Gare tpl in Italia? Oggi no, domani forse ma dopodomani sicuramente…
di Roberto Sommariva Come abbiamo già scritto FS Italiane, tramite la propria controllata Busitalia, ha acquisito da Nederlandse Spoorwegen (NS, Ferrovie olandesi) la piena proprietà di Qbuzz, terzo operatore di trasporto pubblico locale in Olanda (aree Utrecht e Groningen-Drenthe), per un controvalore di 30 milioni di euro. Un’operazione importante: la prima del settore ‘gomma’ in […]
di Roberto Sommariva
Come abbiamo già scritto FS Italiane, tramite la propria controllata Busitalia, ha acquisito da Nederlandse Spoorwegen (NS, Ferrovie olandesi) la piena proprietà di Qbuzz, terzo operatore di trasporto pubblico locale in Olanda (aree Utrecht e Groningen-Drenthe), per un controvalore di 30 milioni di euro. Un’operazione importante: la prima del settore ‘gomma’ in terra straniera del gruppo Fs. Una procedura, quella dell’acquisizione, che sembra ormai la cifra strategica del gruppo guidato da Renato Mazzoncini. In Italia, vista la chiusura del sistema, la liquidità di Busitalia è stata l’unica chiave per entrare nel mercato del tpl. Dove? A Firenze, in Umbria, a Padova e a Salerno: cioè in tutti i bacini in cui opera oggi Busitalia. Stesso copione per la linea a lunga percorrenza (Busitalia ha acquistato il 51 per cento di Simet). Si attendono, invece, gli esiti di Parma e della Toscana, che annaspano sotto quintali di carte bollate, e che rappresenterebbero, nel caso di aggiudicazione, i primi bacini acquisiti da Busitalia tramite gara.
Busitalia e le gare tpl
Però la visione su cui poggia l’orizzonte di Busitalia è ben diversa. Infatti, il piano industriale di Fs, che prevede di coprire il 25 per cento di quota tpl entro il 2025, si basa su un presupposto fondamentale: quello che venga rispettata la scadenza del 2019 come termine del periodo transitorio dal Regolamento Europeo 1370 per fare le gare in Italia. Se questa scadenza sarà rispettata, quello che ragionevolmente accadrà è che ci sarà una forte concentrazione del mercato. Lo spauracchio per società come Busitalia, Arriva e Ratp è quello che in molti casi, vedi Milano e Roma, si opti per l’affidamento diretto. Procedura prevista dalla legge a patto, però, che la scelta sia vantaggiosa in termini economici (e non solo). Postulato, che come tale, non può essere dimostrato. Chi stabilisce che l’affidamento diretto è più vantaggioso di una “messa a gara”? Tutti i modelli economico-finanziari dicono che la concorrenza, se regolata, produce qualità a costi contenuti. Eppure, alcune città italiane hanno già deciso di procedere in questa direzione. E se Vicenza non fa notizia, Genova potrebbe essere la prima nota di una sinfonia candidata a diventare la colonna sonora degli anni a venire.
Gare di servizio tpl e il nanismo italiano
«L’Italia soffre di nanismo. Infatti, tranne le dimensioni significative di Atm Milano e Atac Roma, dovute al loro mercato e non alle attività industriali extra moenia, tutte le altre aziende sono troppo piccole, noi compresi. Lo scenario cambierà solo se i grossi bacini metropolitani andranno a gara», mi disse Stefano Rossi in occasione di una recente intervista. Ed effettivamente la ‘scommessa’ di Fs si basa su questo presupposto: che i grandi bacini metropolitani andranno a gara. Ma lo faranno davvero?
Gara di servizio tpl meneghina
A Milano se ne sta parlando da tempo e la procedura della proroga sembra, a conti fatti, non essere così vantaggiosa per l’unico azionista: il Comune di Milano. Per l’affidamento senza bando dovremmo cambiare lo statuto di Atm per renderla società in house come è Metropolitana Milanese. Ma, soprattutto, l’affidamento in house comporterebbe un taglio dei trasferimenti statali pari al 15%, per una cifra che potrebbe essere di oltre 40 milioni di euro. Oltretutto Atm non potrebbe più partecipare a quel punto a gare fuori da Milano (con ricadute anche sul servizio nell’area metropolitana). Questo significherebbe anche lasciare il servizio di gestione della metropolitana di Copenaghen dove Atm Milano, attraverso Metro Sservice A/S gestisce una parte fondamentale del trasporto pubblico nella capitale danese attraverso una metropolitana completamente automatizzata che copre una rete di 21 chilometri con 22 stazioni, di cui 13 in superficie.
Atac Roma, una gara tpl che non si farà mai
Le situazioni di Atac Roma, Napoli e di molte altre città (e Regioni) italiane sono note a tutti e l’opzione ‘affidamento diretto’ suona come quella meno adatta per un servizio che dovrebbe guardare all’efficienza e alla qualità di trasporto. Nel particolare a Roma la gara è vista come uno spauracchio. Il Campidoglio, infatti, vorrebbe prolungare il contratto di servizio di Atac fino al 2024 per trascinare l’azienda di via Prenestina fuori dal pantano. Più che un’idea, per il Campidoglio a conduzione pentastellata bypassare la messa a gara del servizio di trasporto pubblico (prevista per il 3 dicembre 2019) è l’unica possibilità per tenere fede al refrain grillino: “Vogliamo rilanciare Atac che deve restare dei romani”. Il presupposto che sta alla base di questo (discutibile) ragionamento prevede un intervento diretto del Comune nella municipalizzata da 1,35 miliardi di debiti. Segue la direzione che porta al concordato in bianco: una volta interpellati i giudici del tribunale fallimentare, messi i creditori attorno a un tavolo, potrebbero essere gli stessi magistrati a chiedere che il contratto di servizio della società in house venga esteso oltre la fine del 2019. Di piano industriale e di qualità del servizio non ve n’è traccia…
Stefano Rossi: il problema è nel regolatore
Lascio la chiusura di questo mio intervento all’amministratore delegato di Busitalia Stefano Rossi che qualche mese fa mi disse che «In Italia il conflitto regolatore-regolato, che ha governato gli ultimi anni del nostro settore, ha fatto sì che il know-how non sia nel regolatore ma nell’azienda del regolatore. E questo ha fatto sì che oggi gli uffici che gestiscono le gare e i contratti siano, di fatto, molto destrutturati». Dentro qui c’è tutto: c’è Roma, Milano, la gara della Toscana, Genova. L’Italia intera. E una classe politica che ha sempre considerato l’azienda di trasporto come un pezzo dell’amministrazione pubblica. Scelta, dettata dal consenso, che ha alimentare il clientelismo e in alcuni casi l’inefficienza nonché quei venti liberisti che oggi spingono, sospinti da un’opinione pubblica stanca di aspettare un autobus che non arriva mai, per la privatizzazione del servizio.