di Gianluca Celentano

Sul piazzale di una multinazionale che appalta servizi shuttle per i propri dipendenti i patti con il mio interlocutore sono chiari: le notizie che mi fornirà devono restare assolutamente anonime.
Il suo nome di fantasia è Edoardo e ciò che mi racconta non è un episodio isolato, anzi è forse tra le cause della poca motivazione verso il mestiere.

Una volta parcheggiati i pullman con congruo anticipo e in attesa di caricare, scendiamo dai nostri mezzi e cominciamo parlare delle nostre avventure.
Edoardo svolge servizi shuttle e qualche noleggio, è un tipo solare e disponibile, intorno ai 40 anni, con una discreta esperienza, a cui piace anche poter sfruttare il suo tempo libero senza per forza lasciare il mondo degli autoservizi per approdare nel Tpl.

In rimessa e poi in viaggio

Verso fine di maggio, nella cassetta dove l’ufficio movimento inserisce i suoi servizi Edoardo trova un foglio di viaggio per un noleggio richiesto da una società calcistica di serie D diretta nel centro Italia.
Il viaggio prevede la compresenza perché tra sabato e domenica, e l’andata e ritorno, i chilometri finali saranno più di 800. Con lui viaggia Emilio, altro nome di fantasia, il quale ha soprattutto una pregressa esperienza nel settore merci.
I 54 passeggeri sono degli animati tifosi che durante il viaggio d’andata non creano troppi problemi, ma al ritorno…

Situazione incontrollabile

Purtroppo la loro squadra è penalizzata nei risultati e domenica, una volta saliti a bordo per tornare verso casa, avviene un po’ di tutto.
Nonostante le raccomandazioni di Edoardo ed Emilio, i tifosi pretendono di salire a bordo con bottiglie di birra e quasi subito gli effetti dell’alcol si fanno sentire. Una situazione di grande imbarazzo che solo la fermezza e il buonsenso dei due colleghi contribuiscono a non far degenerare. Purtroppo, infatti, l’organizzatore della trasferta dei tifosi non sembra affatto preoccuparsi di tutelare i due autisti.

Durante il viaggio, forse per l’effetto dell’alcol, un tifoso chiede perentoriamente all’autista di fermare il bus in autostrada per una necessità fisiologica. Edoardo acconsente fermandosi in una piazzola di sosta ma, invece di uno, scendono in venti. Episodi analoghi avvengono più di una volta durante i primi duecento chilometri. Approfittando di essere a terra, i tifosi cominciano pericolosamente a muoversi sulla piazzola autostradale mentre sopraggiungono altri veicoli, verso i quali fanno gesti di ogni tipo.

La lista dei nomi

Poco dopo arriva la volta di una sosta programmata in una stazione di servizio e qui la situazione si fa più tesa. Sembra che qualche tifoso abbia sottratto degli articoli senza pagare nell’imbarazzo dei gestori del punto di ristoro. Grazie alle telecamere dell’area di sosta e a qualche testimonianza, il nome del vettore del bus in trasferta arriva nelle mani della polizia.

Con celerità le forze dell’ordine contattano l’azienda per avere la lista dei nomi dei partecipanti alla trasferta e risalire ai responsabili, ma pare che il documento non ci sia o  forse che la società calcistica l’abbia omessa nonostante la richiesta pervenuta da parte dell’autoservizio.
La società dove lavorano Edoardo ed Emilio è sconcertata per quanto accaduto ai suoi  dipendenti e mostra loro la dovuta solidarietà, ma forse in questi casi non basta.

La qualità del lavoro non è solo una questione economica

Senza cadere nell’ipocrisia, è evidente che ci sono dei gruppi di viaggiatori più a rischio di altri, verso i quali sarebbe da negare qualsiasi noleggio di bus da parte di tutti i vettori.

Per la mia esperienza, questo episodio non è assolutamente isolato e troppo spesso capita di dover trasportare scolaresche mal gestite che danneggiano e sporcano nel disinteresse di docenti o genitori, gruppi eccessivamente rumorosi o passeggeri che non tengono conto delle regole e dei tempi di guida del conducente. Non si contano coloro che scambiano un autobus per un taxi chiedendo all’autista di raggiungere località impossibili da percorrere, facendo passare per dispotico e scortese il conducente.

L’autobus è ancor oggi osservato come “uno strumento sociale” dove puoi quantomeno provare a contrattare qualsiasi richiesta, ma non è così. Ecco il perché è importante considerare termini e regole nuove che traghettino la società a una visione diversa dell’autista professionista, come: capitano, tecnico o bus manager. Il poco rispetto è quotidiano e gli esempi non si contano, basti pensare alle mancate precedenze nelle rotatorie dove pochi automobilisti rallentano per tempo e senza tagliare con prepotenza la strada ai bus.

Sono tutti aspetti molto rilevanti per il benessere e la sicurezza di chi è alla guida, ai quali è necessario dare delle risposte concrete e verso i quali manterremo vigile il focus.

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