Il caro carburante delle ultime settimane, acuito dalla guerra in Ucraina, rischia di mettere in ginocchio anche il trasporto pubblico locale italiano. Sì, perché con il metano e il gasolio a prezzi alti – per non dire altissimi – il mezzi del tpl rischiano di rimanere fermi, dal momento che le aziende, già colite da due anni di pandemia, non riuscirebbero a far quadrare i conti tra entrate e uscite. E  il costo del carburante, come quello del personale, è un costo fisso assai esoso per le società. Nello specifico, in media, si aggira intorno al 10-15%.

Società come Arriva Udine, la realtà che gestisce il trasporto pubblico su gomma nella città del Friuli-Venezia Giulia. Il direttore amministrativo Attilio Collavini, intervistato dal Messaggero Veneto, ha spiegato come gli aumenti del 200 e del 70-80 per cento di metano e diesel siano insostenibili per l’impresa.

«Con la guerra in Ucraina l’effetto principale è stato l’impennata del prezzo dei combustibili, sebbene una tendenza al rialzo si fosse già manifestata a partire dagli ultimi mesi del 2021. In particolare il prezzo del gas metano con il quale sono alimentati circa 60 autobus che svolgono servizio urbano in città ha raggiunto livelli mai visti dopo lo scoppio della guerra», racconta Collavini. Che, infine, lancia un appello: «Tutte le aziende di Tpl svolgono un servizio pubblico, non possono quindi decidere autonomamente di interrompere o ridurre l’attività, come sta accadendo invece in altri settori. Anche per questo motivo è importante che vengano tempestivamente individuate e adottate specifiche misure a sostegno del settore, che tra l’altro sta ancora scontando le conseguenze della situazione pandemica».

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