Il panorama filoviario italiano nei primi anni Settanta non era certamente esaltante. Molte reti erano state chiuse, mentre quelle ancora in esercizio disponevano di vetture, salvo rari casi, giunte a fine corsa. Tra l’altro, dal 1966 in Italia non si producevano più filotelai e non era prevista la produzione di nuovi filobus. La crisi del petrolio e il problema dell’inquinamento atmosferico, già importante all’epoca, portò però a una diversa considerazione del filobus e si pensò sia all’ammodernamento di parte delle vetture esistenti, che –  finalmente – allo  sviluppo di nuovi veicoli. 

Per il telaio si dovette guardare all’estero, scoprendo un prodotto decisamente interessante ed avveniristico per l’epoca, anche destinato al mercato degli autobus urbani: il B 59, firmato Volvo. Il telaio era di tipo semi-ribassato, con il motore alloggiato nella parte posteriore e il piano di calpestio interno a soli 58 centimetri dal suolo, per più di due terzi della lunghezza del veicolo. Innovativo era anche il ristretto raggio di volta: le ruote anteriori potevano sterzare fino a 60 gradi.

Verso la metà degli anni Settanta furono realizzati due prototipi, il primo con carrozzeria in lega leggera fornita dall’Officina Meccanica della Stanga e consegnato all’Atm di Milano nel 1975, e il secondo, carrozzato nel 1976 dalla Mauri di Desio, che propose la cassa in lega leggera di alluminio, magnesio e silicio. Mentre a Milano non si diede seguito alla costruzione di serie, l’Atam di Rimini si dimostrò interessata al progetto. L’operatore romagnolo gestiva la storica  linea filoviaria 11 da Rimini a Riccione e l’intensificazione Rimini-Miramare (linea 10), disponendo di vetture risalenti per buona parte agli anni Cinquanta e Sessanta, ormai a fine vita operativa e non più rispondenti ai canoni dei nuovi autobus.

Il ruolo innovativo di Mauri

Mauri propose un veicolo avveniristico, in linea con le migliori realizzazioni europee per estetica e comfort. Il filobus prototipo, numerato 1001, fu presentato a Rimini il 22 luglio 1976; il veicolo fu provato anche sulle reti di Milano, Como e sulla linea Torino-Chieri. Notevoli erano le differenze con i filobus allora in dotazione. L’estetica del mezzo, innanzitutto, era decisamente moderna ed elegante; la livrea era arancione e sulle prime vetture due fasce color grigio chiaro caratterizzavano il ricasco del tetto e la parte inferiore della cassa, raccordandosi al colore dei paraurti. La livrea fu poi semplificata: rimase solo la fascia intermedia, di colore grigio e non più nero come in origine. I posti a sedere erano 29 e quelli in piedi 70 (erano rispettivamente 33 e 70 sul prototipo). 

L’accessibilità era garantita da tre porte, di cui due per la salita e una per la discesa. L’ultima porta era ad unica semi-anta, peraltro utilizzata raramente.  Nel prototipo 1001 la prima porta era rototraslante verso l’interno, mentre quelle centrali e posteriori rototraslanti verso l’esterno; negli esemplari di serie la porta centrale sarà rototraslante verso l’interno. Era a disposizione del conducente  un sistema televisivo a circuito chiuso per il controllo della terza porta. 

L’interno del veicolo, molto luminoso, prevedeva nella parte anteriore una zona di transito veloce, per brevi tratte, con pochi posti a sedere, e nella parte posteriore, dotata di più sedute, la zona per gli spostamenti più lunghi.  L’ambiente era ventilato da finestrini apribili per la metà superiore. 

Ben studiato il posto guida. Il piccolo cruscotto, dotato della necessaria strumentazione, permetteva un’ottima visibilità e una certa ampiezza del vano conducente stesso.  Era anche previsto il posto del bigliettaio, mantenuto fino all’estate del 1987, quando venne soppresso e furono installate ben tre obliteratrici che sostituirono l’unica obliteratrice Ascot degli anni 70. Gli indicatori di percorso anteriori, del tipo a rulli con iscrizioni stampate su tela plastificata, furono prima modificati negli anni Ottanta, quando rimasero solo i rulli con i numeri di linea, e poi sostituiti nel 1996 con indicatori a display luminosi forniti da Aesys. 

Molte novità anche per la trazione. La più importante era  l’adozione di un gruppo ausiliario per gli spostamenti in marcia autonoma, quindi senza la rete aerea, pur solo in situazioni di emergenza, per le uscite e i rientri in deposito. Una novità che conferì al filobus una flessibilità allora sconosciuta. La marcia autonoma era garantita da un motore Diesel Hatz a quattro cilindri della cilindrata di 4.028 cc, che permetteva al filobus di raggiungere una velocità di circa 30 km/h. La marcia autonoma fu utilizzata quotidianamente quando fu inaugurato il nuovo deposito di Viale della Repubblica, struttura utilizzata ancora oggi da Start Romagna. Il prototipo 1001, in origine sprovvisto, fu poi equipaggiato con l’importante accessorio.

Innovativo anche l’azionamento a ‘logica statica’, che prometteva avviamenti e decelerazioni senza strappi, con conseguente minore usura dei componenti meccanici e un migliore comfort di marcia.

Un ottimo acquisto

Confortevoli sia per il personale di guida che per i passeggeri, soppiantarono già nel 1978 i filobus di precedente dotazione e la maggior parte di loro restò attiva sulle strade della Riviera Romagnola fino al 2009, quando furono sostituiti dai nuovi articolati Ag 300 T prodotti da Van Hool. Macchine instancabili che lavoravano giorno e notte con turni di servizio che potevano superare le 22 ore giornaliere. Durante la punta estiva di luglio e agosto era utilizzata in pratica l’intera dotazione e di guasti se ne ricordano pochi. 

Oggi tre esemplari sono ancora accantonati accanto al vecchio deposito Atam, il 1017 è stato acquistato da un privato di Torriana per preservazione statica. Nel 1980 anche l’Aem di Cremona acquistò 8 esemplari del tutto simili ai 17 consegnati a Rimini: sostituirono i Fiat 2405 F Menarini del 1964, che furono venduti poi alla rete di Carrara. Anche a Cremona i Volvo Mauri erano intensamente utilizzati, sulle linee 1 e 2, e pare che fosse solo disponibile solo un esemplare di scorta. I filobus a Cremona terminarono il servizio nel 2002, quando la rete filoviaria su sospesa. 

I filobus Volvo Mauri, seppur prodotti in soli 25 esemplari, destarono interesse di altre reti filoviarie e soprattutto di costruttori come Menarini, Inbus, Macchi, che ripresero a produrre filotelai e che già nel 1981 presentarono la nuova generazione di veicoli filoviari.

di Stefano Alfano

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