di Andrea Bottazzi*

Lo stato attuale di sviluppo degli autobus elettrici pone gli operatori di tpl verso una serie di scenari non ancora definiti e non completamente compresi. È certo che, come indicano chiaramente la direttiva 94/2014, le indicazioni di Cop21 e gli studi sulla mobilità, l’orizzonte è un sistema di trasporto pubblico basato su tecnologie a zero emissioni nelle aree urbane densamente popolate. Una transizione che avrà come suo periodo cruciale il quinquennio 2025 – 2030. Anche in ottemperanza a questa indicazione macroeconomica, per esempio, Tper ha al momento in esercizio 101 veicoli elettrici (su 1.142), di cui 95 filosnosdati (di 4 diverse forniture) da 18 metri, ha contestualmente riaperto le filovie nel lontano 1990 e ha in esercizio 6 minibus elettrici a batteria con ricarica notturna. Circolano poi 59 autobus ibridi di varie tipologie. Tornando allo scenario generale, per affrontare un approccio serio al tema dell’autobus elettrico è bene tenere in considerazione un aspetto cruciale e raramente sottolineato. Come confermato da tutte le agenzie pubbliche che si occupano di contratti di servizio di tpl (Olanda, Regno Unito, Danimarca, Francia, Belgio e via dicendo), gli attuali autobus elettrici, salvo alcune eccezioni, nulla hanno a che fare con quelli che saranno in produzione nel 2025.

Autobus elettrici, attenzione alle batterie

I motivi principali sono due. Innanzitutto le batterie, nell’arco di qualche anno, non saranno più quelle di oggi, in quanto costi e potenzialità hanno rispettivamente una riduzione ed uno sviluppo quasi quotidiano. In secondo luogo, il layout degli autobus elettrici non sarà più, come accade oggi, salvo rare eccezioni, derivato dagli autobus alimentati a gasolio. Gli autobus elettrici saranno progettati con layout specifici pensati per sfruttare appieno le caratteristiche della trazione elettrica. Per esempio, verrà garantito più spazio interno grazie all’utilizzo di motori asincroni (che richiedono minore manutenzione) sulle ruote motrici. Finora, degno di menzione è l’Aptis di Alstom, tra i pochi esempi di veicoli progettati specificamente per la trazione elettrica. Esistono poi, tra gli esempi virtuosi, tecnologie già integrate ‘autobus più linea’ quale il sistema Tosa in funzione a Ginevra, derivato da filobus Hess (21 mezzi in circolazione), o la flotta di 100 autobus elettrici Vdl recentemente entrati in funzione ad Amsterdam. La ricaduta di questa evoluzione è presto detta: tutte le flotte di autobus elettrici attualmente in servizio saranno composte nell’arco di pochi anni da sistemi ormai abbandonati, con gravi rischi di obsolescenza tecnologica precoce e di reperibilità dei ricambi e con costi importanti nel caso di manutenzioni straordinarie come la sostituzione delle batterie. Se per ridurre i rischi nel corso del progetto pilota è stato acquistato anche il servizio di full service, questi costi si tradurranno in un onere sistematico. Una ‘tassa’ da pagare per mantenere in funzione una tecnologia obsoleta che permetterà autonomie di servizio inaccettabili secondo gli standard che saranno normali nell’arco di qualche anno. Per esempio, un recente appalto dell’operatore Movia in Danimarca ha un costo di 8,175 euro/km, per il servizio di full service ed energia elettrica, per degli autobus elettrici 12 metri da 66 posti con ricarica notturna in deposito. Tuttavia, l’aspetto positivo è che, nel corso dei diversi progetti pilota finora avviati, gli operatori possono acquisire competenze nella gestione di autobus elettrici. Un’esperienza che si rivelerà importante per farsi trovare pronti al periodo 2025-2030, quando grandi flotte di ebus diventeranno la norma.

Autobus elettrici, lo studio

Nel recente lavoro della società di consulenza McKinsey intitolato ‘What’s sparking electric vehicle adoption in the truck industry?’, che prende in considerazione il rapido sviluppo delle batterie di trazione, si può osservare che la previsione del raggiungimento della parità di Tco (Total cost of ownership, n.d.r) tra autobus elettrici e diesel è prevista poco prima del 2025. Come si vede c’è un gap di costo al momento tra i sistemi ebus e i sistemi tradizionali e questo non può essere coperto se non da maggiori fondi, come è avvenuto per tutta una serie di progetti in Europa. Un esempio di manovra oculata dal punto di vista economico è quello di Transport for London, che ha deciso di retrofittare gli autobus a gasolio, circa 3.000, Euro IV ed Euro V, con installazione di filtri Scr per portare le emissioni a livelli Euro VI con costi certi e con nessun rischio tecnologico legato all’inserimento di ebus in misura cospicua. Gli ebus, nel contempo, sono stati introdotti con piccoli lotti pilota. Diciamolo in modo chiaro: tutti gli autobus elettrici attuali non hanno alcuna giustificazione economica che ne motivi l’utilizzo. Il loro Tco è ancora elevatissimo rispetto ai sistemi tradizionali. Non si possono tacere queste cose, specie in Italia, ove negli anni ’90 sono fioriti molti esempi di piccole flotte di bus elettrici per progetti pilota (anche se non erano chiamati così…). Peraltro, tenere conto dei costi ambientali delle varie tecnologie in un contratto di fornitura di tpl modifica in modo sostanziale le premesse dei contratti di affidamento del servizio. Se i valori dei costi sono con sostenibilità all’interno si impongono livelli di sostenibilità predefiniti che per essere raggiunti richiedono investimenti importanti. Inoltre i futuri autobus elettrici dovranno avere una standardizzazione dell’interfaccia tra autobus elettrici e stazioni di ricarica, oggi mancante.

La ricarica degli autobus elettrici

Passiamo quindi ad analizzare le specifiche dei sistemi di ricarica. La ricarica over night (notturna in deposito tramite connettore plugin) al momento è la più diffusa. Va tenuto presente, però, che può essere adottata solo per le flotte di piccole dimensioni. Infatti, per flotte superiori ai 100 autobus elettrici, questo sistema richiederebbe delle potenze installate maggiori di 10 megawatt e questo costituirebbe un problema tecnico ed economico molto importante (che si aggiunge alla necessità di avere 100 piazzole dedicate in deposito tutte alimentate). Servirebbe inoltre un sistema di controllo dell’erogazione di energia, altrimenti si caricherebbero prima i bus più carichi, quelli con un State of charge (Soc) migliore, e per ultimi rimarrebbero i bus con batterie più scariche che richiedono più tempo per essere caricate. La ricarica notturna può avere senso soltanto se in futuro le batterie avranno prestazioni in grado di coprire 350 – 400 chilometri nel periodo invernale con una sola ricarica. Necessario è anche che le batterie abbiano un peso minore rispetto ad oggi: al momento sono richiesti tre autobus elettrici per sostituire due autobus tradizionali (66 posti contro circa 90). Per le stazioni di ricarica rapida (opportunity charge) al capolinea, il servizio di trasporto deve permettere soste ai capolinea di almeno 7 minuti. Questo significa che possono essere utilizzate soltanto per linee marginali a bassa domanda, poiché calcolando 66 (posti/autobus) x 6 (passaggi ora) il risultatao è di 396 passeggeri/ora. Per un servizio normale con cadenze di 3 minuti si arriva ad un accodamento di tre autobus al capolinea, che probabilmente non dispone nemmeno dello spazio fisico adeguato.

Opportunity charge, lo standard?

Al momento, inoltre, non esiste una tecnologia standard per queste stazioni opportunity charge. Si sottolinea che per le filovie invece esistono di fatto due sistemi di sospensione della linea già standard dagli inizi del secolo scorso. Questa standardizzazione ha sicuramente assicurato alle filovie la longevità che dimostrano anche se le tecnologie dei veicoli sono cambiate in modo continuo (inoltre il filobus, in particolare da 18 metri, ha costi comparabili con i sistemi di autobus elettrici di pari dimensioni. I costi del filobus e dell’autobus elettrico sono comunque inferiori a quelli del tram che ha anche le rotaie o sistemi di guida da mantenere. Allo stesso modo anche le stazioni di rifornimento di Cng sono standardizzate. Quando si analizza il sistema opportunity charge, tuttavia, spesso non viene messo in dovuto rilievo un aspetto essenziale: la ricarica rapida può essere solo parziale, e richiede che l’autobus inizi il servizio mattutino uscendo dal deposito con batterie cariche al 100 per cento. Un’uscita dal deposito a batteria non completamente carica può mettere in seria difficolta la fine del turno di servizio da realizzare poiché il livello di ricarica può arrivare per perturbazioni di esercizio (come nevicate, blocco della circolazione per congestione o incidente) a livelli che non consentono la prosecuzione del servizio.

Opportunity charge è fondamentale

Si può quindi dedurre che l’opportunity charge è fondamentale per assicurare una durata di servizio accettabile, ma non elimina la necessità che anche il deposito sia dotato di stazioni di ricarica over night. Insomma, in parole spicce: le modalità di ricarica notturna in deposito e rapida al capolinea non sono, come viene spesso creduto, alternative, ma bensì complementari. Se nelle grandi metropoli si andranno ad utilizzare i sistemi di ricarica flash in linea (terza tipologia che si aggiunge alla notturna in deposito e alla opportunity charge al capolinea, e che consiste in ‘rabbocchi’ parziali delle batterie molto veloci e più frequenti, alle varie fermate), si andrà incontro a un investimento sicuramente importante, compensato dalla maggiore flessibilità del servizio, come vedremo a breve. Il rischio qui è quello di partire con la opportunity charge al capolinea, per poi magari rendersi conto che diventa insufficiente a causa dell’aumento della domanda di trasporto. A questo punto si deve per forza passare alla ricarica flash in linea e si rischia quindi, se l’autobus ha batterie che non sono progettate per tale sistema di ricarica, di perdere l’investimento. Va infatti sottolineato che il pacco batterie per il singolo autobus viene acquistato con il veicolo ed è progettato (in termini di capacità e formula chimica) per uno specifico tipo di ricarica. Quindi se viene acquistato un autobus elettrico con batterie idonee alla ricarica notturna o opportunity charge, non potrà essere utilizzato per la ricarica flash lungo la linea. Questa è la riprova che gli autobus elettrici non sono veicoli isolati, come quelli a gasolio, ma sono parte di un sistema. Alla luce delle tipologie di sistemi di alimentazione possiamo definire campi di esistenza differenti per i diversi sistemi di ricarica, a seconda della tipologia di impiego e dell’intensità di servizio.

Occhio alle autonomie

La ricarica notturna in deposito può essere adottata per cadenze abbastanza alte, maggiori di 6 minuti, poiché una linea con moltissimi autobus non può avere basse autonomie. Al momento un 12 metri a batteria con ricarica in deposito deve essere impostato su turni inferiori a 200 chilometri (specie in inverno), e quindi non ha senso inserirlo in una linea molto pesante con servizio giornaliero molto forte (cioè cadenze inferiori ai 5 minuti). Il problema con questi autobus è che l’operatore potrebbe essere portato ad utilizzarli in modo specifico soltanto sui picchi del mattino nel momento del movimento pendolare di lavoro e studio. Questo però limiterebbe enormemente la flessibilità della flotta, irrigidendo l’erogazione del servizio. Un utilizzo simile ridurrebbe l’uso degli autobus elettrici ai soli momenti di picco o provocherebbe una enormità di cambi in linea durante la giornata. La ricarica rapida al capolinea (opportunity charge) richiede cadenze sempre maggiori di 5 minuti per permettere la ricarica (come spiegato in precedenza), ma offre la possibilità di profili di missione superiori ai 300 chilometri. Il limite di questa tipologia è appunto la capacità della linea, poiché tempi di 6 minuti di ricarica implicano al massimo 10 corse all’ora e quindi anche con un autobus snodato si parla di capacità della linea di circa 1.200 passeggeri/ora.

E la capacità di trasporto?

Per soddisfare una domanda oltre gli 800 – passeggeri/ora (rispettivamente con 12 o 18 metri) si deve passare o alla ricarica flash in linea con molti punti di carica lungo la linea e ricariche estremamente veloci o alle filovie. È innegabile che le ricariche flash in linea sono più flessibili e permettono la banalizzazione degli autobus elettrici sulle diverse linee. Le flotte di autobus elettrici saranno colme di controlli digitalizzati, volti in primis a monitorare in tempo reale il livello di carica delle batterie. La gestione dell’esercizio sarà un fatto sempre più tecnico, e somiglierà alla gestione dei sistemi filoviari e tranviari. Queste sfide sono molteplici e integrate. Nel 2030, quando gli autobus elettrici saranno maturi e si potrà parlare di flotte di 100 e più mezzi, sarà assolutamente necessario un sistema di controllo in tempo reale del livello di carica per intervenire in caso di difficoltà a terminare la prestazione del turno. Le stazioni appaltanti e gli operatori tpl devono considerare con attenzione questa forte correlazione tra elettrificazione e digitalizzazione, che renderà necessarie competenze diverse per la manutenzione dei sistemi composti da autobus elettrici e stazioni di ricarica. La scelta di effettuare queste operazioni in ousourcing totale non è economica sul lungo periodo.

La sostenibilità come sviluppo

Lo sviluppo della sostenibilità è un tema che, come noto, non è soltanto economico ma principalmente valoriale e di competenze. Deve essere ben chiaro che la cultura di un operatore tpl che gestisce veicoli ad alta sostenibilità è diversa da quella di un operatore che si limita a ‘muovere mezzi’. Lo sviluppo di questi nuovi sistemi porta in primo piano il problema della gestione strategica delle competenze di gestione flotte in ottica di make or buy delle stesse. Se un operatore tpl ha un corretto, e quindi forte, orientamento all’ambiente dovrà sviluppare anche le sue competenze sui veicoli con particolare riferimento alla parte innovativa. Ma come già anticipato in precedenza, la sostenibilità si realizza sempre con sistemi (sia che si parli di autobus elettrici, di filobus o di mezzi alimentati a metano, cng o lng, o a idrogeno), non con veicoli isolati come nel caso degli autobus alimentati a gasolio. Limitarsi a sostituire l’autobus diesel con un autobus elettrico senza modifiche organizzative può procurare soltanto ritardi allo sviluppo delle flotte di autobus elettrici che sono invece una reale necessità delle aree urbane densamente popolate. L’inserimento di autobus sostenibili implica modifiche dovute alla costruzione delle stazioni di rifornimento e/o dell’officina di riparazione dei mezzi. Nell’introduzione dei sistemi di autobus alternativi ed in particolare degli autobus elettrici, la stessa complessità che vale per le scelte relative ai veicoli deve essere messa in conto anche per le scelte relative alle stazioni di ricarica. In pratica, l’operatore tpl si trova a dover scegliere il make or buy sia per quanto riguarda l’autobus elettrico sia per quanto riguarda la stazione di rifornimento, con la complicazione che si tratterà, tendenzialmente, di due fornitori diversi.

La manutenzione degli autobus elettrici

Lunghissima è la lista di attività connesse con la gestione di una flotta di autobus elettrici: servizio continuo di assistenza 24/7; servizi di supporto remoto 24/7; presenza sul posto 24/7; sviluppo delle soluzioni software per la gestione; formazione; gestione ricambi; miglioramento tecnologico di parti o di sistema; modelli di simulazione; verifica dello stato; sicurezza informatica; manutenzione; sviluppo del software di gestione del sistema. L’operatore tpl si trova di fronte alla sfida di acquisire le competenze per svolgere attività completamente diverse dalla gestione di una flotta di autobus a gasolio. Le scelte ambientali sono scelte strategiche di lungo periodo e i costi devono essere valutati su questo orizzonte temporale cosi come lo sviluppo delle competenze. La variabilizzazione dei costi con contratti di outsourcing porta in ogni caso ad incrementi dei costi, poiché si scaricano molti rischi al fornitore.

 

L’autore*

Andrea Bottazzi è il responsabile della manutenzione mezzi e della gestione dei magazzini e dei depositi di Tper spa. Laureato in Ingegneria Meccanica, Scienze Politiche e in Economia Mercati e Istituzioni, ha conseguito anche l’Executive master in direzione aziendale, il Diploma di perfezionamento in Ingegneria dei Trasporti e il Diploma di perfezionamento per Aziende di Servizi. È autore di numerose pubblicazioni relative al proprio ambito professionale, e collabora con l’Università di Bologna per seminari e lavori scientifici.

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