La carenza autisti è tematica sempre più attuale. Interessante, a tal proposito, la chiave di lettura offerta da Riccardo Verona, presidente An.bti. La sua voce si aggiunge a quella delle tre associazioni di categoria – Agens, Anav e Asstra, raccolta nel numero di dicembre di Autobus e pubblicato sul nostro sito settimana scorsa.

riccardo verona

Un tempo i passeggeri si fidavano ciecamente della persona al volante; oggigiorno, invece, sono lì sempre pronti a rimproverarla se fa una strada anziché quella consigliata da Google Maps. Per non parlare poi di chi lascia sporco il proprio posto: l’autista, finito il turno, deve pulire la sporcizia altrui…

Carenza autisti, parla Verona (An.bti)

«Dopo il 2000, progressivamente, questa professione è andata via via peggiorando. Non c’è un’unica e precisa causa, ma un insieme di fattori che in concorso tra loro hanno portato a svilire questo lavoro. Che, ricordiamolo bene, è ben diverso tra chi fa tpl e turismo. Infatti, chi fa l’autista per le linee commerciali ha orari, percorsi e responsabilità differenti. E, senza nulla togliere a chi fa tpl, deve essere più preparato, perché in questo lavoro c’è tutta una serie di variabili che non condizionano il tpl», dice il presidente dell’Associazione Nazionale Bus Turistici Italiani.

Venendo dunque alle cause, ecco il ‘Verona-pensiero’: «Sicuramente i contratti e il costo della patente hanno il loro peso, ma credo che si sia persa professionalità, passione e interesse. Personalmente, penso sia una questione culturale: un tempo, nei paesi, l’autista era la persona più importante insieme al parroco e al medico. Il conducente era una figura chiave – in realtà lo è tuttora! -, rispettata e per certi versi era anche invidiata: venivamo visti quasi come degli eroi che guidavano questi mezzi giganti. Un tempo i passeggeri si fidavano ciecamente della persona al volante, oggigiorno, invece, sono lì pronti a rimproverarla se fa una strada anziché un’altra consigliata da Google Maps».

Dunque, Verona conclude: «Per non parlare di chi lascia sporco il proprio posto: l’autista, finito il turno, deve pulire la sporcizia altrui. Insomma, se prima eravamo rispettati, ora siamo stati degradati: per molti il nostro è un lavoro di serie b. Per questa ragione, oltre a intervenire sulle buste paga riconoscendo la professionalità, bisogna intervenire nelle scuole, parlare con i giovani e spiegargli in cosa consiste il nostro lavoro».

(dal numero di Autobus di dicembre 2022)

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