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Il terminal bus di Zurigo è gelidamente inospitale. Tardo pomeriggio che sembra già notte, temperatura attorno allo zero, vento sferzante. Una biglietteria, un chiosco di kebab e due bagni chimici (a pagamento): tutto qui. Vi partono bus diretti verso i quattro angoli dell’Europa, ma non c’è neanche un posto dove sedersi ad aspettare. Partenza programmata per le 18.50. Il Volvo B11R a due assi dell’operatore Croatia Bus (la piattaforma è quella di Eurolines), 10,8 litri di cilindrata rigorosamente Euro VI, pulito e ben tenuto, leva gli ormeggi che sono le 19.10 passate, con non più di venticinque poltrone occupate. Due autisti a bordo, cravatta nera su camicia bianca, entrambi parlano inglese. Scenderemo a Milano, che è solo tappa intermedia: la destinazione finale è Zagabria. Il granturismo vi approderà, secondo la tabella di marcia, alle 7.30 del mattino successivo. La tratta Eurolines, quotidiana, si traduce insomma in ponte tra Mitteleuropa e Balcani. Per la stragrande maggioranza dei passeggeri il viaggio è un rientro a casa. Il prezzo economico del bus lo elegge a scelta privilegiata delle fasce meno abbienti. Zurigo – Milano viene 35 euro: nella città principale della Svizzera tedesca, famosa per i prezzi alle stelle, la stessa cifra va via per un secondo di carne al ristorante. Il viaggio intero fino a Zagabria 55 euro. E da lì tante connessioni, sempre via coach, portano a una lunga lista di destinazioni dei Balcani. Nell’abitacolo, infatti, si mescolano poco tedesco e molte lingue slave, con qualche parola d’italiano a fare capolino qua e là.

Il tempo di mettersi in marcia e spegnere le luci, che il chiacchiericcio si trasforma in fruscio di pacchetti di patatine e di brioche che si aprono. Passa un quarto d’ora, e un sonnolento silenzio inizia a farla da padrone. Per tutti è un arrivederci a domattina. Intanto la temperatura a bordo è ottimale, i poggiatesta con alette laterali sono il ‘quid’ di comfort in più. Peccato per il wi-fi, non funzionante. Le prese usb sotto ogni sedile, in compenso, fanno il loro dovere per approvvigionare di energia gli smartphone.

Le luci che si specchiano sul lago di Zurigo accompagnano i primi passi del coach. La guida è brillante, ci sono minuti da recuperare, i sorpassi non sono rari. La nebbia e il traffico non danno scampo fino a Lucerna, dove arriviamo alle 19.55 per caricare un’altra dozzina di persone. Ancora un lago, quello che dalla città prende il nome, a farci compagnia per un lungo tratto di strada, tra una galleria e l’altra. La guida si fa più fluida, 80 chilometri all’ora di velocità di crociera, sugli schermi scorre un film sottotitolato in croato. Il traffico si fa inesistente, ma il ritardo sulla tabella di marcia rimane intoccato. Tra Galbisio e Bellinzona sosta in autogrill. 20 minuti e via, diretti fino a Lugano. Ancora l’acqua di un lago che scorre piatta accanto al bus. Sono quasi le 23, si vedono solo le luci riflesse sullo specchio lacustre, fosse giorno sarebbe una bellezza. Pochi minuti e superiamo la dogana. Dove prima bastava la vignetta, ora c’è da pagare il casello. All’imbocco dell’A9 Como-Chiasso accade l’inaspettato: il Volvo si ferma paziente, in fila con le (fortunatamente poche) auto in attesa, e si assicura l’accesso saldando in moneta sonante. Niente telepass. Stessa scena alla barriera di Terrazzano. E pensare che c’era un ritardo da recuperare…

Arriviamo a Lampugnano che sono le 23.40. Venticinque minuti dopo il previsto. La metropolitana chiuderà a breve, non resta che correre a scavezzacollo giù per le scale.

Riccardo Schiavo

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