Foto LaPresse 01-10-2013 Roma Cronaca Sciopero dei trasporti TPL

Anav, Asstra e Isfort chiedono maggiore attenzione ai Piani urbani per la mobilità sostenibile. Lo strumento di pianificazione del trasporto urbano è stato al centro di un convegno tenutosi ieri ad Ibe. Lo studio condotto dalle associazioni di categoria non lascia scampo: nonostante l’autobus, «considerata la capienza e i coefficienti di riempimento medi» sia «il mezzo di trasporto con minori emissioni nocive per passeggero», gli investimenti si sono contratti del 42 per cento dal 2010 al 2014. Nel 2012 sono stati acquistati, tra pubblico e privato, 3.750 mezzi, nel 2014 ci si è fermati a 2.152. Conseguenza: il parco mezzi italiano è tra i più anziani d’Europa (12,2 anni contro i 7 anni di media europea). Un fatto risaputo, del resto. L’analisi delle tre sigle si è focalizzata sui Pums, «strumento “opportuno” (non obbligatorio) per le città oltre i 100mila abitanti», che in Italia «ha avuto un percorso di affermazione molto incerto». Ad averlo adottato sono appena il 35 per cento dei capoluoghi di provincia, con un picco del 50 per cento nell’area del nord-est del Paese. Tra le ipotesi al vaglio c’è l’obbligo di redazione per i comuni oltre i 100mila abitanti, con aggiornamento ogni 5 anni. Tre gli obiettivi: ridurre le esigenze di spostamento riorganizzando gli spazi cittadini, attuare un riequilibrio modale degli spostamenti (riducendo la quota di viaggi in auto), migliorare le prestazioni e l’efficienza del tpl. Le organizzazioni di categoria hanno analizzato un campione di 12 strumenti di pianificazione recenti (Pums e altri), rilevando che tutti annoverano «l’assunzione del tema della sostenibilità come elemento cardine». Tante, comunque, le difformità. In ogni caso, tutti i piani ascrivono al tpl un ruolo rilevante, una considerazione che si riflette negli investimenti sul trasporto pubblico, «che risultano spesso superiori al 70 per cento di quelli complessivi di piano». L’aspetto della realizzazione di infrastrutture risulta ancora preponderante, ma «sembra diffondersi la consapevolezza, nei piani più recenti, che interventi “soft” possano produrre risultati significativi a fronte di un investimento più contenuto». Purtroppo «l’orientamento a sfruttare le nuove tecnologie appare ancora piuttosto contenuto».

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