È il classico gatto che si morde la coda: se la crisi Atac rende necessarie somme maggiori del consueto per il risanamento, la stessa crisi costringe a una decisa flessione del prezzo di vendita degli spazi pubblicitari sui mezzi. La base d’asta era di 29 milioni per cinque anni nel 2015, ora è stata abbassata a 20,5 milioni. E il rischio che la gara vada deserta è più che concreto.

Atac, Simioni contro l’amministrazione di Roma

Sono in totale 2.607 i mezzi di superficie Atac che prestano i propri spazi agli annunci pubblicitari. Al Messaggero, il presidente, amministratore delegato e direttore generale di Atac Paolo Simioni ha spiegato che «Il contesto ambientale romano disincentiva i grandi investitori nazionali e soprattutto internazionali che preferiscono altri contesti». Insomma: la municipalizzata paga anche la crisi generale della città. Ma certamente i grandi imputati sono i guasti che affliggono il parco mezzi. Ed ecco che il nuovo bando per le pubblicità prevede, spiega il quotidiano, un sistema di royalty a favore di Atac che scatterà soltanto se il fatturato del partner supererà quota 9,4 milioni e una clausola di salvaguardia che riassume il clima di incertezza che si respira ormai da mesi negli uffici di via Prenestina. «Qualora la variazione della media giornaliera delle vetture circolanti sia superiore o inferiore al 20 per cento – si legge questa volta nel bando – si produrrà un’oscillazione del canone con ribasso o rialzo». E pensare che Atac nel 2009 fatturava 16,2 milioni in un anno per gli spot su bus, metro e paline. I prezzi del mercato sono in crollo. In settembre è scaduto il rapporto con l’attuale partner Igp Decaux. Ed ecco il nuovo bando, tremendamente al ribasso.

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