di Gianluca Celentano

In epoca di carenza di autisti è divertente ascoltare le “proposte di mercato” lanciate sul piazzale per reclutare autisti. Più che un reclutamento appare come una sottrazione di conducenti tra una società e l’altra sulla base di fantasiose promesse. Alla faccia dell’unità di comparto, ma occhio alle “sole” di qualche padroncino.

Sul piazzale sono avvicinato da un padroncino rimasto senza autista – in realtà ne cambia spesso parecchi – alle sue spalle vedo il suo bus non troppo nuovo e neppure molto pulito. Spara cifre davvero attraenti facendomi capire che da lui la soglia dei 4mila euro può essere una realtà. Non è chiaro dove sia stipulato il contratto, ma lui è insistente e cerca disperatamente chi guidi al posto suo.

Il fatto è che parecchi titolari hanno messo per anni in secondo piano i conducenti e oggi si ritrovano con le “macchine” ferme, mentre altri che sono sempre stati ligi ai doveri del titolare e corretti nelle remunerazioni si trovano in situazioni migliori.

Non è una consuetudine molto simpatica, tra colleghi padroncini, soffiare via gli autisti ma la cosa avviene, pur palesando i comuni interessi nella ripresa del comparto. Qualcuno la chiama una mancanza di etica professionale, di vera e propria concorrenza e parla di atteggiamenti abbastanza ipocriti; io preferisco etichettare questo e altri fenomeni come “mentalità obsoleta”.

Infatti nonostante tutti gli sforzi messi in campo dalle associazioni per rinnovare il comparto, si assiste a una parte (o qualcosa di più) di quest’ultimo che in realtà guarda solo ed esclusivamente ai propri interessi e non a quelli collettivi.

I motivi del passaggio da una società all’altra risiedono sostanzialmente nell’impegno giornaliero e nelle retribuzione. Le località e le tipologie dei servizi sono quasi sempre conosciuti e uguali,  a cambiare è invece la gestione della società e il rapporto instaurato con i conducenti. I titolari troppo severi accusano il colpo maggiore, a meno che siano obiettivi e meritocratici con i dipendenti e, soprattutto, buoni pagatori. Le realtà dove vige un eccesso di disciplina non compensata da un certa ragionevole comprensione sono anch’esse nel mirino di possibili emorragie di autisti. Va comunque detto che dopo il Covid 19 anche i più inflessibili dei titolari hanno smussato i lati socialmente più ruvidi.

Ammettiamolo, ci sono anche conducenti, tra cui quelli convinti di essere dei veri e propri assi del volante, ai quali non farebbe male un po’ meno di presunzione, in particolare quando raccontano le loro performance senza accorgersi che chi gli sta davanti gli ha già fatto la radiografia.

Su una cosa tutti gli autisti sono d’accordo: se la pulizia bus non è pagata, dopo le 13 ore  di servizio, il bus lo pulisce qualcun altro.

Insomma un modus operanti che riguarda diciamolo solo una parte di colleghi e società convinti che il metodo infallibile per cancellare tutti i problemi del comparto sia solo guadagnare di più.

Tra i tanti che parlano e criticano sul piazzale, sono pochi quelli che credono in una riforma e si prestano a dare il loro giudizio e contributo alle notizie, e questo vale anche per le donne conducenti. Generalmente i più rumorosi e ruspanti prima ti accordano un incontro per raccontare le loro esperienze poi, con futili giustificazioni, scappano. Questo è l’ambiente, il nostro ambiente; non troppo diverso da altri, nel quale in fondo vale la pena vivere perché, a modo suo, è anche piacevole.

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