di Gianluca Celentano, conducente bus

Quando inizi a fare l’autista di autobus difficilmente sarai ispirato a cambiare completamente professione. Ma è ancora realistico questo stato delle cose? La verità è no! A rimanere sul volante magari in tutti i suoi rami specialistici, sono soprattutto gli anziani o coloro che svolgono la professione da vent’anni e hanno timore di fare salti nel buio.

Quando ho iniziato la professione nel tpl milanese nei primi anni novanta, qualche eccezione comunque c’era. Ricordo un ragazzo che non si trovava molto bene nella confusione del traffico; proveniva dal settore industriale della ricerca robotica. Un giorno in mensa durante il primo anno di azienda mi disse: caro Gianluca io mollo, torno a fare progetti per i bracci robotici.
Lo guardai con stupore cercando di fargli apprezzare i turni di lavoro, che ai tempi, offrivano diverse “ridotte” e tempo libero. Nessun risultato, si licenziò.  Del mio corso ce n’era un altro: anche lui tornato a fare il fotolitografo. Ma prima di continuare spieghiamo cosa significa il termine inglese job hopping, cioè il saltare da un lavoro all’altro. È una consuetudine americana che da noi significa andare oltre il concetto di lavoro fisso, magari per  ridurre lo stress o perché si ricevono  proposte migliori. A utilizzarlo erano sopratutto i quadri aziendali che si prefiggevano una precisa mission in un lasso di anni. Oggi anche autisti, operai (e non solo come vedremo), hanno permanenze medie di qualche anno, o addirittura di soli pochi mesi.

Autisti, il cliente ha sempre ragione!

È la passione a conquistare l’autista, ma anche il piacere di mettersi quotidianamente alla prova nelle mille incognite stradali, oltreché l’autonomia del lavoro. Condizioni che oggi vengono meno a causa dei salari poco incentivanti e l’eccessivo controllo del conducente, che rischia di ricevere contestazioni disciplinari. Anche il rapporto sempre più conflittuale con le persone ha il suo peso nelle decisioni di Job hopping,

Si dà più ragione a un passeggero che all’autista nel tpl, e questo genera rabbia e frustrazione. Nel noleggio è un po’ meglio (infatti molti lo scelgono), ma c’è sempre da mettere in preventivo un passeggero che, nonostante i sorrisi, è pronto a presentare un papiro di lamentele alla società. Per coerenza è opportuno ammettere che molti dei mali attuali ce li siamo cercati con comportamenti poco consoni ed educati da parte di qualcuno.

La fine degli “equilibri” è necessaria

Il problema degli ambienti non meritocratici è che questi soggetti hanno magari fatto carriera e sono stati “protetti” solo perché erano utilissimi alle società garantendo la copertura di ore e ore di straordinari fatti alla “loro maniera”. Anche per effetto di possibili complicità di qualche delegato sindacale, questo è stato il collaudato sistema che ha fatto comodo a tutti; dove chiunque era pronto a giustificare il prossimo pur di mantenere i suoi benefici. Un metodo per scaricare le responsabilità che ha spesso promosso i “lazzaroni” (termine esplicito utilizzato), allontanando dalle aziende chi alzava la testa sapendo di poter incorrere in accurate forme di  mobbing.

Ritengo che la categoria abbia pagato un conto salato per la propria immagine per colpa di comportamenti isolati finiti sotto ai riflettori. Credo inoltre che solo in Italia possa capitare – come al sottoscritto- di essere rimbalzati dalle SpA perché  più inclini e sensibili a comprendere le problematiche offrendo magari la propria collaborazione. In sostanza i soggetti che in qualche modo si distinguono dalla massa non sono ben accetti, alla faccia dell’inclusione sbandierata e dei cori (spesso ipocriti) per cercare conducenti.

Non solo nelle metropoli

Stupisce leggere che proprio a Trento, località con la migliore qualità della vita in Italia, un collega abbia preferito la logistica al volante del tpl.  Nelle grandi regioni è ormai una consuetudine. La notizia è riportata da Il Fatto Quotidiano a cura di Tommaso Di Giannantonio. L’ex conducente è Andrea Bazzanella, 50 anni, da 14 anni dipendente della Trentino Trasporti, peraltro un’ottima società. L’eccessiva maleducazione dei passeggeri e la stanchezza di dover lavorare sempre nei giorni festivi con orari impossibili sono le motivazioni principali che lo hanno spinto a questa decisione migliorativa per lui e la sua famiglia. Ha messo in preventivo di portare a casa cento euro in meno, ma di guadagnare in tranquillità e salute. Infatti “sull’extraurbano” ci sono sei domeniche consecutive di lavoro e sei di riposo, mentre “sull’urbano” i turni si sono allungati. Continua sul Fatto dicendo: Adesso lavoro dal lunedì al venerdì; oggi gli autisti si trovano tra l’incudine e il martello, costretti a subire la maleducazione della gente e alcuni colleghi hanno subito anche aggressioni”. Se a Trento la situazione è questa, lascio immaginare quale può essere nelle città di maggiori dimensioni .

Anche nei Vigili

Oltre all’industria, un bacino-rifugio per i conducenti più preparati sulle norme del traffico è la polizia locale ma, stando alla denuncia di FdI, molti vigili neo assunti dopo aver superato un concorso a Milano si sarebbero già dimessi. Allucinante! Secondo Riccardo Truppo, capogruppo Fdi  a Milano, gli agenti in servizio sono circa 2.650 compresi i 500 neo assunti. Questi però, dopo essere stati formati e inglobati nel corpo, se ne sono andati – Milano Today 18 marzo 2024.

Un giovane vigile  in servizio presso un comune marittimo italiano mi confida: pensavo che il lavoro fosse diverso; siamo in realtà degli esattori e non possiamo instaurare un rapporto empatico con chi sbaglia anche di poco. C’è troppa politica a gestire il nostro ruolo e spesso hai le mani legate. Questo è uno degli aspetti che mi dà più fastidio. Sto pensando di tornare a fare il mio vecchio lavoro, dov’ero molto apprezzato . Sono stato catturato dall’uniforme e dall’operatività, ma sono davvero deluso.

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