Dipendente Atac assenteista: 14 anni di stipendi da restituire
14 anni di stipendi da restituire, per una somma vicina ai 300mila euro. È la punizione affibbiata a Claudio R. dalla Corte d’appello, che al termine di un processo durato 18 anni ha stabilito la legittimità del licenziamento del dipendente Atac nel 2000, motivato dall’assenteismo. Dal momento che l’uomo è andato in pensione nel 2014… […]
14 anni di stipendi da restituire, per una somma vicina ai 300mila euro. È la punizione affibbiata a Claudio R. dalla Corte d’appello, che al termine di un processo durato 18 anni ha stabilito la legittimità del licenziamento del dipendente Atac nel 2000, motivato dall’assenteismo. Dal momento che l’uomo è andato in pensione nel 2014… quattordici anni di stipendi ora vanno restituiti. Compresi di interessi e spese legali. Una sentenza durissima. Ne dà notizia il Messaggero.
Una vita in Atac
Claudio R. ha iniziato a vestire la divisa Atac nel 1970. Prima da conducente, poi da controllore. Un trasferimento legato a motivi disciplinari. Licenziato nel 2000, è stato reintegrato su decisione del tribunale nel 2008. Una battaglia, quella condotta dal dipendente, vinta anche in appello. La decisione è stata però annullata nel 2017 dalla Cassazione. Ora, spiega il Messaggero, la sentenza d’appello. Che condanna Claudio R. a pagare lo scotto delle falsificazioni dei fogli di presenza e dei numerosi abbandoni in anticipo del posto di lavoro. Il conto è salato: 14 anni di stipendi percepiti, a questo punto, illegittimamente, e 14mila euro di spese legali.
La dura sentenza della Corte d’appello
Tra le colpe di Claudio R. vi sono assenze arbitrarie superiori ai 5 giorni e l’aver disatteso le norme che regolano lo stato di malattia. Gravi mancanze gli vengono attribuite nell’esercizio del mestiere di controllore, «per rifiuto di osservanza di regolamenti e disposizioni aziendali, per aver alterato i cartelli di presenza, per avere abbandonato il servizio di verifica in anticipo rispetto all’ora di turno e, ancora, per essersi rifiutato di prelevare il blocchetto delle penali». Nella sentenza, riportata dal Messaggero, si legge che «la condotta complessiva rende il lavoratore non meritevole di stima»: si è opposto in modo «arbitrario» alle direttive aziendali, non ha rispettato l’orario di lavoro e ha alterato documenti di presenza, «con pervicace e sfrontata ostinazione».