Esiste ancora il lavoro ideale? La risposta a questa domanda (da un milione di euro!) è complessa, ma si potrebbe riassumere con un liberatorio “no!”. Analizzando i vari aspetti della questione, si può semplificare dicendo che la valutazione si basa principalmente su due fattori: quello della retribuzione e quello legato all’impegno richiesto. Questa riflessione si applica in modo particolare a lavori di grande responsabilità, come quello del conducente di autobus.

Un aspetto spesso discusso tra i colleghi autisti sui piazzali non è tanto l’orario in cui si deve puntare la sveglia al mattino, ma piuttosto quanto tempo si rimane impegnati e quale sia la retribuzione percepita per quel lavoro.

Vita da autista: cambiamento delle aspettative

C’è poi un altro fattore più profondo legato alla domanda iniziale: il cambio delle aspettative lavorative, soprattutto tra i più giovani. Dagli anni ‘90, forse abbagliati dal boom economico degli anni ‘80, si è assistito a una metamorfosi culturale. La società ha iniziato a premiare maggiormente le professioni intellettuali rispetto a quelle manuali, come l’autista, l’idraulico o l’operaio specializzato. Gli effetti nascosti di questa tendenza si sono manifestati pienamente nel nuovo millennio: molti laureati disoccupati e una carenza di figure specializzate per i lavori manuali.

I motivi di questo squilibrio sono evidenti: è difficile trovare un lavoro che corrisponda agli studi svolti e ottenere una retribuzione adeguata, almeno in Italia. Questo porta inevitabilmente a guardare con invidia ai Paesi esteri, spesso più virtuosi nell’offrire opportunità di lavoro e retribuzioni soddisfacenti.

Effetti economici e culturali

Gli squilibri economici dell’Italia, uniti al passaggio dalla lira all’euro, hanno aggravato la situazione, peggiorando la qualità della vita anche per le mansioni manuali dipendenti. Meglio va per chi opera come libero professionista, ma la concorrenza è elevata. In particolare, l’ingresso di operatori meno qualificati crea ulteriori difficoltà anche per le libere professioni. Questa situazione ha inevitabilmente spinto molte società di autobus a modificare le proprie politiche interne. Alcune si sono adeguate, altre hanno solo parzialmente affrontato il cambiamento, mentre altre ancora si limitano a sopravvivere osservando gli eventi. E purtroppo, queste ultime non sono poche.

La svalutazione del mestiere dell’autista

Un altro fenomeno significativo è la svalutazione del mestiere dell’autista. Questo problema è legato anche al clima di insofferenza e aggressività che caratterizza la società odierna. Non è difficile comprendere come un giovane possa chiedersi, ammesso che prenda in considerazione di conseguire le patenti necessarie per guidare un autobus: vale la pena investire per ottenere le patenti e poi essere trattato male e guadagnare poco?

A chiudere il cerchio vi è un ulteriore cambiamento culturale, legato in particolare alla Generazione Z (nati tra il 1997 e il 2012). Questa generazione è spesso caratterizzata da condizioni contraddittorie, come ansia e, talvolta, da un’eccessiva sicurezza di sé. Inoltre, le numerose regole che oggi limitano l’attività dell’autista non aiutano certo a rendere attraente questa professione. La passione naturale per la guida è stata progressivamente sostituita da una visione più pragmatica, dove l’impegno deve essere compensato da uno stipendio adeguato.

Il fenomeno del “job hopping”

Questo spiega anche il fenomeno del “job hopping“, ovvero il passaggio frequente da un lavoro all’altro. Sebbene non vi siano molti studi specifici sul tema nel settore del trasporto, è chiaro che non esiste più l’illusione del “posto fisso” o della stessa professione per tutta la vita lavorativa.

Un consiglio ai giovani aspiranti conducenti

Ai giovani che aspirano a diventare autisti, il consiglio principale è di orientarsi verso grandi aziende di trasporto. Queste realtà, grazie alla loro struttura e dimensione, offrono generalmente condizioni economiche più in linea con le riforme richieste dal mercato e dalle dinamiche di domanda e offerta; possono, in sostanza, permettersi di progettare e sperimentare nuove soluzioni. Nonostante le difficoltà, il settore del trasporto collettivo rimane un pilastro fondamentale della società moderna e servirà sempre più in futuro. Lavorarci può rappresentare un’opportunità significativa, soprattutto in contesti strutturati e virtuosi.

Un esercizio di riforma efficace potrebbe consistere nell’individuare figure poliedriche tra i conducenti, da coinvolgere in mansioni complementari all’interno della società, mantenendo comunque un legame con la guida. Questa flessibilità nelle mansioni potrebbe rappresentare un’alternativa interessante a un classico percorso di carriera che, inevitabilmente, tenderebbe ad allontanare il conducente dal suo ruolo primario. In questo modo, si valorizzerebbe l’esperienza alla guida, ma anche le qualità intellettuali delle nuove generazioni, favorendo al tempo stesso una crescita professionale più dinamica e adattabile.

di Gianluca Celentano

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