Fondi a pioggia, il prezzo dei bus si è impennato. L’allarme (e le proposte) di Maxmilian Di Pasquale, dg TUA
I costi della transizione energetica si sommano con l’effetto ‘bolla’ generato dalla pioggia di fondi Pnrr e dalla conseguente saturazione delle catene produttive. Un combinato disposto che si abbatte sui fragili equilibri scritti nero su bianco (anni fa) nel contratto di servizio. A margine dell’appuntamento Mobility Innovation Tour tenutosi a Taranto a fine ottobre, il […]
I costi della transizione energetica si sommano con l’effetto ‘bolla’ generato dalla pioggia di fondi Pnrr e dalla conseguente saturazione delle catene produttive. Un combinato disposto che si abbatte sui fragili equilibri scritti nero su bianco (anni fa) nel contratto di servizio.
A margine dell’appuntamento Mobility Innovation Tour tenutosi a Taranto a fine ottobre, il direttore generale di TUA Abruzzo Maxmilian Di Pasquale lancia l’allarme (oltre ad annunciare una nuova gara per e-bus entro fine anno). Lo fa menzionando numeri e auspicando modalità di erogazione dei fondi in grado di consentire “una programmazione di medio-lungo periodo che in qualche modo assicuri una certa stabilità. E sarebbe opportuno prevedere percentuali di rinnovo del parco fisse”.
“Oggi un autobus a metano extraurbano, che solo nel 2021 pagavamo 250mila euro, viene offerto a circa 300mila euro – così Di Pasquale -. Per quanto riguarda l’urbano anche di più: si arriva a 330 – 340mila euro. I prezzi si sono impennati per effetto di un mercato drogato dal Pnrr e dalle altre fonti di finanziamento”.
Maxmilian Di Pasquale, per i bus a metano aumento dei costi
Cosa è successo?
È successo che, mentre prima i costruttori riuscivano a raggiungere il massimo della capacità produttiva e rispondevano alle gare con l’obiettivo di arrivare a saturazione, oggi il mercato è stato drogato, c’è stato un effetto simile a quello del Bonus 110 per cento sull’edilizia. I costruttori hanno le catene produttive sature e la domanda, in primo luogo, è molto superiore all’offerta, e in secondo luogo, in questo momento è poco elastica. Le aziende sono obbligate all’acquisto o all’ordine dell’autobus entro date predeterminate altrimenti si rischia di perdere i finanziamenti.
Ha menzionato i bus a metano, una tecnologia che negli ultimi anni ha visto una forte contrazione in termini di offerta. I player che offrono questa tecnologia si contano sulle dita d’una mano. Per quanto riguarda la trazione elettrica è successo lo stesso? O la maggiore concorrenza ha fatto da calmiere?
Sul segmento elettrico l’aumento dei prezzi è mitigato da due fattori. Il primo è il fatto che il prodotto, che fino a pochi anni fa non era ancora del tutto maturo, ha nel frattempo acquisito economie di scala ed è diventato un prodotto industrializzato, con conseguente riduzione dei prezzi. Il secondo aspetto è sicuramente quello della concorrenza. Va da sé che, come effetto dello sviluppo tecnologico, in futuro ci aspettiamo di avere o e-bus meno costosi oppure autobus che, allo stesso prezzo, offrono prestazioni migliori. Anche in questo caso, tuttavia, non ci sono state le riduzioni di prezzo attese, benché nel frattempo le batterie oggi siano assolutamente più performanti.
“Occorrono finanziamenti costanti”
Veniamo alle soluzioni.
Il settore pubblico allargato (Stato, Regioni, Comuni) non deve fornire finanziamenti ‘stop and go’. Chiediamo una programmazione di medio-lungo periodo che in qualche modo assicuri una certa stabilità. E sarebbe opportuno prevedere percentuali di rinnovo del parco fisse: una volta conclusa questa bolla dovuta al Pnrr, ad esempio un’azienda come Tua comprerà circa 50 o 60 autobus bus l’anno, rispetto ai 30/40 comprati in passato non 100 che stiamo comprando oggi. Riprenderemo un andamento fisiologico che abbiamo spezzato per effetto del Pnrr. Avendo tassi di rinnovo fissi e una possibilità di programmare l’offerta, le aziende produttrici potranno adeguare meglio le proprie capacità produttive. La domanda deve essere il più possibile costante.
Ultimamente si sta facendo largo la richiesta da parte di ACEA di spostare i finanziamenti dal veicolo ai prerequisiti per l’esercizio di flotte a zero emissioni: i costi dell’energia e delle infrastrutture, per esempio. Come operatore, è d’accordo?
Questo è un punto importante. Ci avevano detto che l’e-bus non ha costi manutentivi, ma non è vero. E poi c’è il tema del costo dell’energia, che in Italia costa ben di più rispetto a Francia e Germania. Il bus elettrico, di conseguenza, da noi ha un TCO ben diverso da quello di altri Paesi. E poi c’è il costo dell’adeguamento delle infrastrutture. Sono temi che gravano sui costi aziendali a parità di importi da contratto di servizio. È come ricevere in regalo una villa enorme: una volta che hai il bene nella tua disponibilità, i costi per gestirlo rischiano di sottoporre la gestione economica ad un forte stress (per rimanere sulla metafora della villa: occorre pagare il giardiniere, il riscaldamento, etc).
Entro fine anno una gara per 40 bus elettrici
Nel frattempo avete pubblicato una prima gara per bus elettrici. Quali saranno i prossimi step?
Oltre alla gara già pubblicata per l’acquisto di 11 bus elettrici, a dicembre uscirà un’ulteriore gara sugli elettrici, per almeno 40 mezzi in accordo quadro. Metteremo a gara congiuntamente anche l’infrastruttura di ricarica. Ci muoveremo tramite contratti applicativi, il primo da 18 mezzi, facendo uso di fondi comunali (previsti da Pums) e attinti da piani Fesr. In tutto abbiamo 30 milioni di euro da destinare alla mobilità elettrica.
Come gestirete l’infrastruttura?
Ritaglieremo in deposito un’area che sarà allestita con le infrastrutture di ricarica. Pensiamo di strutturare moduli indipendenti da 18 autobus ciascuno, dal momento che a tendere arriveremo a circa 60 bus elettrici in flotta.