di Gianluca Celentano

Con il cambio generazionale stanno cambiando anche i rapporti fra i colleghi, oggi forse molto più aperti e informati. Ma com’era prima?
Posso riportare un esempio personale per centrare l’argomento pur sapendo che qualsiasi collega avrà qualcosa da riferire in merito ai rapporti tra conducenti e capi, che a volte sfociano in contrapposizioni poco edificanti…

Il controllore

Una quindicina di anni fa durante la mia esperienza nel tpl mi assegnano una linea urbana che termina all’aeroporto. All’interno del terminal i servizi per il conducente non mancano e, tra i molti turisti con ammirevole autonomia nel gestire la loro mobilità, qualcuno chiede informazioni al conducente del bus. Una mattina con me c’è anche un controllore d’esercizio, cioè un autista selezionato a concorso per funzioni di controllo anziché di guida. Per l’azienda rappresenta il fiore all’occhiello questa figura, ma è proprio così? La signora straniera formula in inglese una domanda sul tragitto del bus dall’aeroporto al centro città e il controllore (credo con imbarazzo) la guarda senza rispondere, forse per rimbalzarla agli uffici aeroportuali. Seppur a livello scolastico intervengo io, fornendo alla signora l’indicazione richiesta e il suo sorriso si accende seguito da un: thank you very much, very kind. Il controllore mi ha incenerito con lo sguardo, forse perché gli avevo tolto la parte. Da quel giorno tutte le volte che l’ho incontrato ha sempre avuto qualche osservazione da lanciarmi, non capendo che l’immagine di un’azienda è un lavoro trasversale Probabilmente il concetto di solidarietà fra colleghi si è un po’ trasformato nell’individualità che di fatto divide generando rivalità e non benefici.

Non farsi catturare dalla gelosia

Stizza e antagonismo sorgono fra colleghi quando si tratta di contendersi un nuovo autobus arrivato in rimessa o un servizio più o meno ambito, aspetto che riguarda soprattutto il noleggio. In realtà si tratta di una sana rivalità fra autisti ma è bene che non ecceda mai, anche perché si lavora meno sereni.

Si è convinti che la scelta su chi assegnare un bus sia decisa dal capo o dall’ufficio movimento per metterli nell’angolo senza dirglielo direttamente. Insomma una velata punizione. In realtà il più delle volte non è cosi anche se questo metodo padronale è ben collaudato e conosciuto. Oltre al rapporto fra aziende e autisti anche quello fra autisti merita qualche riga.

Seppur il discorso non sia generico, a volte sei convinto di condividere esperienze con una persona amica e con il tempo ti accorgi che non è così. Si tratta di quei subdoli particolari nei rapporti umani che favoriscono le divisioni e la creazione dei gruppi all’interno delle rimesse e, rimanerne non coinvolti, è forse la strategia vincente seppur assolutamente non semplice. 

Aziende: la parola dell’autista è importante

Quando acquisisci una certa esperienza è fisiologico cominciare a farsi delle domande avanzando delle proposte soprattutto sull’organizzazione del lavoro. Negli anni passati e forse ancor oggi in certe grandi realtà del tpl, non è molto gradito e consigliabile avanzare idee condivise da gruppi di colleghi. Pur essendo problematiche conosciute dalle aziende, i tempi di attuazione per risolvere i problemi sono spesso eccessivi e demotivanti e talvolta, le giustificazioni contraddittorie o di comodo, sono più fastidiose del problema in se. Rendere appetibile il lavoro passa anche da uno snellimento nella gestione dei problemi tagliando soffocanti cordoni privilegiando il confronto pro positivo.

A volte infatti, è più semplice girare la vite sulla testa del conducente anche se non si possiede la sua esperienza, piuttosto che rimediare alle croniche lacune. Ecco perché fra i conducenti, ci si auspica un cambio di passo nelle valutazioni confidando nella comprensione anche delle aziende per ridurre la demotivazione, la minore produttività e la fuga dal settore.

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