Holger Dürrfeld, AD Evobus Italia
Ingegnere tedesco. Due parole che messe insieme mettono quasi paura. Timore che invece si scioglie come la neve al sole grazie a un sorriso non di circostanza, una calda stretta di mano, un’invidiabile padronanza della lingua italiana e una predisposizione per i rapporti umani. Holger Dürrfeld, amministratore delegato di Evobus Italia, non ha voglia di […]
Ingegnere tedesco. Due parole che messe insieme mettono quasi paura. Timore che invece si scioglie come la neve al sole grazie a un sorriso non di circostanza, una calda stretta di mano, un’invidiabile padronanza della lingua italiana e una predisposizione per i rapporti umani. Holger Dürrfeld, amministratore delegato di Evobus Italia, non ha voglia di parlare di massimi sistemi e di strategie globali. Il suo focus è l’Italia. Quel Paese che gli è stato affidato e dove combatte, tutti i giorni, contro una crisi che non sembra mollare anche se lui dice che «ormai è ineludibile un rinnovo del parco circolante anche se sarebbe necessario un cambio radicale nella modalità delle gare pubbliche». In effetti è uno dei nodi irrisolti per l’Italia ma che sembra facilmente risolvibile se la ricetta viene detta con questo naturale, quasi candido, pragmatismo teutonico.
Holger Dürrfeld, l’organigramma di Evobus Italia è cambiato dal primo gennaio di quest’anno. In che modo?
«È stato un cambio di metodo, non di merito. Oggi in Italia ci sono due responsabili: Riccardo Cornetto per la parte ‘noleggio’ e Michele Maldini per il segmento dei finanziati. Ci sono poi delle figure intermedie che sono i responsabili di zona e poi gli agenti che restano monomarca, come prima. Insomma, è stata una scelta aziendale dettata dal mercato. Così la squadra è più dinamica e sono convinto, perché lo sto già verificando, più veloce ad approntare le scelte che detta il mercato».
Infatti, e il mercato?
«Guardi, il 2014 in Italia si è chiuso intorno alle 1.500 unità. Una caduta che vede però una luce. Delle 1.500 unità, 560 circa sono riferibili al segmento Classe III, cioè il 20 per cento in più rispetto al 2013 il che significa che l’Euro VI non è stato un freno ma uno stimolo. Questo non può che farci piacere: noi siamo stati i primi ad offrire l’Euro VI, e il mercato ci ha premiati».
Eppure l’Euro VI ha portato un aumento dei prezzi di listino.
«Il nostro cliente è cambiato, è più maturo: in altre parole oggi l’azienda di trasporto è un’azienda che ha una visione moderna. Certo il prezzo di listino è la base di una contrattazione. Ma oggi le aziende private guardano più in là. E noi abbiamo le risposte giuste. I nostri motori Euro VI, per esempio, consumano l’8,5 per cento in meno rispetto a quelli della generazione precedente. Una percentuale importante che può incidere in modo positivo sui bilanci aziendali. Ecco perché il prezzo di listino è importante ma non sostanziale».
Tutta diversa la storia per il segmento dei finanziati.
«L’Italia deve cambiare la dinamica delle gare, lotti troppo grossi chiudono il mercato e senza una pianificazione degli investimenti la logica della migliore offerta economica nuoce al sistema. Ma non solo. Le gare d’appalto non possono funzionare così come sono. Il modello tedesco, per esempio, oggi riesce a dare delle risposte concrete. In Germania non si parla più del mero trasferimento di un bene, cioè l’autobus, ma di un servizio. La logica dei finanziamenti legati al solo acquisto di autobus non ha più senso di esistere. È necessario fare un salto. Lo Stato deve intervenire solo sul differenziale tra costi di gestione generale e ricavi da traffico. L’azienda di trasporto deve fare l’impresa, pianificare e investire. Consideri che in Germania non esiste quasi più la pratica di finanziamento per l’acquisto di autobus. Eppure l’età media del parco è attorno ai sei anni…».
Forse il problema è proprio questo: in Italia manca la visione.
«Non mi sento di generalizzare, ci sono anche in Italia delle ottime realtà. Penso però che quando mancano le risorse sia necessario giocare la partita in modo diverso. Noi come Evobus pensiamo, per esempio, che il Brt (Bus rapid transit) sia la soluzione migliore in termini di investimenti e di risultati. E gli esempi in Francia ci danno ragione. Eppure in Italia, a parte qualche rarissimo caso (Bolzano n.d.r), è un’idea che non riesce ad attecchire. La metropolitana ha ancora un fascino che sotto il profilo degli investimenti e dei tempi di realizzazione è oggi ingiustificato».
Senza programmi e senza risorse si va verso la privatizzazione del sistema?
«Ci sono alcuni segnali che vanno in questa direzione. Attenzione però ai livelli occupazionali e alla qualità del servizio». Chiudiamo con il ‘prodotto’. In futuro verranno cancellate alcune sovrapposizioni tra Setra e Mercedes nel segmento dei Classe III? «No, lo escludo».
C’è una gamma della concorrenza che vorrebbe avere a listino?
«Considero la nostra offerta la migliore sul mercato. Comunque, l’Iveco Crossway è una gamma che rispetto».
Roberto Sommariva