La produzione è tornata in Italia, l’orizzonte sono la transizione energetica e gli investimenti per nuovi prodotti. Il gas? La migliore soluzione nel breve e lungo periodo. A dirlo è Giovanni De Filippis, amministratore delegato di Industria Italiana Autobus (IIA), che ai microfoni di Autobusweb tratteggia il presente e il futuro della sua azienda.

Quali sono attualmente i volumi produttivi dei due stabilimenti di Industria Italiana Autobus?

«I volumi produttivi di Industria Italiana Autobus dell’anno in corso sono in linea con quelli del 2019. La differenza sostanziale è che nel 2020 produrremo più di 300 autobus sul suolo italiano a fronte dei 57 esemplari realizzati nel 2019 entro i nostri confini. Un totale suddiviso, grosso modo, in una settantina di bus a realizzati a Bologna e la restante parte a Flumeri. I due stabilimenti oggi producono circa 40 autobus al mese, valori che in Italia non si vedevano da almeno 10 anni. Ma lasciatemi fare un’altra considerazione…

Prego…

«Tutto questo, ovviamente, ha consentito di far rientrare al lavoro i 300 dipendenti che erano in cassa integrazione. A questi si aggiungono più un centinaio di altre persone che sono state assunte. Ovviamente la scelta di riportare la produzione in Italia si è riverberata positivamente anche sul mondo dei fornitori della filiera italiana, in questo caso la crescita sul piano occupazionale è ancora più importante».

Il Covid come ha cambiato la vostra organizzazione aziendale-produttiva?

«La pandemia ha impattato su diverse aree dell’azienda. La nostra risposta comunque è stata pronta e puntuale: la tutela la salute dei nostri dipendenti è di primaria importanza. Negli uffici e nell’amministrazione abbiamo puntato sull’informatizzazione spinta e, in tempi rapidissimi, ci siamo dotati degli strumenti per avviare lo smartworking. Nelle fabbriche, invece, abbiamo fatto nostri tutti i protocolli più restrittive in maniera tale da poter far lavorare le persone nella massima sicurezza. Ci siamo spesi al massimo, con ottimi risultati, anche sul lato dell’assistenza al cliente che non si è mai interrotta».

La transizione energetica impone scelte industriali precise. Quella di IIA sembra puntare sulle motorizzazioni a gas…

«Il gas al momento è sicuramente il combustibile più economico e garantisce ottime prestazioni ambientali. Fra l’altro il gas si presta ad essere utilizzato non solo come combustibile fossile ma ora anche come biometano, una soluzione che garantisce una neutralità dal punto di vista delle emissioni. Per tutte queste ragioni noi riteniamo che le motorizzazioni a gas non solo avranno, e hanno, il compito di accompagnare la transizione energetica, ma saranno una soluzione valida per tempi molto lunghi».

Quali sono, dalla vostra prospettiva, i plus di un autobus a gas rispetto a quello elettrico?

«Dal punto di vista ambientale è tutto da dimostrare che i veicoli elettrici siano ambientalmente più compatibili rispetto a quelli a metano. Se si considera tutta la filiera dalla produzione dell’energia elettrica, il costo di un mezzo full electric, le autonomie ridotte, lo spinoso tema dello smaltimento delle batterie esauste possiamo dire che oggi il bilancio è ancora a favore del metano. Evidentemente le tecnologie dell’elettrico stanno andando avanti in maniera molto rapida, di questo bisognerà tenerne conto in futuro».

La sua azienda oggi propone autobus a trazione diesel, Cng e Lng. State pensando a completare la gamma con altre tipologie di trazione?

«Sì, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti rappresentano per noi un obiettivo societario. Come ho detto in precedenza l’elettrico nei prossimi anni diventerà estremamente interessante per i centri abitati ed è per questo che stiamo lavorando per presentare già l’anno prossimo il nostro primo veicolo elettrico»

Industria Italiana Autobus

L’intenzione, nel futuro, è quella di proporre i vostri prodotti anche oltreconfine?

«Già oggi veicoli con marchio Menarinibus sono venduti al di fuori delle frontiere italiane soprattutto grazie al nostro partner Karsan che ha appena vinto una gara importante in Turchia. Ovviamente non ci accontentiamo solo di questo, riteniamo che sia uno dei target espanderci in tutta l’Europa già a partire dal 2021».

Negli ultimi mesi sono state aggiudicate gare pubbliche eventi come oggetto l’acquisto di autobus mild hybrid. Qual è il vostro giudizio su questa tipologia di bus?

«L’ibrido oggi è utilizzato come una sigla omnicomprensiva laddove si parli di mild o full hybrid, cioè prodotti che sono profondamente diversi fra di loro. La nostra valutazione sul ‘mild’ è che sia un diesel ‘migliorato’ dove però i miglioramenti sono marginali in termini di consumi, di emissioni e di performance. Voglio ricordare che stiamo parlando di veicoli venduti normalmente a un prezzo estremamente alto e che proprio per la marginalità del miglioramento in termini di emissioni non sono da considerare come una categoria a parte. Mi lasci dire un’ultima cosa. Normalmente i costruttori fanno le loro politiche anche sulla base di quelle che sono le regole e i regolamenti. Bene, se si analizza la documentazione sul tema della finanziabilità vergata dai vari soggetti preposti, non ultimo il Ministero dei Trasporti, si evince che non si è mai parlato di tecnologia mild e questo effettivamente risulta spiazzante per chi partecipa alle gare».

Chiudiamo con due considerazioni, una di sistema e una di prospettiva.

La prima: i fondi destinati alla transizione energetica seguono una direttrice a supporto alle aziende che producono sul suolo italiano? Oppure la pianificazione e le politiche industriali di un Paese sovrano non trovano spazio all’interno del quadro europeo…

«Ovviamente è un tema molto delicato e anche molto dibattuto. Pur nell’ambito delle varie regole e norme europee, per esempio, in Francia e in Germania il mercato dell’autobus è coperto per la quasi totalità da manufatti realizzato entro confine. Questo significa che, pur nel rispetto di tutte quelle che sono le regole europee, ci possono essere degli indirizzi che consentono lo sviluppo di una filiera nazionale e che tenga conto di una coesione sociale. Ecco, nel caso dell’Italia è evidente che l’entità delle risorse che sono state messe in campo è sicuramente adeguato all’obiettivo che ci si è prefisso. Dal nostro punto di vista, mi sia consentito, sorgono dei dubbi in funzione ad alcune gare che sono state pubblicate…»

Cosa significa?

«Quando vedo delle gare aggiudicate a veicoli con tecnologie ancora non completamente affermate, mi riferisco per esempio a gare su bus elettrici, mi vien da dire che sono state scelte che sicuramente puntano a un miglioramento immediato dal punto di vista dell’ambiente ma molto meno da un punto di vista della sostenibilità perché in alcuni casi si paga un prezzo molto caro ad aziende straniere. Per che cosa? Per prodotti che rapidamente diventeranno obsoleti, quindi una riflessione su questo punto è sicuramente auspicabile».

La seconda. L’elettrificazione dei sistemi di trasporto investirà anche l’approccio e la modalità di approvvigionamento dell’aziende di trasporto. Si sta facendo strada, con grande fatica, lo strumento del project financing, giustificato dall’esigenza di realizzare una serie di infrastrutture per la ricarica dei mezzi. Se così fosse l’autobus diventerebbe una commodity?

«Lei sta citando un tema estremamente affascinante. Le voglio fare un esempio però. In molti sostenevano che nel mondo dell’automobile la centralità tecnologica avrebbe spostato la produzione nelle mani dei giganti del web, questo non è accaduto. Certamente nel settore dell’autobus il tema della transizione richiederà grandi risorse finanziarie. Questo attrarrà nuovi attori del sistema finanziario che penso si concentreranno sul tema infrastrutturale, siano queste afferenti al gas, all’elettrico o all’idrogeno. Centrale sarà anche il tema della comunicazione, quindi del 5G e tutto quello che riguarda la gestione dei dati. Sul versante dell’industria dell’autobus potranno esserci alleanze per affinità o per fare sistema. Se l’autobus possa diventare una commodity lo vedremo: io nutro qualche dubbio».

Come sono i rapporti con il partner turco?

«I rapporti di Industria Italiana Autobus con il partner turco sono buoni. Karsan ha svolto con estrema correttezza la sua parte di socio garantendo ad IIA un importante supporto finanziario. Da un punto di vista produttivo evidentemente risulta una risorsa anche se la maggior parte delle produzioni oggi si sono spostate in Italia. Da un punto di vista commerciale, come ho detto, stiamo lavorando assieme sui mercati internazionali».

 

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