Messa nel dimenticatoio l’idea della fusione con Renault, Fca riparte con l’altro gruppo francese, quel Psa che dal 2017 ha in pancia anche i marchi Opel e Vauxhall, ex General motors. E lo fa annunciando una fusione alla pari con la creazione di una holding olandese. «Le discussioni in corso aprono la strada alla creazione di un nuovo gruppo di dimensioni e risorse globali, detenuto al 50 per cento dagli azionisti del Gruppo Psa e al 50 per cento dagli azionisti di Fca», si legge nel comunicato congiunto dei due attori. Il che porterà alla creazione del quarto gruppo al mondo con vendite annuali di 8,7 milioni di veicoli, davanti a General motors (8,4 milioni) ma dietro a Volkswagen e all’alleanza Renault- Nissan-Mitsubishi che viaggiano di conserva sui 10,8 milioni di vetture, nonché a Toyota (10,6 milioni).

Fca-Psa

Fca-Psa, accordo per la fusione alla pari

Gruppo, quello formato da Fca-Psa, che potrà vantare una forte presenza su tre dei quattro mercati mondiali, ovvero Europa, Nord e Sud America, mentre resterebbe di minore importanza quella in Asia. Con la fusione, infatti, per il Gruppo Psa si aprirebbero le porte del mercato americano, mentre Fca, oltre a guadagnare posizioni in Asia, metterebbe un deciso piede nell’elettrico, settore dove Psa ha progetti più avanzati. Seguono scambi di cortesia tra Ceo. «Questa convergenza crea un significativo valore per tutti gli stakeholder e apre a un futuro brillante per la società risultante dalla fusione», ha dichiarato Carlo Tavares, che oltra a guidare Psa dovrebbe essere il faro anche della nuova creatura. «Sono contento di avere l’opportunità di lavorare con Carlos e il suo team su questa aggregazione che ha il potenziale di cambiare il settore. Abbiamo una lunga storia di cooperazione di successo col Gruppo Psa e sono convinto che, insieme a tutte le nostre persone, potremo creare una società leader nella mobilità a livello globale», gli fa eco Mike Namley di Fca.

Mentre sembrano molto meno cortesi le prime reazioni del Governo Macron, che detiene il 12 per cento del capitale (la stessa quota detenuta dai cinesi di Dongfeng) e sembra voglia mettere il naso nella faccenda e dei sindacati che in Italia esprimono preoccupazioni per l’occupazione, mentre in Francia sembrano più possibilisti in attesa dei dettagli industriali della fusione.

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