Il classico cortocircuito, un pantano sui cui si sono stratificate polemiche, colpe, omissioni e responsabilità. Quello dei filobus di Bologna, il famoso progetto Civis, è un vero e proprio caso che ora è arrivato al capolinea: e può davvero partire. Dal 2004, anno della gara famosa gara d’appalto, sono passati 11 anni, quintali di carte bollate, centinaio di inchieste giornalistiche e inchieste giudiziaria ancora in atto. Ma poi, finalmente è arrivato l’accordo che porterà oggi alla presentazione alla città di Bologna dei famosi filobus. Che non saranno più i Civis (considerati insicuri) ma i Crealis Neo, sempre della Iveco. L’accordo, capace di sbrogliare la matassa, arriva nel 2012 grazie all’allora l’amministratore delegato di Iveco, Alfredo Altavilla. Presidente Giuseppina Gualtieri, una storia a lieto fine…

«Sì, ora possiamo dirlo. Tutto è partito nel 2004 con la gare che aveva come oggetto un progetto innovativo a guida ottica. Questo progetto ha avuto delle criticità in tema di sicurezza, criticità che alla fine hanno portato a uno stallo. Nel 2012 si è cambiato passo e si è trovato un accordo con il costruttore».

Cosa contiene questo accordo?

«Il mantenimento del percorso e delle opere civili e stradali collegate e la sostituzione del vecchio mezzo, il Civis, con un nuovo filobus che ha le caratteristiche simili ma più sicuro».

Un mezzo nuovo?

«Sì, l’accordo prevede la fornitura di 49 filobus di ultima generazione denominati Iveco Crealis Neo».

L’accordo risale al 2012 oggi siamo nel 2015: tre anni di duro iter…

«Molto duro. Dopo la firma del 2012 sono passati circa 18 mesi necessari per l’istruttoria e la verifica tecnica. Alla fine del 2013 abbiamo ricevuto l’approvazione definitiva del Ministero e la conferma del finanziamento. E qui vorrei essere molto chiara. Questo è uno dei pochi progetti in Italia che nell’arco di 11 anni, cioè dal 2004 ad oggi, ha mantenuto il valore del progetto iniziale, senza nessun costo aggiuntivo. Il progetto complessivo ha e aveva un valore di 182 milioni di euro».

Un bel risultato, visto che negli ultimi 10 anni i prezzi degli autobus e dei filobus sono lievitati, e non di poco.

«È vero. Ma è vero anche che la concorrenza ha calmierato il mercato. Il prezzo del filobus è lo stesso di allora».

Quanto costa ogni filobus?

«Circa 1,2 milioni di euro. Consideri che sono mezzi con un alto tasso di personalizzazione aggiuntiva».

Entriamo nel dettaglio: come sono questi mezzi?

Sono veicoli a due casse per una lunghezza di 18.200 metri per una larghezza, che poi è quella standard, da 2.500 millimetri. Questi filobus con il terzo asse spingente presentano un motore elettrico con differenziale sull’ultimo asse. Per la movimentazione all’interno del deposito e nel caso di problemi alla linea elettrica il Crealis Neo dispone di un motore diesel Euro VI da 100 chilowatt firmato Fpt mentre l’elettronica di trazione è Skoda. Il mezzo è caratterizzato dalle quattro porte rototraslanti mentre all’interno trovano posto 145 passeggeri. Tra i plus di questi mezzi c’è la guida ottica prevista in fase di accostamento delle fermate. Questo sistema, realizzato da Siemens, prevede una telecamera anteriore a lettura digitale capaci di ‘decodificare’ le apposite strisce sull’asfalto, queste informazioni sono poi trasformate in un algoritmo che il sistema elettronico analizza che in ultima istanza trasforma in un comando al sistema sterzante.

E la sicurezza? Che, se non sbaglio, era l’incognita di questo progetto

«Il problema della versione precedente era la guida centrale. Il nuovo mezzo non ha più la guida centrale ma sul lato sinistro. Sono state fatte migliaia di verifiche. Ora il filobus è sicuro, la guida ottica, poi, è prevista solo per l’accostamento in banchina».

In dieci anni è cambiato tutto: i flussi, le modalità spostamento, l’offerta di mobilità. Come s’innesta ora questo filobus nel sistema Bologna 2015?

«Quando nacque, il Civis era un progetto innovativo, e lo è ancora. Noi in questi anni abbiamo comunque insistito sull’ innovazione con il progetto definito “servizio ferroviario metropolitano”, già approvato dal Cipe come progetto preliminare ed entrato tra i 25 progetti che il Governo ha definito ‘prioritari’. Abbiamo ridisegnato la rete bolognese e il “servizio ferroviario metropolitano” affronta e risolve i temi dell’intermodalità e del completamento della rete filoviaria della città di Bologna che alla conclusione dei lavori avrà un asse centrale di trasporto elettrico (si arriverà a 132 chilometri di filovie n.d.r) su cui si innesteranno gli altri sistemi di trasporto: metano ed ibridi. Siamo un’eccellenza, e lo saremo ancora di più in futuro».

Presidente, parlare di ‘eccellenza’ nel settore del trasporto pubblico significa assumersi delle responsabilità importanti…

«Me le assumo sino in fondo. Abbiamo chiuso l’ultimo bilancio in attivo, abbiamo un’evasione tariffaria di solo il 7 per cento e una piano di investimenti importanti. Il vero problema è che in Italia manca un sistema di regolazione del settore…».

Presidente, non nascondiamoci, il sistema del tpl italiano è al collasso. In molti vedono nella privatizzazione l’unico antidoto…

«La natura pubblica o privata è una scelta che può essere fatta solo dopo aver scritto delle regole, che ora non ci sono. È necessario decidere, per esempio, se gli investimenti vanno in tariffa e se il sistema tariffario deve continuare ad essere un compito della politica. Le aziende di trasporto hanno l’obbligo di perseguire l’equilibrio economico e creare valore per fare sviluppo. Mi creda, in Italia il problema non è la natura aziendale ma la capacità di fare impresa. In molti casi c’è stata una malgestione o si è considerata l’azienda del tpl come un pezzo di pubblica amministrazione o come propaggine del sistema politico. Non a Bologna. Abbiamo finito? Dovrei lavorare». Prego.

Roberto Sommariva

 

 

 

 

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