La relazione del Cnel (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) sui servizi della Pubblica Amministrazione in Italia fotografa le difficoltà del trasporto pubblico locale. Alle nostre coordinate geografiche, infatti, solo 74 persone su 1000 utilizzano un mezzo pubblico per gli spostamenti quotidiani, una percentuale – il 7,4% – inferiore rispetto alla media europea.

La modalità di trasporto preferita di noi italiani è ancora l’automobile, che copre il 66,3% degli spostamenti nei giorni feriali; il 18% a piedi, il 4,1% in bicicletta o similari e il 4,1% in moto/motorino.

L’Italia può contare su poco più del 40% della dotazione di metropolitane rispetto alla media dei principali Paesi europei, sul 53,7% della dotazione di reti tranviarie e sul 56% di quelle ferroviarie suburbaneNel settore del trasporto pubblico locale vi sono in Italia 11,3 addetti ogni 10 mila abitanti, una percentuale molto lontana da quella della Germania (25,8), del Regno Unito (21,7) e della media dell’Europa dei 27 (16,4).

Come cambia l’utilizzo del tpl in Italia

Marcate le differenze territoriali. In riferimento alla mobilità urbana, nelle regioni del Nord-Ovest il peso del trasporto pubblico si attesta al 10,3%, più del doppio rispetto alle regioni meridionali ove si ferma al 4,3%. Divario anche tra aree urbane e piccoli centri: il peso del trasporto pubblico nelle grandi aree urbane (oltre 250mila abitanti) raggiunge il 14,7%, contro il 4-5% dei centri più piccoli (meno di 50mila) e il 6% dei centri di media e medio-grande dimensione (fino a 250mila). Considerando che nelle grandi aree urbane vive solo il 15% degli italiani, la mobilità collettiva è particolarmente contenuta in porzioni molto ampie della popolazione. In definitiva, nel nostro Paese non si disinnesca il circolo vizioso di una mobilità collettiva destinata prevalentemente a chi non ha alternative e che rappresenta quindi per le politiche pubbliche un “bene inferiore” e non un “bene meritorio”.

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