di Gianluca Celentano, conducente bus
video di Roby Merlini, conducente bus

Vale la pena in periodo dove le problematiche dell’autista sono messe sotto i riflettori, esporre tutte le criticità, non solo quelle sul lato economico senz’altro importanti. L’opportunità di un focus giornalistico realizzato dagli addetti ai lavori  per presentare il nostro mestiere e trovare soluzioni  o quantomeno, significativi miglioramenti sulla qualità del lavoro e della vita di un autista.

Situazione molto frequente

Anni addietro durante gli ultimi giorni di formazione in aula, un addetto alla formazione di ATM Milano ci disse con spirito paterno circa il lavoro del conducente di linea: ragazzi, sembra facile ma non lo è. Aveva ragione da vendere!

E’ assolutamente comprensibile il disagio di un passeggero ritardatario che non riesce a salire sull’autobus, ma è necessario fare dei confronti con altri mezzi di trasporto e, con un po’ di obiettività, porsi qualche domanda su cosa sia il trasporto pubblico oggi. Quando scocca il minuto fissato per la partenza su un aereo o un treno, le porte si chiudono nonostante il rammarico dei ritardatari,  che però si rassegnano a prendere il successivo.

A bordo dell’autobus la situazione è in realtà diversa e molto imbarazzante per il conducente, con il rischio che degeneri, in particolare quando gli stessi passeggeri prendono le difese del ritardatario di turno, magari con grida da stadio e colorite espressioni verso il driver.

È da chiarire che esistono dei punti prestabiliti per il carico e scarico dei passeggeri, soprattutto nel tpl dove, in mancanza di spazi idonei, ognuno potrebbe pretendere di scendere ovunque: anche in mezzo a un incrocio o in condizioni di non sicurezza. Le aziende con i loro corsi di formazione ribadiscono sempre questo concetto di sicurezza, a tal punto da richiamare l’autista in servizio che non rispetti questa procedura.

Sia sugli shuttle che nel tpl l’evento capita spesso e, se l’autista non apre, è osservato come un soggetto dispettoso o troppo fiscale.  In realtà, a chi guida viene insegnato che quei secondi di apertura in più, spesso lontano dal marciapiede, possono influire sul traffico e aumentare i rischi per il passeggero. L’abitudine un po’ tutta italiana, è quella di chiudere un occhio almeno fin quando, qualcuno non cade facendosi male, magari aprendo una causa all’azienda. In Germania e in altri stati non capita, c’è molta più considerazione dell’autista e dei suoi doveri, più rispetto di quelle regole che da noi sono probabilmente troppe e spesso contraddittorie.

Missione pubblica?

Abbiamo raccontato nel corso degli anni la metamorfosi del comparto tpl versoun concetto di “privatizzazione” che doveva suonare come un’ottimizzazione trasversale, a beneficio di società e personale. I bilanci dei gruppi esercenti – benché i finanziamenti siano sempre un’incognita – sembrano quantomeno reggere il colpo dell’economia del paese, ma cosa è cambiato per i conducenti sulla strada? Poco e nulla, solo più responsabilità e questo bisogna avere il coraggio di ammetterlo alla luce di una carenza di “vocazione”.  L’autobus è soggetto a un traffico sempre più indisciplinato e, stando alla testimonianze dei colleghi, il fenomeno non riguarda più solo le grandi città nelle quali, da qualche anno, si aggiunge un altro allarme: quello della carenza di parcheggi.

Insomma, una condizione di stress sociale che indurrebbe il passeggero ritardatario a giustificarsi al finestrino dell’autista con fantasiose mimiche per impietosire e contrattare l’apertura della porta. A volte poi sale e non ringrazia…

Credo che la differenza più grande che divide il comparto aereo e ferroviario da quello dei bus sia il concetto intrinseco di viaggio. Da noi, a differenza degli USA o Canada, treni e aerei servono per affrontare realtà diverse come i viaggi; presentarsi in orario con i biglietti ne fa già parte.  Utilizzare l’autobus è solo un sistema alternativo di spostarsi, che non ha i requisiti di un viaggio, in particolare nel tpl dove si cercano frequenza e corsie dedicate. Questo comporta che ogni anomalia legata al vettore sia interpretata come un inconveniente – o peggio un’offesa personale – che disturba i propri piani.

Mantenendo la lente sull’utilità dell’autobus come sostanziale alternativa al traffico, risulta evidente che il settore è stato trascurato per troppo tempo e con investimenti talvolta solo di facciata. Ne è conseguita la perdita cruciale della ricchezza del trasporto collettivo su gomma. Puntare sul bus come occasione di aggregazione, informazione oltreché di utilità, è la sfida da affrontare in un nuovo contesto: quello sociale oltreché pubblico.

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