all’ingresso di un partner industriale cinese nel capitale sociale dello storico costruttore italiano di autobus, player di uno degli asset fondamentali del sistema Paese Italia, il titolare del Mimit, Adolfo Urso, dichiara: «Siamo finalmente sulla strada giusta, dopo anni di disastro industriale, in cui sono stati bruciati oltre trecento milioni di risorse pubbliche. Il nuovo piano industriale può segnare la rinascita del bus italiano anche con il supporto tecnologico di un grande player internazionale. Mi auguro che ciascuno faccia la sua parte».

“Finalmente sulla strada giusta” e “può segnare la rinascita” sono frasi già sentite e risentite. Ma, ad oggi, la verità è un’altra: IIA a Bologna anni fa aveva 700 dipendenti, oggi sono poco più di 100. E oggi la produzione procede a rilento. Certo, IIA deve tornare a essere competitiva sul mercato italiano e continentale e necessita di profonda ristrutturazione. Su questo non ci sono dubbi. Registriamo solo la continua confusione che regna sull’asse Bologna-Roma-Flumeri.

Prossimo appuntamento il 16 settembre, con un nuovo tavolo. Ci saranno sedie anche per i vertici di Ccig? Staremo a vedere.

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