Bus surfing, ovvero prendere l’autobus al volo. Da Fantozzi ai giorni nostri
Oggi si chiama “bus surfing”, ieri si chiamava “prendere l’autobus al volo”. E la mente, allora, non può che andare al ragionier Ugo Fantozzi, in una delle scene più tragicomiche e iconiche del cinema italiano. “Non l’ho mai fatto, ma l’ho sempre sognato”, dice alla moglie Pina che cerca di dissuaderlo dal prendere l’autobus al […]
Oggi si chiama “bus surfing”, ieri si chiamava “prendere l’autobus al volo”. E la mente, allora, non può che andare al ragionier Ugo Fantozzi, in una delle scene più tragicomiche e iconiche del cinema italiano. “Non l’ho mai fatto, ma l’ho sempre sognato”, dice alla moglie Pina che cerca di dissuaderlo dal prendere l’autobus al volo, calandosi dal balcone di casa che dà sulla tangenziale, trovandosi ormai impossibilitato a raggiungere la fermata del bus in tempo, a causa di un intoppo nella sua metodica routine mattutina che lo farebbe arrivare in ritardo lavoro. Come va a finire lo sappiamo tutti, per chi non lo sapesse consigliamo la visione del filmato qui sotto. E per chi già sapesse, beh, è sempre occasione per sorridere:
Insomma, Paolo Villaggio precursore del bus surfing? Per quanto l’attore genovese sia stato un grande, non possiamo certo dargli la paternità di questa folle “usanza”, che negli ultimi tempi, purtroppo, è diventata una tanto stupida quanto pericolosa moda tra i giovani.
Bus surfing a Lodi (e non solo)
Negli ultimi giorni in Italia ha fatto notizia la bravata di un ragazzo che per non pagare il titolo di viaggio – “non avevo i soldi”, si sarebbe così giustificato – si è attaccato al paraurti posteriore di un mezzo Star Mobility, sulla strada provinciale 235, percorrendo circa sette chilometri, tra Lodi e Sant’Angelo Lodigiano. Il tutto, fortunatamente, senza conseguenze.
Non si tratta di un fatto isolato, perché quella del “bus surfing” è una vera e propria moda: salire sul retro dei mezzi pubblici e farsi trasportare in giro. Il tutto, ovviamente, facendosi riprendere: perché se la bravata non viene postata online sui social che senso ha?!
“L’impresa” non è nuova in Italia e, anzi, è stata già al centro di diverse challenge a Milano e provincia e ancor prima in alcune capitali europee, come Londra e Berlino (Youtube, per esempio, pullula di video dimostrativi).
La sfida “di coraggio” – o meglio di stupidità – consiste proprio nel saltare sul retro di un mezzo pubblico e restare attaccati il più possibile mentre questo è in movimento, possibilmente senza che il conducente alla guida del se ne accorga. Solo per avere visibilità e qualche like, non curandosi minimamente del rischio corso e dell’effettiva figura da “schiocchi” che si fa.
E infatti, com’era prevedibile, fioccano le imitazioni. Pochi giorni dopo il primo caso, sempre a Sant’Angelo Lodigiano un ragazzo, presumibilmente minorenne, si è aggrappato a un altro bus Star Mobility, tra passanti e automobilisti sgomenti e gli amici, divertiti, che lo filmavano. E ancora, una manciata di giorni dopo un nuovo episodio alle porte di Milano, a Sesto San Giovanni, dove un giovane è stato ripreso in piedi sul paraurti posteriore di un autobus Atm della linea 81. A Milano, nello specifico, la moda del bus surfing risale a qualche anno fa, quando alcuni ragazzi erano soliti appendersi ai tram o ai camion dell’Amsa. Sembrava un problema risolto, e invece…
Bus surfing, una moda “nata” sui social
Non è questione di fare moralismo o altro, perché da che mondo e mondo è sempre successo che alcune persone, per lo più per impossibilità economica, si attaccassero ai mezzi per farsi trasportare in città. Non esisterebbe, altrimenti, il detto “attaccati al tram”. Ma il bus surfing dei giorni nostri è una delle tante, stupide challenge che nascono sui social e vengono cavalcata dai più giovani, talvolta con epiloghi drammatici.