di Gianluca Celentano, conducente bus

Alla luce degli avvenimenti di cronaca – l’incidente in Italia e quello in Germania – che vedono coinvolti anche i torpedoni, non si può fare a meno di occuparci con la maggiore obiettività possibile della non facile vita degli autisti delle autolinee a lunga percorrenza.

Chiariamo subito alcuni punti fondamentali prima addentrarci nell’indagine: grazie all’introduzione del cronotachigrafo digitale, la qualità del lavoro e del riposo dei conducenti è più controllata, almeno rispetto all’obsoleto utilizzo dei dischi cartacei ancora circolanti. Inoltre, sono diverse le società di autolinee, seppur il franchising tedesco Flixbus. risulti il più capillare in Italia e nel mondo.

La video-inchiesta di Gianluca Celentano

Quindi occorre essere onesti sulle cause, non escludendo un malore, una distrazione a bordo, un guasto, piuttosto che una manovra azzardata di un automobilista. Forse, però, c’è qualcos’altro da portare alla luce…

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Sulla strada le cose cambiano

Sul solito piazzale incontro Michele (nome di fantasia) che ha molto da raccontare. Lui è un esperto del Gran Turismo ma conosce bene anche le linee a lunga percorrenza; ha le idee molto chiare sulla causa degli incidenti che possono capitare a un autobus; mi confida: «Guarda Gianluca, su una linea di 950 chilometri in subappalto ,oltre ai fattori umani e all’esperienza, è il vettore che fa la differenza. Oggi servirebbe spezzare una linea lunga a 650 chilometri, che, con le pause, è percorribile da soli volendo. Anche se sei in compresenza, con quelle percorrenze servirebbe un terzo autista, ma costa. Qualcuno lo fa ma non è la regola. Poi c’è da fare una distinzione fra linea “di proprietà” e linea in affido. Quelle di proprietà investono molto di più sulla qualità. Come saprai i bus di oggi non hanno più la cuccetta, il collega in compresenza è seduto a fianco a te e non riposa molto, semmai ti tiene vigile. Sono dell’idea che la notte sia fatta per dormire e dalle due alle quattro del mattino è il momento più faticoso. Considera che il giorno dopo devi rifare la strada per tornare indietro, questo non lo dicono mai. Se lo fai ogni tanto non è un problema, se capita sempre lo è».

Comprendo dalle sue parole che c’è una grande attenzione a non “sporcare la scheda” (cioè far registrare anomalie nei tempi), cosa che già di per sé genera gratuita tensione al conducente, a volte anche quando ti mancano pochi chilometri per rientrare in rimessa. Quando va male sei costretto ad aspettare più di un’ora il secondo autista per la “spinta finale” anche se sei fisicamente perfetto. Una condizione che influisce sul riposo reale del conducente, il quale dovrà rientrare in sede, pulire il bus, far gasolio e poi tornare a casa e forse riuscire a dormire. Insomma particolari completamente sconosciuti ai non addetti ai lavori, che rendono sicuramente indispensabili le teoriche 9 o le 11 ore di riposo!

Sotto questo aspetto il tachigrafo digitale è un utile strumento inanimato, progettato per applicare una norma stabilita con criteri cronologici spesso lontani dalla realtà della professione. La stessa compresenza nella guida notturna genera un po’ di confusione. Con la scheda nello slot 2 alcuni vettori fra cui Flixbus, secondo le indiscrezioni, non consentono di occupare i più comodi posti messi in vendita e, stando davanti, non si riposa come vorresti. In realtà con la compresenza si potrebbe anche riposare, ma non sembra esserci molta chiarezza.

Le cause

Non ho elementi scientifici per stabilire come decresca la curva dell’attenzione con il passare delle ore, ma posso confermare che lo stress soggettivo legato anche al traffico e alla sopportazione delle troppe esigenze dei passeggeri non sono certo d’aiuto. L’attenzione è quell’importante particolare della professione che trova sulla strada almeno due ostacoli: la monotonia e la stanchezza.

Per la monotonia (come nel tpl) il rimedio è la diversificazione dei servizi, mentre per lo stress il problema da risolvere è l’educazione sulle strade e la formazione dei viaggiatori, ma ci vorrebbe anche il mea culpa di qualche società.

Quindi a influire sullo stato fisico del conducente è il sovrapporsi dei servizi giornalieri, magari prima di un viaggio importante. Abbiamo visto con gli articoli precedenti che il lavoro non termina parcheggiando il bus in rimessa. Si va casa solo dopo alcune operazioni. Quindi chi svolge linee a lunga percorrenza non è detto che non abbia svolto una decina di ore prima un servizio che assolva all’obbligo della scheda. Un motivo in più per considerare il cronotachigrafo un punto a favore per autista e sicurezza.

Sulla tipologia di lavoro di Flixbus sono decine le testimonianze, ma occorre cautela essendo condizioni condivise dai vettori in un periodo non roseo per la carenza di conducenti.

Gli autisti sono concordi nell’affermare che il guadagno del vettore si attesti circa al solo 20% dei biglietti venduti, una cifra un po’ bassa per investirla sul personale e che deve coprire tutte le spese del vettore. Va meglio per coloro che dispongono di più linee, magari da Milano a Roma o da Roma a Venezia. C’è da domandarsi e capire, visto che sotto i riflettori finisce questa inconfondibile e vistosa livrea, se Flixbus possa in qualche misura intervenire sul controllo dei turni giornalieri e settimanali degli autisti impiegati alternativamente e sulla loro soddisfazione economica.  Una cosa è certa, come riporta Michele: «Qui non è solo una questione di soldi ma serve ristabilire le regole per una maggiore sicurezza».

Lealtà chiarezza o sindacalizzazione

Da ricordare come le grandi società di autolinee tutelino molto l’operatività del personale, il quale come un pilota di linea aerea, si presenta al lavoro svolgendo solo il turno programmato senza occuparsi di nient’altro. Per chi vuole avvicinarsi a questa professione verrebbe da consigliare di approdare soprattutto nei grandi gruppi. Oggi è la stretta di mano a concordare un rapporto di lavoro su misura, ma a volte si accumulano problemi apparentemente minori (ticket pasti, trasferte, mancati riposi…) che sommandosi generano altro stress al personale. Nelle piccole società non esiste la sindacalizzazione o quantomeno un collega autista che possa dedicare tempo e competenza ai problemi. Può così capitare che questo delicato ruolo sia ricoperto da una figura vicina all’azienda e non ai conducenti. Quindi, oltre ai problemi canonici del comparto e tenendo conto della scarsa motivazione dei giovani, ci sarebbe da augurarsi per il futuro grandi holding di gestione con regole concordate e controllate con le organizzazioni sindacali.

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