Giorgio Zino, presente e futuro di Iveco Bus
Post pandemia, investimenti e sguardo al domani. La transizione elettrica? Ha frenato, ma sta ripartendo. La produzione? È tornata a livelli pre Covid. Abbiamo incontrato Giorgio Zino, Business Director Italy and Greece Iveco Bus che ci ha tratteggiato il presente e il futuro del gruppo. Giorgio Zino, sono passati due anni da quando è iniziato […]
Post pandemia, investimenti e sguardo al domani. La transizione elettrica? Ha frenato, ma sta ripartendo. La produzione? È tornata a livelli pre Covid. Abbiamo incontrato Giorgio Zino, Business Director Italy and Greece Iveco Bus che ci ha tratteggiato il presente e il futuro del gruppo.
Giorgio Zino, sono passati due anni da quando è iniziato il suo percorso in Iveco Bus, eppure sembrano molti di più: la pandemia ha ridisegnato gli assetti e stravolto il settore industriale. Usciti da questo tsunami, quali sono le attuali capacità produttive degli stabilimenti Iveco Bus?
«Effettivamente ci son stati grossi cambiamenti e forse alla fine più per gli operatori che per noi costruttori. Noi nella prima fase di pandemia ci siamo organizzati dal punto di vista delle linee produttive e delle postazioni di lavoro per rispettare tutti i distanziamenti e le nuove procedure definite insieme ai sindacati per garantire la massima sicurezza dei lavoratori. Nel momento delle riaperture abbiamo riavviato la produzione e ad oggi gli stabilimenti sono agli stessi livelli di produzione rispetto al pre pandemia. Sulla gamma Daily, sia commercial vehicles sia minibus, abbiamo aggiunto un turno, da 2 a 3, e la produzione di bus urbani e interurbani è tornata ai livelli precedenti. L’unica linea che ha avuto un rallentamento importante è quella del bus turistico. Lì c’è stato il vero cambiamento».
La gamma Crossway si conferma leader europeo nel settore Classe II. Conquistato il gradino più alto è però necessario mantenerlo e difenderlo dalle incursioni della concorrenza. Quali novità ci attendono nel futuro specificamente per questa gamma?
«Come Iveco Bus siamo riconosciuti come azienda innovativa, la primogenitura del CNG sulla gamma interurbana porta la nostra firma. Ora stiamo lavorando per sviluppare ancora questa gamma e aggiungere nuove versioni sempre più sostenibili.
Poi le incursioni della concorrenza sono sempre più insistenti, quindi il vero rimedio è continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto: essere leader su consumi, prestazioni e sicurezza garantendo efficienza e affidabilità. In poche parole: mantenere le nostre caratteristiche, che sono il nostro vero punto di forza, assieme alla capillarità della nostra rete sul territorio».
Non è prevista un’evoluzione del Crossway in versione mild hybrid?
«Sì, come priorità per la gamma Crossway stiamo lavorando sia per la transizione all’elettrico e che per il lancio del mild hybrid».
Iveco Bus è tra i protagonisti della gara Consip dei Classe II. A che punto siamo? Stanno arrivando gli ordini?
«La macchina degli ordinativi è partita. Per ora abbiamo potuto attivare il lotto 4 (da 10 metri n.d.r.).
Le modalità, rispetto alla prima gara Consip, sono completamente diverse. Innanzitutto non esiste più l’obbligo da parte dell’esercente di acquistare esclusivamente attraverso la gara centralizzata e inoltre ora c’è la possibilità di rinegoziare gli aspetti non inclusi nell’offerta di base. Insomma, si tratta di una sorta di accordo quadro della durata di due anni».
Cosa sta succedendo al mercato italiano? Tanti progetti, ma gli ordini stentano ad arrivare.
«In Italia, prima dell’inizio della pandemia, c’era una forte spinta verso l’elettrico. Un salto quantico se si considera che questa politica di rinnovo doveva confrontarsi con un parco circolante vecchio di 14 anni. Ma non solo. In alcuni casi non si erano considerate le implicazioni dal punto di vista delle infrastrutture e dell’operatività dei mezzi, oltre che degli investimenti complessivi necessari. La fase progettuale sull’elettrico è stata quindi sospesa ma ora sta riprendendo, anche se molto lentamente».
Restiamo sul tema elettrici. Due importanti gare di bus sono state aggiudicate a due brand cinesi. 130 pezzi tra Genova e Torino dove il prezzo ha fatto la differenza…
«Due gare molte diverse tra loro. A Torino effettivamente il prezzo ha fatto la differenza e le offerte sono state solo due, a Genova invece la partecipazione è stata più variegata, con 8 partecipanti ma a spuntarla, come sappiamo, è stato un produttore cinese. Quando c’è una gara dove il prezzo ha un peso importante i costruttori cinesi hanno un vantaggio rispetto ai costruttori europei, questo è chiaro. Il prezzo comunque è destinato a calare per tutti perché la tecnologia si sta evolvendo».
Sull’elettrico qual è la vostra proposta attuale per il mercato?
«Noi abbiamo una proposta estremamente completa che sta dando grandi soddisfazioni. Proponiamo modelli dai 9,5 ai 18 metri sia con ricarica notturna sia con pantografo e diverse tipologie di batteria».
Il Daily è un mini che in questi anni ha riscosso un grande successo di mercato in molti ruoli: urbano, gas, interurbano, turismo e scuolabus. Sicuramente a contribuire a questo successo è stata la struttura, un unicum nel settore sul mercato europeo. Unico neo è la versione elettrica che non sembra aver riscosso il successo atteso…
«Quando noi lanciavamo la prima serie del veicolo elettrico, nel 2006, eravamo decisamente avanti rispetto ai tempi e anche rispetto alla tecnologia che poi si è sviluppata negli anni seguenti, quindi è rimasto un prodotto di nicchia. Oggi un veicolo elettrico ha prospettive diverse e il Daily sarà destinato a fare la parte del leone. Ad oggi il mercato dei minibus è ancora molto orientato al diesel e solo quest’anno stiamo vedendo per la prima volta una crescita esponenziale del gas».
Il concetto di sostenibilità ormai è diventato un mantra ma il sistema del tpl sembra agganciato a un modello costretto a buttare sempre la palla in avanti: c’è sempre qualcosa di nuovo. Ora in molti scommettono che il futuro sia l’idrogeno. Come è possibile pianificare investimenti in una situazione in cui i volumi sono ridotti?
«Ogni costruttore, alla luce di orientamenti politici dell’UE, o globali, o dei clienti con cui si interfaccia, e in base alla conoscenza delle tecnologie, fa un proprio piano di investimenti con visione strategica che porta a fare scelte su determinate tecnologie. Per ogni cambiamento della tecnologia si va a ottimizzare la gamma o si inizia a lavorare a nuovi prodotti. Noi abbiamo puntato, oltre che sull’elettrico, sull’estensione a tutta gamma del gas, tecnologia che ci vede da oltre 20 anni leader di mercato, e fortunatamente è rimasta attuale, anzi ora è attuale più che mai. Purtroppo non è considerata nuova nonostante l’importante innovazione tecnologica dei prodotti, anche se dal punto di vista operativo permette di coprire tutte le missioni, di avere grandi efficienze, di avere costi di gestione più bassi e col biogas un impatto di anidride carbonica nell’ecosistema pari a zero».
E l’ibrido?
«L’ibrido è stato un po’ un fuoco di paglia».
Il mercato sembra ancora florido…
«Ma non quello dei veri mezzi ibridi. Quando la UE ha sancito che un mild hybrid è un vero ibrido si è tolto il vero interesse dal punto di vista ambientale. Una cosa è un motore elettrico e un veicolo che ti consente certi risparmi sia di consumo che di CO2, un’altra sono dei veicoli diesel “rinforzati”. Alla fine è un diesel con performance migliorata. Presumibilmente in futuro tutti i diesel saranno ibridi nella versione mild, motivo per cui lo consideriamo comunque prioritario come sottolineato in precedenza».
Ma il futuro sarà proprio elettrico?
«L’elettrico per la missione urbana oggi è sicuramente una tecnologia a cui tutti guardano perché garantisce un vero impatto zero. I mezzi full electric si prestano anche per centrare l’obiettivo di silenziosità nelle città e in prospettiva possono rappresentare la base di partenza per la tecnologia ibrida con l’idrogeno di cui oggi si parla tantissimo, anche per la spinta del Pnrr. Ma noi pensiamo che questa tecnologia sarà realmente fruibile tecnologicamente, economicamente ed in modo ecosistemico tra due o tre anni, quando ci saranno anche le infrastrutture adatte che permetteranno di approvvigionarsi di idrogeno, green».