Ci sono industrie (acciaio e fonderie, chimica, ceramica, carta e vetro) e trasporti pesanti che non hanno alternative concrete all’idrogeno per decarbonizzarsi e che dovranno sostenere pesanti investimenti di transizione per affrontare sfide economiche e tecnologiche. È quanto emerge dall'”Hydrogen Innovation Report 2022″ redatto dall’Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.

Serviranno altri 70 Gw di rinnovabili e 15 Gw di elettrolizzatori, ma il piano italiano al momento è fermo a soli 5 Gw di elettrolizzatori al 2030.
Oggi la domanda complessiva di idrogeno in Europa si attesta sulle 8,4 milioni di tonnellate annue: il settore della raffinazione è il principale utilizzatore con il 49% del totale, seguito dalla produzione di ammoniaca (31%) e di metanolo (5%). La produzione annua europea, invece, si aggira attorno alle 10,5 milioni di tonnellate e deriva prevalentemente da impianti di reforming da gas naturale (Smr) posti nei principali siti di consumo, come le raffinerie e gli impianti di produzione di ammoniaca.

L’Italia è il quinto Paese europeo per consumo di idrogeno, con circa 0,6 milioni di tonnellate: più del 70% della domanda viene dalla raffinazione, circa il 14% dal settore dell’ammoniaca e il resto dalla rimanente industria chimica. Dal punto di vista tecnologico, per questi comparti non esistono particolari vincoli al passaggio all’idrogeno blu o verde.

Idrogeno, la ricerca del Poli

Nella ricerca dell’ateneo meneghino sono stati analizzati alcuni settori industriali hard-to-abate (“difficili da abbattere”) che potrebbero adottare l’idrogeno verde come vettore energetico al posto del gas naturale per soddisfare i consumi termici, qualora l’elettrificazione diretta risultasse difficilmente percorribile.

Per tutte le tecnologie prese in considerazione – cogeneratori a motore alternativo, cogeneratori a turbina, forni e caldaie – l’attuale parco installato risulta già in grado di sopportare una quota di idrogeno in miscela fino al 20%, ma solamente le caldaie sono pronte per essere alimentate al 100% con idrogeno, i cogeneratori ancora no. In più, un taglio significativo delle emissioni di Co2 si raggiunge solo nel caso di completa sostituzione del gas naturale, con una conseguente domanda di idrogeno verde nell’ordine delle centinaia di migliaia di tonnellate all’anno.

Tuttavia, l’introduzione dell’idrogeno e di altri carburanti di sintesi prodotti a partire da esso, come ammoniaca o metanolo, è ancora a uno stato embrionale per motivi tecnologici, infrastrutturali ed economici. Dei 40 Gw di elettrolizzatori previsti dalla Commissione Europa al 2030, circa il 65% dovrebbe arrivare da Italia, Olanda, Germania, Spagna, Portogallo e soprattutto Francia, che con i suoi 6,5 Gw, sarà la capofila per la produzione di idrogeno da elettrolisi sfruttando il basso tasso emissivo della propria rete elettrica. Tutti i Paesi hanno già definito gli investimenti da realizzare entro il 2030 per favorire lo sviluppo della filiera dell’idrogeno. 

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